STUDI GRAMSCIANI – Gramsci e la cultura contemporanea

Gramsci e la cultura contemporanea

 

Gli atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, tenutosi a Cagliari dal 23 al 27 aprile del 1967 in occasione de trentesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci, e che sono stati raccolti nel volume GRAMSCI E LA CULTURA CONTEMPORANEA, rappresentano un utile tentativo di dare un quadro della persona e dell’opera di Gramsci non più limitato alla sola cultura italiana contemporanea ma esteso a quella internazionale…, inoltre cercano di impostare i nuovi problemi derivanti dalla messa a fuoco di alcuni temi rimasti tutt’ora poco conosciuti, e che quindi richiedono un ulteriore approfondimento e sviluppo.

Questo Convegno rappresenta senz’altro un salto qualitativo nell’impostazione degli studi su Gramsci, soprattutto se paragonato al Primo Convegno del 1958 che, limitandosi ad un’analisi all’interno di un contesto storico culturale quasi esclusivamente nazionale, cadde in un limite di provincialismo assai simile a quello in cui era stato accusato Gramsci quando s’ iniziò il processo di approfondimento critico della sua opera.

C’è, comunque, un punto di partenza comune, unitario, che fa da solido fondamento ai due momenti di ricerca e col quale ogni studio serio su Gramsci deve fare i conti, cioè la fondamentale relazione tenuta da Palmiro Togliatti al Convegno del 1958… “Il leninismo nel pensiero e nell’azione di Antonio Gramsci”.

Togliatti, partendo dalla ricostruzione delle fonti leniniane che maggior peso avevano avuto nella formazione del pensiero di Gramsci e analizzandole alla luce dei concetti di “rivoluzione”…, “partito”…, e “funzione degli intellettuali” dimostrò come l’apparizione e lo sviluppo del leninismo sulla scena mondiale costituì il fattore decisivo di tutta l’evoluzione di Gramsci come pensatore e come uomo politico di azione.
Secondo Togliatti è soprattutto nella politica che bisogna ricercare l’unità della vita e dell’opera di Gramsci, il suo punto di partenza e il suo punto di arrivo.
E’ quindi in una concezione del mondo non idealista e astratta, ma marxista, che si verifica nella pratica e da cui l pratica è costantemente illuminata che è da ricercarsi il filo conduttore unitario dell’opera di Gramsci, cosa che per altro Gramsci stesso aveva indicato – come ha messo in luce il Garin nella sua relazione del 1958 -, in alcune sue note metodologiche del 1933, quando aveva trattato il problema dello studio di “una concezione del mondo che dal suo fondatore non è mai stata esposta sistematicamente (e la cui coerenza essenziale è da ricercarsi non in un singolo scritto, o serie di scritti, ma nell’intero sviluppo del lavoro intellettuale vario, in cui gli elementi della concezione sono impliciti)”.

La relazione presentata al Convegno di Cagliari dal Garin (“Politica e cultura in Gramsci [il problema degli intellettuali]”), tenendo ben presenti i temi centrali indicati da Togliate sviluppa e approfondisce principalmente tre questioni…, il problema della storicizzazione del pensiero di Gramsci nel contesto sia italiano che internazionale…, lo storicismo…., e le condizioni per cui lo storicismo di Gramsci si pone ancor oggi come vivo e operante.
La relazione del Garin, insieme a quella di Bobbio (“Gramsci e la concezione della società civile”) è la più ricca di problemi e implicazioni e offre vivaci spunti per nuove discussioni e ricerche.

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L’analisi di Bobbio verte principalmente sui concetti di struttura e di sovrastruttura e quindi dei rapporti tra essi intercorrenti, della relazione tra società civile e Stato.
Ma il pericolo insito nell’analisi di Bobbio, secondo il quale Gramsci privilegerebbe la sovrastruttura rispetto alla struttura e che porta a vedere in Gramsci il punto di inversione e di rottura rispetto al marxismo, piuttosto che di continuità creativa, è messo in luce e criticato da un intervento del francese Texier sulla relazione del Bobbio.
Non si può, infatti, porre l’originalità filosofica di Gramsci nella rottura e nell’abbandono di quelle che sono le tesi fondamentali del materialismo storico, ma piuttosto nello sviluppo creativo dello stesso e in particolare nello sviluppo della teoria delle sovrastrutture, senza che ciò comporti nessuna rinuncia alla fondamentale priorità della struttura.
Texier, il cui disaccordo con Bobbio è totale, sia dal punto di vista filosofico che filologico, gli rimprovera di non essere partito nella sua analisi della società civile dal concetto di “blocco storico” che è il solo che permette di cogliere l’unità della struttura con la sovrastruttura.
Infatti per Gramsci il blocco storico è formato dalle strutture e dalle sovrastrutture, cioè dall’insieme dei rapporti sociali di produzione che rilette un insieme discorde e contraddittorio di sovrastrutture.
Il blocco storico è insieme il fatto sociale, politico, culturale e ideologico…, non è solo un insieme di classi sociali ma di forze politiche.

Ponendosi anche come esigenza fondamentale quella dell’analisi dei rapporti tra i diversi livelli all’interno delle sovrastrutture, tra la forza e il consenso, tra la società civile e lo Stato, acquista immediato rilievo il concetto di egemonia che in Gramsci si pone in un rapporto di piena eguaglianza con quello di direzione, impedendo così ogni semplificazione ed impoverimento della stessa nozione della dittatura del proletariato.

Tutta l’analisi di Gramsci sul rapporto tra le classi subalterne e quelle dominati, la funzione assunta dal momento delle idee nel costruire un blocco storico, il fatto che la costruzione di una nuova concezione del mondo è momento essenziale dell’ascesa di una classe subalterna a dirigente, e poi egemone, tutto ciò dà largo spazio all’iniziativa politica e il partito politico rivoluzionario diventa decisivo nella determinazione dei processi storici.

Inoltre non potendosi assolutamente staccare lo studio su Gramsci dall’analisi dei rapporti col leninismo e dalla sua storicizzazione, oltre che dal suo inquadramento nella situazione politica dell’epoca, diventa particolarmente importante porre Gramsci in una giusta collocazione ella storia del socialismo e del movimento operaio internazionale.
E’ questo quello che cerca di fare Ernesto Ragionieri nella sua relazione che ha come argomento “Gramsci e il dibattito teorico nel movimento operaio internazionale”.
Due fattori principalmente caratterizzano il discorso di Ragionieri, uno positivo, e cioè il non staccare in Gramsci, strada peraltro che era già stata indicata da Togliatti, l’omo politico dal filosofo, il pensiero dall’azione…, l’altro negativo, e cioè l’estrema ambiguità del discorso politico dell’autore.

Per dare una giusta valutazione delle altre relazioni tenutesi nel Convegno, e che sono tutte di grande interesse, e che toccano i temi più svariati quali “Educazione e scuola in Gramsci” di Lamberto Borghi…, “Gramsci e i problemi della letteratura italiana” di Natalino Spegno…, la questione meridionale…, i problemi della scuola italiana…, la cultura sarda…., non bisogna dimenticare che, se in una personalità così ricca e aperta come quella di Gramsci, non è difficile ritrovare delle riflessioni su quasi ogni argomento, è tuttavia chiaro che tali riflessioni non possono essere staccate dai loro contesti e non possono essere considerate come contributi organici in campi specifici di ricerca.
Le osservazioni sui problemi di critica letteraria, di estetica, di pedagogia, rilevanti se connesse alla discussione politica sulla situazione storica dell’epoca, diventano estremamente vulnerabili, perdendo qualsiasi incisività, qualora vengano presentate come indagini autonome, e isolate da una concezione del mondo estremamente ricca e coerente.

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