LA VERGINE ANNUNCIATA – Antonello da Messina

LA VERGINE ANNUNCIATA (1475 circa)
Antonello da Messina
Galleria Nazionale della Sicilia – Palermo
Tavola cm. 45 x 34,5

.

La rappresentazione della VERGINE ANNUNCIATA, con il taglio a mezzo busto secondo gli schemi della ritrattistica fiamminga, è un soggetto assai ricorrente nell’attività di Antonello da Messina; ne esistono tuttora due versioni originali: quella di Monaco, ove la Madonna è raffigurata con le mani incrociate sul petto, e questa palermitana.
La critica non è concorde nel riconoscere quale di queste due versioni autografe sia da identificare con la tavola vista a Venezia nel 1660 dal Boschini in casa del barone de Tassis.

Si suppone che la tavola palermitana possa essere ritornata da Venezia in Sicilia attraverso un’unione matrimoniale, peraltro ancora da verificare.
Sembra essere comunque l’opera di Monaco ad aver attraversato l’Italia intorno al 1475, forse portata dallo stesso Antonello durante il suo viaggio verso Venezia, come testimoniano alcuni dipinti direttamente influenzati da questo modello e che furono eseguiti in ambiente toscano intorno al 1480.
La lezione toscana affiora più evidente nella tavola di Palermo, dove la figura della Vergine è costruita secondo uno schema geometrico preciso.
La solida e armoniosa testa della Madonna è sostenuta dal manto a piramide, addolcito dalla vivacità del colore che riecheggia la pittura fiamminga.
La sensibilità di Antonello da Messina concentra qui ogni sua risorsa, fino a superare il visibile.
Egli sceglie una soluzione nuova e ardita, mantenendo invisibile allo spettatore la presenza che viene a interrompere la lettura della Vergine.
Il gesto della mano sottintende la sorpresa provocata dall’apparizione dell’angelo e la serena accettazione dell’annuncio.
“La più bella mano che io conosca nell’arte”… affermò il critico Roberto Longhi riferendosi a questo particolare,
Intorno al 1885 la tavola risultava di proprietà della famiglia Colluzio; successivamente passò nella collezione di monsignor Di Giovanni a Palermo.
Nel 1889 (ancora di proprietà della famiglia Colluzio), risultava attribuita a Dürer.
Fu lo storico palermitano Di Marzio a metterla in rapporto con il nome di Antonello: ma la presenza di un’analoga versione nelle gallerie veneziane, per giunta firmata, lo spinse a ritenere questa siciliana una copia.
Nel 1904 Brunelli la identifica come opera di Antonello da Messina e la data al 1474.
I restauri effettuati successivamente hanno tolto ogni dubbio sull’autenticità.
La datazione rimane, invece, piuttosto controversa, e oscilla tra il 1474 e il 1476.
.
.

L’INFLUENZA DI PIERO DELLA FRANCESCA

E’ durante la permanenza nella bottega di Colantonio, a Napoli, che Antonello assimila il gusto per i colori vivi, tipico dei pittori fiamminghi, catalani e provenzali, ma è l’arte di Piero della Francesca a marcare più profondamente la sua produzione artistica.
La presenza insistente dei personaggi, il rigore delle pose costrette in un’immobilità silenziosa… molti sono gli echi dell’arte di Piero della Francesca nelle opere di Antonello da Messina.
Ma, mentre Piero scava nella figura fino a evidenziarne la geometria in contorni scabri, austeri quasi, le forme di Antonello restano immerse in un’atmosfera più dolce, che evoca la pittura di Giovanni Bellini, con cui ebbe contatti durante il suo soggiorno veneziano tra il 1474 e il 1478.
.
Ritratto d’uomo (forse autoritratto di Antonello da Messina)
Londra, National Gallery
.