NICCOLÒ MACHIAVELLI – Vita e opere

Niccolò Machiavelli nasce a Firenze il 3 maggio del 1469, da una famiglia del “popolo grasso” (il padre era un avvocato piuttosto noto in città), dove alla cultura era data una certa importanza, anche se Niccolò non prosegue gli studi oltre il 1481, cosa normale a quei tempi per chi non si dedicasse alla carriera forense.

Anche se il padre di Niccolò, Bernardo Machiavelli, non ricopre nessuna carica pubblica, si può pensare che la famiglia sia avversa ai savonaroliani, soprattutto sulla scorta di una lettera di raccomandazione datata nel 1496 a Niccolò che si recava a Roma da Pietro Dolfin, il generale dei Camaldolesi acerrimo nemico dei piagnoni. E proprio contro un candidato del Savonarola Niccolò Machiavelli si presenta per la prima volta come candidato per una carica pubblica.

La carica, di pochissima importanza, è quella di “secondo segretario” della seconda Cancelleria di Palazzo, l’anno il 1498.; Machiavelli è battuto, ma entro la fine dello stesso anno fra’ Girolamo Savonarola è arso vivo in piazza della Signoria Machiavelli eletto cancelliere della seconda Cancelleria. Nel primo periodo della sua attività politica egli assolve ad incarichi di “osservatore”, carica inferiore a quella di ambasciatore, presso vari Stati e signori del suo tempo; lo troviamo a Forlì, presso Caterina Sforza, più volte in Francia presso Luigi XII, visita Cesare Borgia e papa Giulio II a Roma, si reca nel Tirolo per incontrare l’imperatore Massimiliano. Di tutte queste missioni Machiavelli inizia sempre dettagliatissimi rapporti a Firenze, ed è proprio da questi che nascono, sotto forma di ristesura, le prime opere letterarie del Machiavelli.

Scrive in questo periodo il “Discorso sopra le cose di Pisa” (1499), “Ragguaglio delle cose fatte dalla repubblica Fiorentina per quietare le parti di Pistoia” (1502), il famoso racconto “Del modo tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini” (1503).

Nel 1503 Machiavelli è a Roma, dove inizia quell’attività diplomatica che porterà alla costituzione di una lega contro Venezia. Infatti Firenze era ancora una volta toccata nei propri interessi vitali dal movimento unificatore dell’Italia centro-settentrionale operato dalla repubblica Serenissima. Machiavelli viene poi inviato (1504) in Francia, ma deve tornare senza avere ottenuto risultati concreti. Frattanto i fiorentini subiscono nuove sconfitte militari sotto le mura di Pisa.

La lega contro Venezia si costituisce finalmente a Cambrai, e i veneziani sono battuti ad Agnadello (1509), senza che però, con grande scontento di Machiavelli, vengano definitivamente cancellati dalla scena politica. Infatti di lì a poco i diplomatici della Serenissima ottengono un clamoroso successo: il papa Giulio II rovescia le alleanze passando al fianco di Venezia ormai militarmente non più pericolosa, per lanciare una crociata antifrancese in Italia, la Lega santa.

Firenze è a lungo pencolante fra l’una e l’altra forza, ma nel 1511 il cardinale Francesco Sederini, fratello del gonfaloniere Piero, credendo Giulio II in fin di vita, convince i fiorentini a passare dalla parte dei francesi.

Improvvisamente Giulio II guarisce, e manda contro Firenze un esercito che batte la milizia fiorentina, al suo esordio in campo, sotto Prato (1512) e ristabilisce i Medici a Firenze.

In questo momento molto delicato della vita politica cittadina Machiavelli prende posizione contro gli “ottimati”, che definendosi difensori della repubblica tentavano, dopo aver deposto Pier Sederini, di conservare essi il potere, impedendo la restaurazione medicea. Ma i Medici non fanno fatica a battere gli ottimati, ed entrati in Firenze iniziano a compilare liste di proscrizione nelle quali compare anche il nome di Machiavelli. Ma la situazione si fa per lui ben peggiore quando, accusato di aver partecipato ad una congiura antimedicea ordita da Pier Paolo Boscoli ed Agostino Capponi, viene imprigionato e torturato. Uscito dal carcere in seguito ad un condono generale raggiunge S. Andrea in Percussiva, dove possiede un piccolo podere detto “L’albergaccio”, e qui si stabilisce per restarvi quasi di continuo fino al 1519.

Per Machiavelli, abituato al mondo della politica e della diplomazia, questo esilio riusciva quanto mai sgradito; egli stesso nelle lettere al suo amico Francesco Vettori si lamenta della povera vita che conduce, consolata solo dagli studi politici e letterari cui si dedica nell’isolamento della campagna. E’ infatti di questo periodo la maggior parte della produzione sia politica che letteraria del Machiavelli: scrive i “Discorsi sulla prima deca di Tito Livio” (1513), il suo capolavoro politico “Il Principe” (1513) che presenterà a Lorenzo de’ Medici nel 1516, ed alcune opere poetiche e teatrali, delle quali le più notevoli sono il poemetto “L’asino” (1516) e le commedie “Mandragola” e “Clizia” (1519-20).

Dal 1516 si fanno più numerose le sue visite a Firenze dove frequenta il cenacolo letterario degli Orti Oricellari. Quando poi nel 1519 muore Lorenzo il Magnifico Niccolò Machiavelli viene richiamato a Firenze, richiesto di un parere sul futuro assetto della città insieme ad altre personalità della vita politica. Scrive in questa occasione il “Discorso sopra il riformare lo stato di Firenze”, che gli procura le simpatie del cardinale Giulio de’ Medici. Riceve allora nuovi incarichi diplomatici, a Lucca e a Carpi. Prodotto del suo viaggio è la “Vita di Castruccio Castracani”, che riceve i complimenti di molti potenti fiorentini e gli vale l’incarico di redigere la storia di Firenze. Nel 1525 Machiavelli presenta a Giulio de’ Medici, che nel frattempo era divenuto papa col nome di Clemente VII, le “Istorie fiorentine”.

Quando i lanzichenecchi calano in Italia, nel 1526, Niccolò Machiavelli ritorna alla frenetica attività politico-militare di un tempo: corre a Roma a preparare la difesa, partecipa ai lavori dei Cinque delle mura, a Firenze, lo troviamo poi al campo delle truppe pontificie comandate dal Guicciardini. Ma i suoi consigli non bastano a capovolgere la situazione, e quando le truppe papali sono battute e Roma è messa al sacco, anche a Firenze vengono cacciati i Medici e con essi anche Machiavelli, ritenuto a torto un loro sostenitore.

Addolorato per essere stato ancora una volta cacciato dalla città cui aveva dedicato tutte le sue forze, Niccolò Machiavelli muore circondato dagli amici degli Orti il 21 giugno 1527.

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