GUSTAVE COURBET e il Realismo francese

Del realismo Gustave Courbet non solo è l’iniziatore, ma è anche l’artista che lo ha portato ai suoi risultati più alti e straordinari.

Il critico Castagnary, fedele amico di Courbet e suo compagno di memorabili battaglie culturali, in un suo testo fondamentale, ha scritto…

“Nel 1848, nel momento in cui Pierre Dupont scriveva versi sulle miserie dei lavoratori e Gorge Sand lavorava alla “PALUDE DEL DIAVOLO”, era abbastanza comprensibile che un pittore, nato dal popolo, repubblicano di costumi e di educazione, prendesse per oggetto della sua arte i contadini e i borghesi tra i quali aveva trascorso la sua infanzia… Dipingendoli in grandezza naturale e dando ad essi il vigore e il carattere che sino allora erano stati riservati agli dei e agli eroi, Courbet portò a termine una rivoluzione artistica”.

Il giudizio corrisponde esattamente all’impresa pittorica di Courbet e del resto lo stesso Courbet aveva una precisa coscienza di che cosa rappresentasse la sua pittura e la sua azione per l’arte in quel momento storico in cui gli era toccato di vivere. Lo dirà più tardi allo scrittore comunardo Jules Valles, che gli aveva chiesto una testimonianza…

“Mi si domanda una professione di fede. Dopo trenta anni di vita rivoluzionaria, socialista, non ho dunque saputo far comprendere le mie idee? Pertanto mi sottometto a questa esigenza, non essendo il linguaggio della pittura a tutti familiare… Rinnegando l’ideale falso e convenzionale, nel 1848, innalzai la bandiera del realismo, la sola a mettere l’arte al servizio dell’uomo. E’ per questo che, logicamente, ho lottato con tutte le forme di governo autoritario e di diritto divino, volendo che l’uomo governi secondo i suoi bisogni, a suo diretto profitto e seguendo una sua propria concezione”.

Queste sono le ragioni per cui Courbet, sono ancora parole sue, “partì come una bomba” attraverso le tendenze artistiche del tempo, attraverso il neo-classicismo, il romanticismo e le varie teorie dell’arte per l’arte. Egli “lavorò piuttosto per essere un uomo che per essere un pittore”, voleva fare “una pittura soltanto umana” e condurre la sua lotta artistica convinto che il realismo fosse democrazia.

La regola fondamentale del realismo era il legame diretto con tutti gli aspetti della vita quotidiana, rifiutando la mitologia, il quadro storico, l’esotismo, la bellezza convenzionale dei canoni classici.

Gustave Courbet, nato ad Ornans il 10 giugno 1819, arrivato a Parigi nel 1840, giunse rapidamente alla elaborazione di un linguaggio forte e originale.

Le sue premesse formali si devono ricercare soprattutto tra i pittori spagnoli e olandesi: Zurbaran, Ribera, Velasquez, Goya, Rembrandt; ma anche in certi ritratti di David, del primo Ingres, e in più di una tela di Gericault e di Delacroix; quindi anche fra gli odiati neo-classici e romantici. E più di un quadro del suo primo periodo parigino lo sta a dimostrare.

Tuttavia, otto anni più tardi dal suo arrivo a Parigi, egli ha già acquistato una completa autonomia. Ciò si verifica dunque, proprio come notava Castagnary, nel 1848.

È in quest’anno infatti che Courbet dipinge il suo primo capolavoro realista: IL DOPOPRANZO A ORNANS.

 

Dopopranzo a Ornans (1848)
Musée des Beaux-Arts a Lilla
Olio su tela cm. 195 x 275

 

Si può capire benissimo come questa tela, che rappresenta tre uomini che hanno appena finito di mangiare, seduti attorno ad un tavolo in disordine, mentre un quarto in disparte sta suonando un violino, sgomentasse sia i neoclassici che i romantici: nessuna “composizione”, nessuna “idea”, nessun “significato”, ma soltanto quattro personaggi, fissati in pose volgari e casuali in un ambiente disordinato e banale. Senonché quei personaggi, dipinti in grandezza naturale, occupano la tela con una presenza ben concreta, con un peso e una dimensione che danno alla circostanza quotidiana un valore disadorno ma non meno autentico di epicità.Non è vero quindi, come dicevano gli avversari di Courbet, che in questo quadro non vi fossero né “composizione” né “significato”: vi era solo una concezione diversa. La solennità dei personaggi non avevano nulla di atteggiato, ma soltanto combaciava col valore elementare dei gesti, con un sentimento e una coscienza non astratta, non eloquente, dell’uomo e del suo essere fra le cose. Dal 1848 al 1870, Courbet ha dipinto i suoi quadri più significativi, sulla strada aperta da questo primo DOPOPRANZO A ORNANS.

Funerale di Ornans (1849)
Musée d’Orsay – Parigi
Olio su tela cm. 315 x 668

 

Le osservazioni appena fatte, risultano anche più aderenti per la vasta tela che Courbet dipinse l’anno dopo: il FUNERALE DI ORNANS; una tela di sei metri e mezzo di base per oltre tre metri d’altezza, che fu esposta, insieme con GLI SPACCAPIETRE e i CONTADINI DI FLAGEY DI RITORNO DALLA FIERA al Salon del 1850-51. L’opera ha uno svolgimento orizzontale di un’estrema semplicità ed è eseguita con una generale intonazione raccolta. E’ tutto un paese che qui è rappresentato e ogni personaggio è un ritratto, dal sindaco al parroco, dal sagrestano ai portatori del feretro, dai borghesi a i contadini, dalle donne ai bambini. Ci sono le sorelle e la madre di Courbet, c’è il cugino di Proudhon, ci sono due vecchi vestiti alla moda dei giacobini, c’è Cassard, il becchino di Ornans: una cinquantina di personaggi, una comunità intera, raccolta intorno alla fossa, in attesa che vi discenda la bara. E dietro, sul fondo, le crete di Ornans e il cielo cupo, coperto di nuvole. Una luce più viva illumina a sinistra il drappo della bara, le tuniche dei chierichetti, il piviale del prete, e sembra rimbalzare al lato opposto sulle cuffie bianche delle beghine, sul manto del cane in primo piano. E’ un quadro di una robusta coralità, di un’intensità contenuta, priva di qualsiasi forzatura espressiva. Ecco dunque chi erano gli “eroi” di Courbet: i buoni borghesi, i contadini, gli artigiani, la gente che egli incontrava nella strada o nei campi.

In maniera non diversa sono concepiti I CONTADINI DI FLAGEY DI RITORNO DALLA FIERA e GLI SPACCAPIETRE, una tra le più significative opere di Courbet, già nel museo di Dresda e andata distrutta durante la seconda guerra mondiale.

 

Contadini di Flagey di ritorno dalla fiera (1850 circa)
Musée des Beaux-Arts a Besançon
Olio su tela cm. 208,5 x 275,5

 

 

Gli spaccapietre (1849 – 1850)
Nessuna collocazione, si trovava nella Gemäldegalerie di Dresda
Sono rimaste solo foto

 

Accanto a queste opere però bisogna mettere un’altra opera capitale, esposta nel ’55 nel “Padiglione del Realismo”, allestito dallo stesso Courbet dopo che l’opera era stata rifiutata dall’Esposizione delle Belle arti. Si tratta dello STUDIO, il cui titolo esatto, nel catalogo, era il seguente: “STUDIO: Allegoria reale – Interno del mio studio: una fase di sette anni della mia vita artistica” (A Real Allegory Summarizing My Seven years of Life as an Artist) . Il soggetto dell’opera è certamente il più complesso che Courbet abbia mai dipinto. Secondo il proprio metodo, la sintesi di quegli anni della sua vita, che vanno dal 1848 al ’55, egli l’ha risolta senza “invenzioni”, senza cioè disporre i personaggi dentro a una trama che li collegasse l’un l’altro con un senso letterario o episodico. Un’allegoria senza allegoristi, dunque. Courbet ha puntato tutto e risolutamente, come sempre, sull’evidenza della rappresentazione dei singoli personaggi, sulla loro verità di presenza. Egli ha cominciato col dipingere se stesso al centro dell’opera, seduto davanti al cavalletto su cui è posata una tela di paesaggio alla quale sta lavorando: un paesaggio del suo paese natale; quindi, a destra e a sinistra, ha collocato i personaggi che avevano avuto e che avevano un’importanza particolare nella sua vicenda di uomo e di pittore. Quest’opera è una vera e propria definizione figurativa delle classi e gruppi sociali del suo tempo.

 

STUDIO: Allegoria reale…
L’atelier dell’artista (1855)
Musée d’Orsay – Parigi
Olio su tela cm. 361 x 598

 

I quindici anni che seguono al compimento dello STUDIO sono anni d’intenso lavoro creativo. Si pensi alla serie delle marine, ai paesaggi rupestri e boscosi, ai ritratti, ai nudi, alle straordinarie scene di caccia…

– LE RAGAZZE IN RIVA ALLA SENNA (1856)
– IL COMBATTIMENTO DEI CERVI (1861)
– NUDO GIACENTE (1862)
– PROUDHON E I SUOI FIGLI (1865)
– LA DONNA COL PAPPAGALLO (1866)
– LA BELLA IRLANDESE (1866)
– L’ONDA (1870)

 

Questi sono alcuni dei titoli delle sue opere più alte e sicure. E ogni volta si ripete sulla tela lo stesso prodigio di una pittura senza perifrasi, franca, piena, di un’adesione totale alla virtù oggettiva del tema. La “sensazione” che Courbet ha del mondo è senza residui, nasce da un’esperienza che non si contrappone alla realtà, ma che ne vive insieme gli stessi battiti. La realtà è per lui una garanzia, non un ostacolo da superare.

Combattimento di cervi (1861)
Musée d’Orsay – Parigi
Olio su tela cm. 355 x 507

 

Le ragazze in riva alla Senna (1856)
Musée du Petit Palais a Parigi
Olio su tea cm. 174 x 206

 

Proudhon e i suoi figli (1865 circa)
Musée du Petit Palais a Parigi
Olio su tela cm. 147 x 198

 

Donna col pappagallo (1866 circa)
Metropolitan Museum of Art – New York
Olio su tela cm. 129,5 x 195,5

 

La bella irlandese (1866 circa)
Nationalmuseum – Stoccolma
Olio su tela cm. 54 x 65

 

L’onda (1869-1870)
The National Museum of Western Art – Tokio
Olio su tela cm. 72,5 x 92,5

 

È facile capire come un artista quale Courbet non potesse non essere con la Comune allorché, nel ’70, il popolo di Parigi rovesciò il governo di Thiers.

“Eccomi – scriveva in quei giorni alla famiglia – per volontà del popolo di Parigi dentro fino al collo negli affari politici: presidente della Federazione degli Artisti, membro della Comune, delegato al Municipio o all’Istruzione pubblica… Mi alzo, faccio colazione, sto in seduta e presiedo dodici ore al giorno. Comincio ad avere la testa come una pera cotta. Eppure sono incantato, nonostante tutta questa fatica di testa per intendere degli affari ai quali non ero abituato. Parigi è un vero Paradiso: niente polizia, niente sciocchezze… Parigi va avanti da sola, come su delle rotelle…”.

MILITANTE DELLA COMUNE

Quando però la Comune fu soffocata nel sangue, Courbet fu arrestato e condannato a pagare le spese per la sistemazione della Colonna Vendone. In quelle tragiche giornate, in una lettera che riuscì a scrivere alla famiglia, racconta…

“Mi hanno derubato, rovinato, diffamato, trascinato per le vie di Parigi e di Versailles, coperto d’ingiurie e di volgarità. Sono marcito nei cellulari che fanno perdere la ragione e le forze fisiche. Ho dormito per terra accatastato con delinquenti comuni in luoghi immondi; trascinato da una prigione all’altra, negli ospedali accanto ai moribondi, nelle vetture carcerarie, in buchi ristretti dove il corpo non riesce ad entrare, con il fucile o la rivoltella alla gola per quattro mesi. Ma, ahimè, non sono solo! Siamo duecentomila fra morti e vivi. Signore, donne del popolo, fanciulli di tutte le età, ancora lattanti, senza contare i bambini abbandonati, che vagano per Parigi senza padre né madre, imprigionati a migliaia ogni giorno. Da che il mondo esiste, non si è mai vista sulla terra una cosa simile; non si è mai visto in nessun popolo, in nessuna storia, in nessun tempo, un massacro simile una simile vendetta”.

Courbet morirà in esilio, a La Tour-de-Peilz, Vaudin in Svizzera, il 31 dicembre del 1877, all’età di 58 anni. A distanza di tanti anni, la sua pittura ci appare quanto mai viva e presente, come se il tempo non fosse passato: una pittura tutta concretezza, tutta evidenza. Courbet costruisce la sua tela con un colore ricco di sostanza, applicato spesso a colpi di spatola per dare alla materia maggiore sodezza, per definire gli oggetti con più energia. Courbet è semplice, massiccio, fermo. Egli modella le immagini, dà ad esse respiro e grandezza: le dilata. La sua mano possiede un vigore elementare, ha la “potenza” quando tratta la pasta cromatica sulla tela, quando dà forma ai suoi pesanti, possenti nudi femminili, quando addensa nubi temporalesche nel cielo o solleva onde o genera alberi e rupi. In Courbet il senso della natura, è profondo e nuovo, pervaso di vitalità. La sua pittura è di una potente fisicità, è di una forza tutta terrestre. Ed è proprio in questo modo di vedere e concepire, in questo modo diretto, privo di diaframmi metafisici, che sta l’attualità di Courbet.

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Autoritratto o uomo disperato (circa 1843)
Collezione privata
Olio su tela cm 45 x 99

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L’ATELIER DEL PITTORE – Gustave Courbet

FUNERALE AD ORNANS – Gustave Courbet

LES DORMEUSES – Gustave Courbet

BONJOUR MONSIEUR COURBET – Gustave Courbet

LE BAGNANTI – Gustave Courbet

IL CERVO ALLA FONTE – Gustave Courbet

L’UOMO CON LA PIPA (Autoritratto) – Gustave Courbet

CAPRIOLI NEL BOSCO – Gustave Courbet

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