ANTONELLO DA MESSINA – Vita e opere

Ritratto d’uomo (forse autoritratto)
Londra, National Gallery

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L’evoluzione della pittura in Sicilia dal 1300 alla fine del 1400 avviene con moto lento, esitante, tutt’altro che rettilineo. Ciò nonostante il processo evolutivo mantiene una sua costante generale, che è quella di un’arte che tende a sciogliersi dalla concezione monastico-feudale per esprimere lo spirito dei tempi nuovi, della nuova società in formazione.

Questo processo, è evidente, avviene in Sicilia con ritardo nei confronti, ad esempio, della pittura toscana e veneta, tuttavia avviene. Gli inizi però, generalmente, non si riscontrano nelle figure centrali delle composizioni sacre, bensì nelle “storie”, dove si racconta la vita del santo, i modi del pittore si fanno più immediati e sbrigativi, più liberi dalla preoccupazione dell’iconografia obbligata, e in tal modo ne nasce una pittura spontanea, narrativa, ricca d’osservazione, di spunti presi dal vero, di felicità aneddotica, popolaresca. In essa è visibile la vivace pressione di una realtà quotidiana che aveva incominciato a stimolare e ad accendere la fantasia degli artisti.

Il caso di queste “storie” nella pittura siciliana si fa piuttosto frequente sin dalla prima metà del Quattrocento: ora sono le “storie” di San Lorenzo dovute al pannello al pennello di un pittore ignoto; ora sono quelle di San Pietro di un altro ignoto, e così via. Più avanti, appare il paesaggio.

Dove invece la pittura si fa già più matura, più piena, è nella “Santa Caterina d’Alessandria” attribuita a Pietro Ruzzolone, è nelle tele del Quartararo e in Marco di Costanzo. Nei quadri di questi artisti già si sente la preoccupazione di dipingere l’uomo nel suo carattere, nella sua forza, liberandolo alla visione teologica, dall’impassibilità ieratica.

In Sicilia però, nell’ambito delle arti figurative, è ad Antonello che spetta la gloria di avere espresso con la più viva energia il volto di quest’uomo nuovo, terrestre, ardito, avventuroso e pratico, armato di una volontà indomabile e di un amore inestinguibile per la vita.

Tuttavia non è soltanto attraverso l’esperienza della Sicilia che egli riesce a far ciò. Sappiamo che egli ebbe occasione di viaggiare, di vedere altri artisti, genti e paesi: di sentire, in altre parole, la profonda trasformazione che l’Europa stava attraversando. La sua famiglia era una famiglia marinara e l’occasione di prendere il mare, a Messina, dove era nato intorno al 1430, non era poi così tanto complicata. Comunque sappiamo da una lettera dell’umanista Summonte, redatta nel 1524, che Antonello era stato, a Napoli, discepolo del pittore Colantonio.

Nella bottega del Colantonio, pittore di temperamento, che dipingeva, come dice il Summonte, “alla moda di Fiandra”, Antonello venne a conoscenza dei modi e della maniera fiamminga. C’è stato chi ha sostenuto che tali modi e maniere fossero stati introdotti a Napoli da Renato d’Angiò, che a sua volta li avrebbe imparati da Jan van Eyck durante la prigionia in Borgogna, oggi però appare molto più probabile che gli influssi fiamminghi siano giunti a Napoli soprattutto attraverso la pittura francese. Ma sull’origine del fiamminghismo di Antonello le ipotesi sono state e sono tuttavia abbastanza fitte. Vasari parla di un suo viaggio in Fiandra dove Antonello avrebbe conosciuto Giovanni da Bruggia, cioè lo stesso van Eyck, dal quale avrebbe imparato la tecnica della pittura ad olio. C’è anche chi sostiene invece che Antonello ebbe un contatto diretto con l’arte fiamminga attraverso l’incontro, avvenuto a Milano nel 1456, con Petrus Christus, discepolo di van Eyck. Queste ipotesi però finiscono col rimanere ipotesi in quanto non hanno trovato fino ad oggi il sostegno di un documento certo.

 

Crocifissione di Sibiu
Museo nazionale Brukenthal

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Comunque, a Napoli, Antonello lavora con intensità. Una delle sue opere giovanili sicure, la “Crocifissione” di Sibiu, eseguita probabilmente intorno al 1455, ci fa conoscere un pittore già pienamente formato, padrone dei suoi mezzi espressivi e nutrito di una nuova visione delle cose. Il senso della nitidezza e della compiutezza domina il piccolo quadro, l’incanto della bellezza umana vive nei tre corpi appesi alle croci, la scioltezza dei gesti e delle espressioni anima le figure in basso. Ma ciò che soprattutto colpisce in questa tavola è i paesaggio del golfo di Messina che si allarga dietro le tre croci, un paesaggio profondo di monti e di mare sotto un cielo qua e là increspato di nuvole: e nel mare si muovono le barche, mentre un veliero è ancorabile nel porto; case, chiese e castelli sorgono sulla costa, e la gente passeggia o discute sul sagrato, e lungo le strade e i sentieri i muli scendono carichi verso il mare, e i viaggiatori passano a cavallo. E’ la vita della costa che Antonello ha dipinto ai piedi delle tre croci.

Dal 1456 al ’57 Antonello è a Messina, poi lascerà la sua città. Nel gennaio del 1460 si ha notizia del suo ritorno in Sicilia. A Messina resta per circa cinque anni. Poi dal ’65 al ’73 un’altra lacuna: forse Antonello lavora in altri centri dell’isola, come a Palermo. Comunque in questo periodo è possibile collocare l’esecuzione di alcune opere importanti: il “San Girolamo nello studio”, il “San Girolamo in penitenza”, i “Tre angeli” e il “Salvator Mundi”, la prima opera datata e firmata da Antonello.

Ci si accorge, specie in quest’ultima opera, come egli stia rifondendo sempre più la maniera fiammincheggiante con un’impostazione italiana, meglio ancora centro-italiana, dando un vigore di maggior sintesi alla visione, disperdendola meno dentro l’analisi degli oggetti. Così nascono pure i suoi potenti ritratti, e, tra i primi in ordine di tempo, quello di Cefalù: un volto duro e pungente, costruito con esemplare semplicità e con un colore solido, ricco di volume.

I ritratti di Antonello sono senza dubbio tra i capolavori della pittura di ogni tempo: teste di una forza espressiva, dipinti con una fermezza estrema. E’ l’uomo nuovo che Antonello dipinge: l’uomo dei traffici e dei commerci, il borghese attivo e deciso, che raccoglie in se il significato dell’epoca moderna che sorge.

Antonello è a Venezia nel ’75 ed è qui che porta a termine alcune delle sue opere famose. L’incontro con Venezia è uno dei più fruttuosi: il successo che vi ottiene è rapido e grande. A Venezia l’arte di Antonello acquista la più ampia libertà e i suoi risultati coopereranno a determinare l’itinerario futuro dell’arte veneta con degli elementi figurativi, di disegno e di colore, che entreranno nell’elaborazione formale del Vivarini, dello stesso Carpaccio, di Giovanni Bellini, sino al più maturo Rinascimento.

 

Pietà con tre angeli
Museo Correr

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A Venezia Antonello dipinge la “Crocifissione” di Anversa, un’opera di limpidissima fattura, che ricorda la “Crocifissione” di Sibiu nell’impostazione generale, ma che la supera per l’evidenza e la felicità dell’esecuzione e dell’ispirazione.

Così pure dipinge la “Pietà (Cristo morto sostenuto da tre angeli – 1475-1476 – olio su tavola di pioppo – cm. 145 x 85 – Museo Correr – Venezia), il “San Sebastiano” di Dresda e la “Pala di San Cassiano”.

Nei quadri religiosi di Antonello, come del resto in quelli di tutti i grandi artisti del Rinascimento, non è più espressa una concezione teologica o ascetica, bensì la vita, la passione, l’amore della natura propri dei nuovi tempi.

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San Sebastiano
Gemäldegalerie Alte Meister, Dresda

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Si guardi, ad esempio, il San Sebastiano (1476-1477 – olio su tavola trasportata su tela – cm. 171 x 85,5 – Gemaldegalerie – Dresda) . . .

Quale è lo spirito e la concezione che vivifica questo quadro? Un nudo bellissimo di giovane legato a un albero che sorge dal pavimento marmoreo di una corte in una ricca casa veneziana: nel giovane c’è calma, serenità, dolcezza; sullo sondo, tra l’elegante costruzione architettonica, è disposta una serie di personaggi per nulla drammatici, che parlano voltando le spalle al santo e sulla terrazza alcune donne che liete o languide lo riguardano. In breve, ciò che domina il quadro è l’amore per il decoro, la vita con le sue gioie e i suoi agi, per la bellezza e la giovinezza.

In questo senso l’ “Annunciata” di Palermo è senza dubbio l’opera più indicativa: questa Madonna è una semplice e bellissima ragazza siciliana, con gli occhi arguti, la bocca morbida, l’ovale del volto dolce e seducente, messo in evidenza dal drappo azzurro che lo circonda. Un dipinto di rara perspicuità, tutto vivo di questo incanto per la femminilità squisita del soggetto prescelto.

E lo stesso discorso si può ripetere per altere numerose tele a partire dall’”Annunciata” di Monaco sino alla Madonna della “Pala di San Cassiano”.

Purtroppo gran parte delle opere di Antonello sono andate perdute. Tuttavia il genio di Antonello, anche da un numero così ristretto di quadri, ci parla con una straordinaria eloquenza, con un’intensità che fanno di Antonello uno dei pittori più forti e significativi di tutto il Quattrocento.

Nel 1476 incontriamo Antonello ancora a Messina. L’ultima opera che di lui ci è rimasta è il “Ritratto” di Berlino: un ritratto in cui è visibile, dietro la testa d’uomo, un angolo di paesaggio. Una novità in Antonello.
A Messina gli sono commissionate molte opere, ma la sua salute malferma lo costringe ad abbandonare il lavoro.

Il 14 febbraio del 1479 fa testamento. Pochi giorni dopo muore, non ancora cinquantenne.

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Madonna con Bambino (Madonna Benson) 1477 circa
National Gallery of Art – Washington 
Tempera e olio su tavola – cm. 58,9 x 43,7 – 

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LA VERGINE ANNUNCIATA (1475 circa)
Galleria Nazionale della Sicilia – Palermo
Tavola cm. 45 x 34,5

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Cristo alla colonna – 1475-1479
Musée du Louvre – Parigi
Olio su tavola – cm. 29,8 x 21
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SALVATOR MUNDI – Antonello da Messina

LA VERGINE ANNUNCIATA – Antonello da Messina