MANIFESTI DELLA RIVOLUZIONE RUSSA 1917/1927 – Majakovskij, Lissitzky, Rodcenko e Moor

MANIFESTI DELLA RIVOLUZIONE RUSSA

In una elegante cartella sono raccolti quaranta manifesti rivoluzionari pubblicati in Russia dal 1917 al 1927. Affiches di Majakovskij, Lissitzky, Rodcenko e Moor che fanno rivivere i tempi della prima rivoluzione socialista
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Nella storia del manifesto politico, la Russia, insieme con la Francia, la Germania e l’Ungheria, ha indubbiamente un posto in primo piano. E’ stata quindi un’ottima idea quella degli Editori Riuniti di raccogliere in una cartella una quarantina di affiches rivoluzionari pubblicati negli anni che vanno dall’Ottobre 1917 al decennio successivo. Il pregio dell’edizione risulta dal fatto che i manifesti sono stampati in facsimile e quindi del tutto identici – formato e colore – agli originali. Ma non è questo il solo pregio: vi è anche quello della scelta critica dei vari esemplari, una scelta larga e intelligente, che consente di avere sotto gli occhi un paesaggio completo di quelle che sono state le tendenze della grafica nella giovane Repubblica Socialista, nonché di conoscere sia l’orientamento del gusto e delle ricerche figurative d’allora che il criterio della direzione politico-culturale del Potere del tempo.

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TRA FOLCLORE E AVANGUARDIA

Quest’ultimo aspetto, sfogliando il repertorio della cartella, è in certo modo quello che colpisce con maggior evidenza. La varietà dei linguaggi che appare in questi manifesti è sorprendente: si va da una schietta ripresa del folclore russo ai modi avanzati delle avanguardie plastiche. Che significa ciò? Significa una cosa sola e cioè che, almeno nei dieci anni che hanno fatto seguito alla rivoluzione, la direzione culturale non agì in Russia in senso unilaterale ed esclusivo, ad unico vantaggio di quel naturalismo che diventò di programmatico rigore qualche anno più tardi, ma lasciò libero campo al rigoglioso proporsi delle più diverse ed efficaci soluzioni dei problemi figurativi.
E’ solo di questa libertà creativa, e nel fervore rivoluzionario, che ha potuto affermarsi tale ricca varietà di stili. Questi manifesti insomma ci rivelano, con un’immediatezza in altre materie impossibile, la verità di una situazione che noi non conosciamo abbastanza. Non si deve dimenticare che l’arco dei dieci anni erano entro i quali è racchiuso il “Materiale” della cartella, è quello che ha visto svolgersi l’astrattismo di Malevic, il costruttivismo di Tatlin, il surrealismo fiabesco e popolare di Chagall, gli arabeschi lirici di Kandinskij. E’ quindi naturale che anche nei manifesti dell’epoca ci sia n’eco vivissima di tutto ciò, ed altro ancora: le suggestioni del futurismo, dell’espressionismo, del cubismo. Ma anche, nei tagli delle immagini, le influenze del grande cinema di Eisenstein, di Dovgenko, di Vertov.
Così, è pure naturale che molte delle firme che leggiamo in calce ai manifesti siano quelle di molti protagonisti delle avanguardie: da Majakovskij a Lissitzky, Rodcenko, Moor.

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LE SATIRE DI MAJAKOVSKIJ

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Immagine correlata

Manifesto di Dmitrij Moor

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Dmitrij Moor (Dmitrij Stachievič Orlov) è stato probabilmente il più fecondo autore russo di manifesti. In questa cartella ve ne sono alcuni di bellissimi e tipici, come quello eseguito per sollecitare la solidarietà verso i contadini delle regioni del Volga colpite dalla carestia: su di un fondo buio uniforme, dove sono graffite due spighe di grano spezzate, si leva al centro, allungata e deformata espressivamente, la figura di un mugico con le braccia alzate. Una sola parola di commento: Aiuto! … Si tratta di un mirabile esempio di grafica, essenziale e urtante, come deve essere un vero cartellone d’agitazione.

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Manifesto di Lissitzky

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Stupendo è pure il manifesto di Lissitzky, stampato nel 1920 per l’Armata Rossa.
Anche questo è un manifesto celebre. “Con il cuneo rosso, colpisci i bianchi!”, dice la didascalia. E Lissitzky, con un semplice schema geometrico, in cui un acuto triangolo rosso, spaccandolo, penetra profondamente in un cerchio bianco, ci dà un’immagine strutturale di un effetto tagliente e lampante, dimostrando come anche il linguaggio astratto-costruttivista poteva essere adoperato con la più esplicita leggibilità.

I manifesti di Majakovskij sono invece dei veri e propri racconti satirici, che ricordano in parte il procedimento dei fumetti o delle vignette per i giornaletti infantili. Nel disegno ricordano anche certi giocattoli futuristi del nostro De Pero. Ma nel manifesto maiakovskiano ha una grande importanza la parola, il verso, la strofetta mordente. Majakovskij è stato anche un grande inventore di slogans politici e pubblicitari. Poesia visiva ante litteram, dunque; ma di precisa funzionalità: caustica, allegra, aggressiva.

IL SOFFIO ARDENTE DELL’OTTOBRE ROSSO

Accanto ai manifesti che ho ricordato ve ne sono di più modesti, che derivano dalla tradizione dei disegnatori francesi d’ispirazione socialista, come Steinlein. Ma in tutti, nonostante la diversità dei linguaggi, si può notare una tensione, una passione, che infondono alla complessità del fenomeno uno slancio unitario.
Certo, non mancano neppure in questa cartella degli esempi minuziosamente descritti e didattici: sono esempi che più tardi avranno il sopravvento sugli altri, fino a tenere saldamente il campo, a diventare soluzione unica del problema. Ma, a quest’epoca, la loro presenza non è ancora ingombrante. Probabilmente, solo dopo il 1930, si è pensato che un tale modo di impostare il manifesto fosse più pedagogico, più accessibile alle masse. È con questa ragione che si è in tal modo bloccata una situazione straordinariamente fervida, e non solo nell’ambito della cartellonistica. A guardare oggi i manifesti accolti dagli Editori Riuniti si può tranquillamente affermare che quella ragione o preoccupazione era ingiustificata. I manifesti russi di questo periodo infatti restano i più belli, i più efficaci ed anche i più chiari. Da questi fogli il soffio ardente dell’Ottobre ci lambisce ancora e ci comunica che ora, a tanta distanza di tempo, qualcosa dell’ardore di quell’epica storia.