ALTAROLO – Trittico di Modena – El Greco

ALTAROLO – Trittico di Modena – Firmato: CHEIR DOMENIKOU
Domínikos Theotokópoulos, detto El Greco (Candia, 1541 – Toledo, 1614) 
(all’interno, da sinistra: Adorazione dei pastori, 
Allegoria del Cavaliere cristiano e Battesimo di Cristo)
(all’esterno, da sinistra: Annunciazione, 
Veduta del Sinai e Adamo ed Eva dinanzi al Padreterno)

Modena, Galleria Estense
Tempera su tavola, 37 x 23,8 (i pannelli centrali) –  cm 24 x 18 (i pannelli laterali)
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Il piccolo ma squisito altarolo devozionale, firmato dall’artista (CHEIR DOMENIKOU, “mano di Domenico”), è una delle creazioni più conosciute e significative della produzione giovanile di El Greco. L’opera arrivò alla Galleria Estense nel 1805 dalla raccolta d’arte del marchese Tommaso degli Obizzi custodita nel Castello del Catajo presso Padova. Ignote sono fino ad ora le sue vicende precedenti. Il trittico rimase sconosciuto fino al 1937, quando fu letteralmente riscoperto da Rodolfo Pallucchini nei depositi della Galleria Estense.
Il dipinto passato a Modena nel 1822 dalla collezione Obizzi, originariamente conservata nel castello del Catajo presso Battaglia T. (Padova), fu pubblicato per la prima volta da R. Pallucchini (1937), come un caposaldo, circa il 1567, della produzione giovanile, ‘madonnera‘, del Greco: e la proposta venne unanimemente accolta, sino all’ingiustificabile rifiuto del Wethey (1962), il quale vorrebbe considerarla opera di un Domenico, non identificabile col Theotokópoulos e, semmai, riconoscibile nel madonnero, di maniera italiana assai incerta, che segnò un San Luca e la Vergine, conservato dal Museo Benaki di Atene.
Di recente, il Longhi (1963) e lo stesso Pallucchini (1966) hanno convincentemente ribadito la paternità grechesca di quest’opera e di un gruppo d’altre stilisticamente vicinissime, e inseparabili dalla prova qui in esame.
L’altarolo, che venne forse dipinto a Creta poco prima della partenza per Venezia, denuncia in modo clamoroso l’uso, al fine di realizzare un’impalcatura ‘occidentale’, di stampe, in gran parte puntualmente individuabili: il pannello dell’Adorazione deriva da una contaminazione di incisioni del monogrammista I. B. (che riproduce il dipinto tizianesco oggi alla Pitti), del Bonasone e del Parmigianino; quello dell’Annunciazione, dall’interpretazione di un noto testo grafico del Caraglio (pure ispirato a Tiziano); quello del Sinai (replicato in una tavoletta che fu nella Collezione Hatvany di Budapest, ora dispersa) da qualcuna delle numerose Vedute circolanti tra le comunità cristiane d’Oriente.
Di recente, V. H. Miesel (La tabla central del Triptico de Modena, in Archivo espanol de arte, 1953) ha indicato in un passo delle epistole di San Paolo (Tim. 4, 7-8) la fonte iconologica dell’Allegoria, ampliando il richiamo del Meyer (Notes on the early Greco, in The Burlington Magazine, 1939) a una xilografia anonima del 1555 (significativamente riprodotta, con la citazione dei versetti di San Paolo, dall’Andreani in un’incisione del 1590, segnalata dalla Haris Frankfort al Wethey , 1962).
Merita, infine, rammentare che la rappresentazione dell’Inferno, rappresentato come un pistrice che divora i dannati, appartiene alla tradizione bizantina, e appare, ad esempio, nei cicli dell’Athos.
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Autoritratto – El Greco (Raffigurerebbe San Luca)
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