IL TEATRO DI PIER MARIA ROSSO Dl SAN SECONDO

Marionette che passione! –  Rosso di San Secondo
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Pier Maria Rosso di San Secondo (Caltanissetta, 30 novembre 1887 – Lido di Camaiore, 22 novembre 1956) è stato un drammaturgo e giornalista italiano.
L’opera teatrale di Rosso di San Secondo ha creato perplessità nei critici e saggisti che, nella valutazione delle sue commedie o dei suoi drammi, hanno preferito rimandare un giudizio conclusivo al tempo o alla prospettiva del tempo per sottrarsi alla troppo facile definizione di “sconcertante”.

I suoi drammi, in verità, affidati come sono a questa ridondante, ariosa, aperta, colorata massa d’istinto, si sottraggono difficilmente ad un giudizio netto, inequivocabile, preciso. Le sue opere invitano, invece, a riserve, a ripensamenti: ad accettazione parziale di atti e scene, proprio perché la sua sfrenata intuizione drammatica non sempre riesce a portare avanti, intatta, la sua potenza iniziale forse per questo irriducibile ed anarcoide sforzo formale che disperdeva in rivoli, sostanziosi quanto diluiti, di un’accesa e prepotente fantasia. Fantasia ripiena di colori, di passioni, di sensualità, di panteismo, di ricchezza dionisiaca di riso e appagamento, di canti, di pianti, di accensione fulminea ed incostante di sentimenti, una trasfigurazione, cioè, attraverso figurazioni simboliche e di miti che lambiscono, o sostano, su un doloroso misticismo reclamando qualcosa che giustifichi una sosta, un’esitazione a tanto cercare.
Rosso lo conosco dai romanzi e dai racconti. Uno stile senza preoccupazioni di limiti o di tecnica ma scottante nell’uso di vocaboli e di penzolamenti tra verbose allocuzioni dannunziane e figurazioni rumorose, ricercate. Una smania di unione, di interpolazione, di osmosi piena tra Nord e Sud, tra ragione e istinto, fra frigido cerebralismo e sensualità prepotente tutte queste cose sappiamo raccogliere abbondantemente tra le pagine di PONENTINO o de LA FUGA o della MORSA per farsi più dense ne LA DONNA CHE PUÒ CAPIRE CAPISCA o nell’IGNAZIO TRAPPA.
Così, come in Pirandello, al quale a molti piacque avvicinarlo, come contemporaneo, come amico, come conterraneo, sappiamo riconoscere protagonisti e tipi delle commedie nei suoi racconti, così gli eroi di Rosso sono pronti ad essere prelevati per agire sulla scena con la loro esplosiva carica drammatica.
Certo che se la letteratura, la narrativa aiutò a collocare più precisamente, in senso storico e di costume, questi protagonisti in una Sicilia tutta calura, sole e passione, il teatro servì a condensare, a riassumere tutte queste cose nella violenza scenica degli stessi personaggi.
Personaggi che, per l’autore del COSÌ È SE VI PARE… finirono per aggirarsi attorno ai loro problemi tormentandosi nella spasmodica ricerca della verità in una forma labile, mutevole e quindi dialettica nella loro necessità essenziale di darsi una risposta, una risposta che non ammetteva compromessi con la tragedia della relatività. Quelli di Rosso di San Secondo, invece, esplodono, senza ritegno e misura, né l’autore sembra preoccupato di ricondurli, docilmente, per mano alla loro originaria compostezza, li lascia fare: una maniera, anche questa, di “vederli vivere”, di attendere lo scontro incontrollato delle loro passioni per sorprendere, poi, una comprensione, un riavvicinamento: un ricomporsi lento, dolorante. Forse per questo usa personaggi precisi, nella identità drammatica, quanto anonimizzati (IL SIGNORE IN GRIGIO – LA SIGNORA DELLA VOLPE AZZURRA), in ancora più banali luoghi d’incontro (una pensione, un separé, una sala del telegrafo, un postribolo). Essi, evidentemente, gli occorrono per garantire, come in un certificato d’origine, la loro capacità di sofferenza umana e per riproporci la loro “tranche de vie”, personaggi, comunque, che sembra abbandonare a sé stessi auspicando, da parte del pubblico, stupore o indignazione sì che la platea si inserisca violentemente nella polemica, susciti reazioni o convalide a tanto soffrire. Polemica c’è sempre, in fondo, e non certamente per il tipo rivoluzionario di linguaggio adoperato (legato ad un’occasionalità storica di quando apparvero le sue prime opere) né per una tecnica eccezionale, ma proprio nel porre “limiti” al conformismo, nel ripudiare ogni compromesso con il pubblico abituale che amava veder riconciliata, ammorbidita, risolta “per benino” qualsiasi irrequieta soluzione, qualsiasi incostanza o ribellione.
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Pier Maria Rosso di San Secondo
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Questa forza di Rosso, che del resto Pirandello riconobbe pienamente, nella volontà di rivolta, di spregio ai vecchi schemi del teatro tradizionale, per calcare altre strade di ricerca e di frattura. Nel periodo di MARIONETTE… CHE PASSIONE! Troviamo il mondo dell’autore: una vaga incertezza, una crepuscolare uggia di vivere, un fatalismo pensoso. In un pomeriggio domenicale i protagonisti hanno il tempo di gridarsi in faccia passioni, risentimenti, rancori e ci documentano la loro irrevocabile desolazione. Ne LA BELLA ADDORMENTATA il sentimento di maternità sembra voglia preservarsi misticamente in una trasognata, incantata attesa della prostituta che il notaio impalmerà incinta di un figlio non suo ma di un cliente occasionale…, UNA COSA DI CARNE (dramma p pochade secondo l’animo degli spettatori) è un amaro grottesco dove si assiste alla ribellione di una donna di piacere che, sposata come amante e non come moglie, richiede al cosciente e pensoso Saverio d’essere trattata da donna e non soltanto da femmina. Ne LA ROCCIA E I MONUMENTI ritorna il tentativo di conciliazione tra forza primordiale e la forma, la disciplina sociale: non c’è, però, possibilità d’intendersi e i personaggi continueranno a recitare, nei loro ruoli, con immutevole desolazione.
La pazzia sessuale e la passionalità e l’isterismo accenderanno di bagliori drammatici le protagoniste di CANICOLA e FEBBRE. La rivolta contro la carne e il peccato (che sempre la carne suggerisce) sarà il motivo dominante ne IL DELITTO DELL’OSTE BASSA. Altra impossibilità tra istinto e intelligenza rilevo ne LA DANZA SU UN PIEDE, mentre ne L’OSPITE DESIDERATO il dramma d’atmosfera smorza il contrasto passionale.
La vita avvertita come idillio ci appare in LAZZARINA TRA I COLTELLI dove il lirismo trabocca e si dispiega agevolmente tra le mura di un Epifanio dove egli medita allevando alle sue idee Titinnula. Lazzarina, la carne, i sensi, sul finale sghignazzerà sul cadavere di Epifanio (la saggezza) concludendo lo scherzo che Rosso di San Secondo ha giocato liricamente con una mirabile, distaccata, ironia.
Gli uomini esuli in ogni terra sono quelli de L’AVVENTURA TERRESTRE.
La sensualità senile che spera nell’amore di una fanciulla pazza condurrà alla follia proprio colui che vuole rinsavire la fanciulla: tale il motivo dominante de L’ILLUSIONE DEI GIORNI E DELLE NOTTI.
LA SCALA, simbolo di una esteriorità formale e il contrasto con la vita intima e segreta delle famiglie, adombra nuovamente il dilemma tra essere ed apparenza.
TRA VESTITI CHE BALLANO cerca di rinvigorire melodrammaticamente il sentimento materno con un artifizio meccanico e, in fondo, banale.
Aggiungo molti atti unici e poi AMARA…, PER FAR L’ALBA…, LO SPIRITO DELLA MORTE…, IL RATTO DI PROSERPINA…, e quel MERCOLEDÌ LUNA PIENA (opera di recente rivalutata e riedita) dove la precarietà della bellezza e dell’amore si ripete e si identifica in un solido personaggio femminile, Eleonora.
Nello scorrere, sia pur brevemente e incompletamente, la produzione di questo autore debbo dolermi dell’isolamento, della disattenzione, improvvisa e ingiusta, che lo ha colpito da sempre. Oggi una rivalutazione più adeguata, più pertinente tenta di ridimensionare Rosso e di “incapsularlo”, addirittura in una schiera o in una scuola. Si è fatto, a proposito o no, il suo nome quale un autentico “espressionista” si è cercato, soprattutto, di distogliere il ricordo della sua opera commensurandola con quella di Pirandello. Mancò a Rosso forza e vigore per continuare il discorso pirandelliano? Date le loro comuni origini e la loro sostanziale diversità artistica forse egli avrebbe potuto approfondire un discorso più tipico, più conseguente se si fosse sporto a comprendere il suo tempo o rendersi conto di ciò che accadeva. Innamorato o, meglio, incantato dalla sua stessa immaginazione, sospinto dalla forza centripeta che sprigionava dalla sua fantasia ha finito per diminuire e dimenticare la vitalità del dramma stringendola in una visione simbolica e quindi compiaciuta. Lo stesso espediente di controllare l’azione umana come attraverso immaginifici fili marionettistici ha ridimensionato la validità umana in una logorante vivisezione, ne ha sorpreso la sua smorfia di passione o di pietà, non concedendo alcun punto di appoggio per poterci far partecipare al gioco, ma mantenendoci, sempre, forzatamente spettatori. L’esercizio, allora, diviene funambolico, diviene folgorazione d’effetto, diviene pretesto, perfetto meccanismo, parzialità.
Il rincorrere l’elemento fantastico, favolesco, simbolico rifiutando di giungere al dramma attraverso vie più intime, più sofferte (dal di dentro) non può imputarsi come fenomeno negativo, da respingere. Forse il candore, la sua ingenuità nel ripercorrere un itinerario disagiato e sofferto, nell’ambito della conoscenza, della coscienza, della morale può servire a “documento” importante e riproponibile di una poesia e di una determinata epoca.
Oggi che si soffre, ancora, d’incertezze e turbamenti, che “la transizione” (come si dice) sembra affannarsi e affannare, l’opera di Rosso di San Secondo reclama opportunamente una rivalutazione, una disamina e, perché no? … una riscoperta.

Un “documento” riproponibile di una poesia e di un’epoca.

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Pier Maria Rosso di San Secondo (Vedi qui file originale)

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