Jacopo Robusti detto il TINTORETTO – Vita e opere

 
Disegno di Michelangelo, colore di Tiziano…… ecco l’arte del Tintoretto.
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Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, nacque a Venezia nel 1518.

Egli opera quindi in un periodo in cui la Serenissima non è più la città del secolo d’oro, che aveva visto nascere l’arte di Giorgione e di Tiziano.
Già nei primi decenni del secolo XVI si notano segni della sua decadenza come potenza politica e commerciale: Venezia infatti, stava perdendo una dopo l’altra le sue colonie mediterranee, mentre le imprese militari di terraferma ne minavano il prestigio e la forza.
Tuttavia la Serenissima restava pur sempre la grande, ricca città, opulenta e sfarzosa, dove gli artisti trovavano sempre modo di dispiegare tutto il loro genio in opere degne della tradizione.
Il mondo della cultura e dell’arte però risentiva, almeno in parte di questa nuova situazione. Da un lato, con sempre maggior vivacità penetravano in Venezia le idee protestanti e democratiche che circolavano in Europa, dall’altro si facevano pure sentire gli echi della crisi generale del Rinascimento, insieme alla pressione negativa delle forze controriformiste.

Era dunque un periodo folto di contraddizioni, quello in cui Tintoretto dipinse le sue vaste tele, nelle quali si riflette in pieno l’inquietudine della sua epoca.
Sembra che sulla porta del suo studio Tintoretto avesse scritto: “Disegno di Michelangelo, colore di Tiziano”. Certo è che Michelangelo e tutto l’indirizzo figurativo romano-fiorentino furono argomento di attento studio da parte di Tintoretto e di ciò è pure diretta testimonianza tutta la sua opera in cui il dinamismo e la plasticità della figura e della composizione michelangiolesca è di prima evidenza.
La sua pittura a differenza di quella di Tiziano, viva, soddisfatta, carnale, spirante sicura potenza, è invece una pittura piena di accenti drammatici, di agitazione, di bagliori e di ombre, una pittura in cui Tintoretto ama esprimersi, anziché attraverso l’espressione intensa dei volti, attraverso i movimenti, i gesti eloquenti dei personaggi o delle masse dei personaggi.
Il complesso di opere più impressionante per vastità ed energia pittorica è senza dubbio la decorazione della SCUOLA DI SAN ROCCO a Venezia.
A questa impresa egli si dedicò in vari tempi : dal 1564 al ’66 compì le pitture della SALA DELL’ALBERGO; dal 1567 al ’81 quelle della sala grande superiore; dal 1583 al ’87 quelle della sala terrena. Tema di questa vasta serie di tele è l’Antico Testamento e la vita di Cristo.
La CROCIFISSIONE, la FUGA IN EGITTO, la STRAGE DEGLI INNOCENTI, il BATTESIMO, l’ORAZIONE SUL MONTE DEGLI ULIVI sono, insieme ad altre ancora, altissimi esempi dello stile vibrante, veemente, ampio e complesso del Tintoretto. In queste scene appaiono, oltreché le figure, anche i personaggi tintoretteschi: cieli nuvolosi intrisi di luce lunare, cieli sanguigni al tramonto, alberi rabbrividenti nella luce dell’alba, acque, monti, ogni cosa trasformata da una fantasia impetuosa e grandiosa.
I colori prendono squillo dalle zone d’ombra: spiccano così i gialli, i verdi, i rossi, applicati con pennello energico, con mano nervosa, con tocco costruttivo. Ma non è tanto lo squillo del colore quanto l’efficacia plastica che interessa Tintoretto: così nella elaborazione del suo linguaggio, egli giungerà ad affidare il risultato dell’opera principalmente alla potenza del chiaro-scuro.

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Miracolo di san Marco, 1548 circa, Gallerie dell’Accademia, Venezia.

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L’itinerario stilistico di Tintoretto possiamo pertanto fissarlo dal giovanile MIRACOLO DI SAN MARCO (1548) al PARADISO, una tela di duecento metri quadrati (nel Palazzo Ducale di Venezia), una delle ultime opere portate a termine prima della sua morte avvenuta nel 1594.
Altre opere del Tintoretto sono il MIRACOLO DELLA MANNA e L’ULTIMA CENA di San Giorgio Maggiore, l’ANNUNCIAZIONE del Museo di Berlino, l’ORAZIONE NELL’ORTO di Santo Stefano ed altre ancora, cui s’aggiunge una fitta serie di ritratti.

Tintoretto è senza dubbio uno dei più fervidi geni della pittura…
… una fantasia ardente, una prodigiosa maestria, nutrite da un drammatico senso della grandezza dell’uomo.

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Autoritratto del Tintoretto (1548 circa)

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