PAOLO E FRANCESCA – V Canto dell’ Inferno – La Divina Commedia – Dante Alighieri

Morte di Paolo e Francesca (1870)
Alexandre Cabanel (1823-1889)
Musée d’Orsay, Parigi
Olio su tela cm 184 x 255

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DUE NOTE SU DANTE ALIGHIERI

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265, da famiglia di parte guelfa, di piccola nobiltà e di non florida condizione economica…, nonostante questo, ebbe educazione da gentiluomo, apprese l’esercizio delle armi e si dedicò agli studi.
A diciotto anni già componeva poesie apprezzate dai contemporanei.

I suoi primi scritti di rilievo sono rime d’amore, soprattutto per Beatrice, dipinta, alla maniera degli stilnovisti, come un angelo, mandato da Dio sulla terra per la salvezza dell’anima sua.
Morta Beatrice nel 1290, Dante raccolse le poesie, scritte per lei, nella “Vita Nova”. Si dedicò quindi, dopo un periodo di vita dissipata (la “selva oscura” della “Commedia”), agli studi filosofici e teologici, componendo anche “rime” di carattere allegorico e morale.

Nel 1301, Dante fu messo al bando, insieme ad altri esponenti dei “guelfi bianchi”. Non avrebbe più rivisto Firenze.
Nel 1315 l’esule è a Lucca…, rifiuta, sempre nello stesso anno, un’amnistia concessagli a condizioni che egli ritiene infamanti. Si reca a Verona, ospite fino al 1319 di Cangrande della Scala…, poi a Ravenna, presso Guido Novello da Polenta, ed è qui raggiunto dai suoi figli.
Dedicò gli ultimi anni della sua vita a terminare la “Commedia”, che aveva iniziato, pare, nel 1307…, a Ravenna muore nel 1321, di ritorno da un’ambasceria dove era stato invitato da Guido Novello.

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Dante e il suo poema (1465)
Affresco di Domenico di Michelino
Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze

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DUE PAROLE SULLA DIVINA COMMEDIA

Concepita da principio come un poema per esaltare Beatrice e dire “di lei quello che mai non fu detto d’alcuna” (come si legge nella Vita Nova), la “Commedia” fu però concretamente cominciata dopo l’esilio, probabilmente attorno al 1307. E il proposito iniziale si era nel frattempo allargato – di pari passo con l’ampliarsi dell’orizzonte intellettuale, politico ed artistico del poeta – fino alla vasta concezione che sta alla base dell’opera. Dante volle con essa “denunciare” la depravazione dell’età sua (causata dal contrasto tra le due “guide” che la Provvidenza ha assegnato al genere umano – Papato e Impero _ e, in particolare, dalla corruzione della Chiesa e dalla sua ansia di ricchezza e di potenza terrena) ed “ammaestrare” gli uomini sulla via da battere per salvare la società umana dall’imminente rovina.
Egli immagina quindi un viaggio nell’oltretomba, viaggio che è il simbolo della purificazione dell’uomo peccatore e dell’umanità nel suo complesso…, la “Commedia”, perciò, ha il valore di un messaggio, che il poeta rivolge alla società del suo tempo e all’umanità, affinché ritorni sul giusto cammino.
Il “punto di vista” da cui si pone Dante nell’inviare il messaggio, è quello di chi contempla e giudica i mali dell’umanità “dall’al di là”, e cioè dal punto di vista di Dio stesso.

Il “viaggio” si concretizza in una folla di personaggi, che il poeta incontra nei tre regni ultraterreni:

-Inferno, Purgatorio, Paradiso…, in un quadro dove la società umana è osservata e giudicata con occhio implacabile e nel quale trovano posto l’aspra rampogna e l’invettiva, come l’espressione degli ideali, delle speranze e della fede del poeta.

Smarritosi in una “selva oscura”, Dante ne esce finalmente, in vista di un colle, su cui però non può salire perché ostacolato da tre fiere : la lince (simbolo della lussuria), il leone (superbia) e la lupa (avarizia). Gli appare allora Virgilio, che lo guiderà nel mondo dei morti…, Virgilio rappresenta la ragione umana.

Inizia così il viaggio, nella voragine infernale che Dante immagina come un grande cono, la cui punta coincide col centro della Terra. I due poeti la percorrono tutta, incontrando man mano i peccatori suddivisi nei nove “cerchi” infernali. Quindi, dal fondo del cono, risalgono verso l’emisfero opposto a quello abitato…, lì è l’isola su cui sorge il Purgatorio, agli antipodi di Gerusalemme.

Nel Purgatorio i peccatori sono collocati nelle sette “cornici” scavate lungo la parete del monte…, in esse le anime scontano la pena assegnata, per purificarsi e poter salire al cielo.
Tanto nel Purgatorio che nell’Inferno le pene sono fissate secondo la “legge del contrappasso”, che consiste nel collocare il peccatore in condizioni “simili” oppure “opposte” a quelle del suo peccato.

In cima alla montagna del Purgatorio, è il Paradiso terrestre…, qui Virgilio scompare, e a lui si sostituisce, come guida, Beatrice. Scortato da lei Dante sale in Paradiso, e per i “nove cieli”, giunge fino all’ “Empireo”.
Durante la salita, gli si fanno incontro le schiere dei beati, che risiedono tutti nell’Empireo, ma si distribuiscono nei primi sette dei nove cieli per dare al poeta un’immagine sensibile del diverso grado di beatitudine di cui godono. Nell’ottavo cielo Dante subisce un esame, sulle tre virtù teologali…, nel nono ha una prima visione di Dio. Nell’Empireo, infine, per intercessione di Maria, ha per un istante la visione dell’Eterno, e con questa chiude il suo poema.

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DAL CANTO V DELL’INFERNO ( vv. 73 – 142 )

 

Ombre di Paolo e Francesca apparse a Dante e a Virgilio (1855)
Ary Scheffer (1795–1858)
Museo del Louvre
Olio su tela cm 171 x cm 239

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VERSIONE IN PROSA

Dante esprime a Virgilio il desiderio di parlare con due anime che, a differenza di tutte le altre, avanzano unite e si abbandonano docilmente alla bufera infernale. Virgilio gli risponde di attendere che si avvicinino e poi di pregarle in nome della passione che le conduce…, esse verranno sicuramente.
Appena il vento spinge i due amanti verso Virgilio e Dante, questi dice loro :- Anime tormentate venite a parlare con noi, se Dio non lo proibisce… – Paolo e Francesca, spinti dal desiderio di soddisfare la sua curiosità, escono dal gruppo di lussuriosi (fra cui è anche Didone, la regina di Cartagine che s’innamorò perdutamente di Enea) con la grazia e la leggerezza di colombe che, mosse dal desiderio d’amore, volano ad ali spiegate, spinte dalla loro volontà e si dirigono verso i due poeti muovendosi attraverso l’aria caliginosa dell’inferno.

Una delle due anime si rivolge, poi, a Dante dicendo :- O essere animato, cortese e benevolo, che stai visitando nel mondo delle tenebre noi peccatori che abbiamo tinto il mondo con il nostro sangue e con quello di coloro che sono morti per le lotte causate dalla nostra passione, se Dio fosse nostro amico, noi gli chiederemmo di concederti la pace, perché hai compassione della nostra sventura.
Noi ascolteremo e risponderemo alle tue domande, finché i vento soffierà con minor impeto e fragore, come fa ora. – La città in cui sono nata,- continua Francesca, – è situata sul litorale del Mar Adriatico, dove il Po sfocia e cessa il suo corso insieme ai suoi affluenti.
L’Amore che accende improvvisamente i cuori cortesi fece innamorare Paolo della mia bellezza fisica, bellezza in cui fui privata (dall’assassinio compiuto dal marito Gianciotto), con tanta violenza che l’intensità di questo sentimento mi sconvolge ancora.
L’Amore che non tollera che chi è amato non riami, mi fece innamorare della bellezza di Paolo così fortemente che, come vedi, ancora non mi abbandona.
L’Amore ci trascinò ad una stessa morte…, chi ci tolse la vita sconterà la sua pena con una condanna eterna tra i traditori e i peccatori più spregevoli.

Dopo aver sentito le parole di Francesca, Dante china gli occhi e li tiene bassi finché Virgilio gli domanda :
A che stai pensando? -. Egli risponde dicendo :- Ahimè, che grande amore, che grande passione li condusse alla colpa -. Poi rivolgendosi ai due amanti dice :- Francesca, le tue sofferenze mi commuovono fino a tal punto di farmi piangere. Ma dimmi… nei primi tempi della vostra passione, in che modo vi accorgeste di amarvi? -. Ella risponde :- Non vi è nessun dolore più grande del ricordo del tempo felice nella sventura…, e la tua guida conosce bene il valore di queste parole.
Ma se è tanto grande il tuo desiderio di conoscere l’inizio del nostro amore, parlerò e piangerò nello stesso tempo. Un giorno stavamo leggendo per divertimento la storia d’amore di Lancillotto e di Ginevra…, erano soli, senza alcun presentimento di ciò che sarebbe avvenuto.
In più punti il racconto ci fece impallidire e mosse i nostri sguardi l’uno verso l’altro…, ma soltanto un brano del libro annullò in noi ogni superstite volontà di resistere alla passione.
Quando leggemmo che la desiderata bocca di Ginevra era baciata da un così nobile amante, Paolo, che non sarà mai separato da me, tremando mi baciò sulle labbra.
Il libro e chi lo scrisse fu per noi galeotto…, quel giorno non potemmo più leggere oltre.
Mentre Francesca dice queste parole, Paolo piange così che per la pietà di quel pianto Dante viene meno, come se morisse…, e cade a terra come cade un corpo morto.


COMMENTO

Il V Canto dell’Inferno è per me tra i più famosi e certamente tra i più belli, della “Commedia”.
Vi emergono le figure suggestive e doloranti di Paolo e Francesca.
Dante ne subisce il fascino…, il suo atteggiamento verso i due amanti appare singolarmente contraddittorio e da un lato, egli rinuncia a porsi come giudice, in forza di un principio morale che informa tutto il suo viaggio ultraterreno e che vuole, netta e inesorabile, la discriminazione tra il bene ed il male…, dall’altro, vinto da un’umanissima commozione, finisce in qualche modo col partecipare alla sofferenza di Paolo e Francesca, al loro amore sopravvissuto alla morte.
Il Canto è dedicato ai lussuriosi, ai peccatori per troppo amore…, anime che vagano continuamente sferzate da una violenta bufera che, secondo la legge del contrappasso, corrisponde alla violenza della passione che le ha dannate.
Peccatori illustri sono in questo “cerchio”… Semiramide, regina degli Assiri, Didone, Cleopatra, Elena di Troia, Achille, Paride, Tristano e Isotta.
Due anime, vicine l’una all’altra, si lasciano trasportare docilmente dal vento… sono Francesca e Paolo, uniti ancora dall’amore che in vita ne segnò il destino.

Dante e Francesca parlano…, con misura e delicatezza, la donna narra del sentimento che la legò a Paolo.

Nelle sue parole è avvertibile il motivo ispiratore dello “stil novo”…, la forza trascendente e irresistibile dell’amore cui Francesca fa risalire l’origine della sua sventura.
Semplice è la storia…, una donna, Francesca, sposa di Giangiotto Malatesta, signore di Rimini, uomo rozzo e deforme…, il fratello di questi, Paolo, che s’innamora della cognata, colpito dalla sua rara bellezza e cortesia…, l’ira di Giangiotto e la tragica conclusione…, i due amanti saranno uccisi a tradimento.
Non sarà ucciso il loro amore, destinato all’eternità.
Nessun rimorso in Francesca, che rammenta la forza della sua non sopita passione.
Dante ne è turbato. Resta assorto per qualche tempo, poi chiede a Francesca di dirgli i modi e l’occasione del loro sentimento. La donna acconsente, anche se il ricordo “del tempo felice nella sventura” è causa di rinnovato dolore…, un sentimento – narra Francesca – nato leggendo, insieme con Paolo, la storia di Lancillotto e di Ginevra. Quando nel libro, questa cederà a Lancillotto lasciandosi baciare, anche Paolo bacerà, tremante, le labbra di Francesca.
Questo sentimento di pietà di Dante, illumina in un certo senso tutto l’episodio…, Francesca non è l’eroina redenta dall’ardore della passione, ma semplicemente una donna travolta dalla violenza dei sentimenti, angosciata da un continuo bisogno di giustificazione e di compassione.
Questa vicenda rientra perfettamente nella tradizione poetica del ‘200…, molti romanzi cortesi, trattati con amore, liriche dei trovatori d’oltralpe e dei loro imitatori italiani avevano già descritto con gli stessi sentimenti di Dante storie simili a questa. Dante però, ha trattato in modo nuovo questa materia, umanizzando e rendendo profondamente reali Paolo e Francesca, creando così, la prima vera coppia di amanti della letteratura italiana.

L’amore che non tollera che chi è amato non riami…

La bellezza è eternità che si mira in uno specchio…. ma tu sei l’eternità e sei lo specchio.

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DANTE ALIGHIERI (1448-1451)
Andrea del Castagno
Affresco nella Galleria degli Uffizi, Firenze

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