DEISTI E MORALISTI INGLESI – LA SCUOLA SCOZZESE

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DEISTI E MORALISTI INGLESI – LA SCUOLA SCOZZESE

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Abbiamo visto più volte, nella storia del pensiero europeo, la filosofia discutere, fondare, chiarire dottrine interessanti in sommo grado la fede religiosa.
Il Rinascimento, la rivoluzione protestante, l’empirismo, il razionalismo filosofico e scientifico del Seicento produssero, come si sa, profondi rivolgimenti nel campo delle credenze religiose e diedero origine, prima in Inghilterra e poi in Francia e altrove, all’accentuazione della tendenza, già affermatasi nel Cinquecento, al libero pensiero e alla professione d’una religione naturale o razionale. Questa tendenza, quando ebbe ricevuto la sua sistemazione, prese il nome di deismo e, se fiorì soprattutto nel Settecento, stampò profondamente la sua impronta anche nello spirito dell’Ottocento, così da costituire, in molte persone colte, il fondo della povera vita religiosa contemporanea.

Espressione dei tempi, il deismo costituisce una riduzione delle credenze religiose a quelle che si ritengono essenziali, quali l‘esistenza di Dio, la spiritualità e l’immortalità dell’anima e la sanzione morale della vita. Ma questa stessa riduzione ha prodotto in molti una specie di “galvanizzazione” della vita spirituale, un soddisfacente facile “credo”, un comodo servizio sussidiario. Evidentemente è questa una degenerazione della concezione deistica e delle intenzioni che la reggono, ma essa ne porta in seno le cause, che sono un empirismo di bassa lega, una marcata estrattezza intellettualistica e, quindi, una manchevole concretezza storica.
Varie erano le forme del deismo nel Settecento, ma tutte concordavano nel negare la rivelazione e il principio di autorità in materia religiosa. Veniva resa di nessun valore tutta la dogmatica cristiana. Si salvava, come ho già detto, il riconoscimento dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima. Tutta la grandiosa elaborazione teologica e metafisica del neo-platonismo, della patristica e della scolastica veniva ritenuta infondata e vana. Poi ecco le estreme conseguenze: la stessa tesi dell’immortalità dell’anima si immiserì e indebolì fino a svanire, e la stessa concezione del Dio personale si risolse, a poco a poco, nelle concezioni antiche di “causa prima” della realtà, di “essere supremo”, di “forza infinita”, anzi di forza infinita inerente alla materia e produttrice dei fenomeni della natura.
Così ci spieghiamo come la teoria religiosa anche del migliore deismo si chiamasse religione naturale irrazionale, ma ci spieghiamo ancor meglio la qualifica di “liberi pensatori”, che diedero a se stessi i primi deisti inglesi e che certo non hanno demeritata i deisti francesi, quali il Voltaire e il Rousseau.
I deisti inglesi più noti furono tutti del Settecento:
John Toland 
John Toland (Inishowen, 30 novembre 1670 – Londra, 11 marzo 1722) è stato un filosofo e scrittore irlandese. Sostenitore prima del deismo e poi di una forma di panteismo materialistico, fu avversato e combattuto da Leibniz e da Clarke.
Anthony Collins
Anthony Collins (Heston, 21 giugno 1676 – Londra, 13 dicembre 1729) è stato un filosofo inglese. Ha segnato il pensiero europeo per le sue considerazioni radicali contro fanatismi e conformismi, ed è stato vivace promotore del deismo. È anche conosciuto come bibliofilo, avendo raccolto una delle biblioteche private più fornite del suo tempo.
Samuel Clarke
Samuel Clarke (Norwich, 11 ottobre 1675 – Londra, 17 maggio 1729) è stato un filosofo inglese. Figlio di sir Edward Clarke, studiò presso la libera scuola di Norwich e al Caius College di Cambridge. La filosofia cartesiana era il sistema di pensiero dominante all’epoca; tuttavia Clarke accettò il sistema newtoniano e contribuì alla sua diffusione pubblicando una versione latina del Traité de physique di Jacques Rohault (1620 – 1675), arricchito da un notevole apparato di note, che portò a termine prima di avere compiuto il ventiduesimo anno di età.
Anthony Ashley-Cooper (Shaftesbury)
Anthony Ashley-Cooper, primo conte di Shaftesbury (22 luglio 1621 – 21 gennaio 1683), è stato un politico, filosofo e scrittore inglese. È conosciuto per essere stato il maggior protettore di John Locke.
Accanto al deismo, e in parte collegata con esso, si svolse in Inghilterra una corrente di moralisti, detti del sentimento o altrimenti del “senso morale” innato. L’iniziatore ne fu il Shaftesbury  ora ricordato, che rivendicò i diritti del sentimento immediato, contrapponendolo alla ragione.
Francis Hutcheson
Lo seguì Francis Hutcheson (Drumalig, 8 agosto 1694 – Glasgow, 8 agosto 1746)  che dava alla ragione un ufficio subordinato nel processo dell’azione morale.
Adam Smith 
Il più notevole rappresentante di questa corrente fu lo scozzese Adam Smith (Kirkcaldy, 5 giugno 1723 – Edimburgo, 17 luglio 1790)  che, sviluppando un concetto analogo del suo connazionale Hume, pose il principio della moralità nella “simpatia”. Per lui, agir bene consiste nell’ubbidire a sentimenti che ottengono la simpatia altrui; agir male è ubbidire a sentimenti coi quali gli altri non possono simpatizzare.
La simpatia universale è il fine della vita umana.
Questa sua dottrina morale è contenuta nel libro Teoria dei sentimenti morali.
Maggior fama conseguì Adam Smith con lo scritto Ricerche sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, col quale contribuì, più d’ogni altro, a fondare l’economia politica come scienza.
L’accenno all’economia politica ci fa ricordare un altro moralista del Settecento, Bernard de Mandeville (Rotterdam, 15 novembre 1670 – Londra, Hackney, 21 gennaio 1733) è stato un medico e filosofo olandese, che, benchè nato in Olanda, visse quasi sempre e scrisse a Londra e nella famosa Favola delle api sostenne con tutta imperturbabilità che i vizi dei singoli sono necessari alla prosperità economica della nazione.
Ai problemi generali della filosofia e specialmente a quello del conoscere, campo di battaglia dei grandi empiristi e razionalisti, ci riporta la scuola scozzese del “senso comune”, così detta per il ricorso che essa vi fa per evitare il fenomenismo e io scetticismo in cui era finito, con lo David Hume, l’indirizzo lockiano.
Era, nel campo conoscitivo, lo stesso atteggiamento assunto dai moralisti del “senso morale” nel campo pratico. Si voleva garantirsi della fondatezza oggettiva delle nostre percezioni, facendo appello alla testimonianza del buon senso “comune”.
Era una filosofia alquanto terra terra, adatta del resto al comune delle persone colte, come era adatta l’altra filosofia della stessa consistenza, diffusasi contemporaneamente in Francia e in buona parte d’Italia, cioè il sensismo, che era l’empirismo alla portata di tutti.
Per fortuna, accanto ai nomi dei filosofi di queste scuole, possiamo mettere quelli di un Vico e di un Kant.
Thomas Reid 
Il fondatore della scuola scozzese del senso comune fu Thomas Reid. Nacque a Strachan, in Scozia il 26 aprile 1710; insegnò a Glascow, scrisse le Ricerche sull’intelletto umano e i Saggi sulle potenze attive dell’uomo. Si spense  a Londra il 2 aprile 1820.
Thomas Brown 
Dugald Stewart 
La sua scuola di Thomas Reid fu continuata da Dugald Stewart (Edimburgo, 22 novembre 1753 – Edimburgo, 11 giugno 1828) che è stato un filosofo britannico, rappresentante della Scuola scozzese di filosofia e da Thomas Brown (Kirkmabreck, 9 gennaio 1778 – Londra, 2 aprile 1820) un filosofo e medico scozzese.
Generalmente si fa appartenere alla scuola di Thomas Reid anche lo scozzese William Hamilton, ma le sue vedute personali in realtà ne lo distaccano. Lo vedremo, quando parlerò dei filosofi inglesi dell’Ottocento.
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