Abituati come siamo a portare al polso o in tasca un orologio di ottima precisione, a incontrare un grande orologio altrettanto ben regolato a ogni angolo della strada, a far riferimento a segnali orari trasmessi per radio e per TV cinque o sei volte al giorno e, in caso di necessità, a richieder I’ora esatta per telefono, ci riesce persino difficile immaginare la vita in un mondo privo di orologi.
Nel 1309 fu installato a Milano un orologio da torre, che rimase in funzione per oltre due secoli; nel 1348 fu installato sul castello di Dover, in Inghilterra, un orologio con tanto di bilanciere e scappamento a bacchetta, conservato ancora oggi in un museo.
L’orologio del castello di Dover |
L’orologio consiste di un robusto telaio in ferro, che porta due grossi tamburi girevoli ed una serie di ruote dentate, sempre metalliche, con rapporti di riduzione da uno a dieci ed anche più (qualunque meccanico, anche munito di macchine moderne, sa quanto delicata sia la costruzione di ingranaggi, specialmente se tra ruota e pignone c’è una grande differenza di dimensioni). Lo scappamento dell’orologio, con tanto di ruota a corona con denti di profilo speciale, bilanciere e relativi meccanismi ausiliari, appare ancor più complesso e di difficile costruzione e controllo.
Per realizzare un simile meccanismo, era evidentemente necessario un assortimento di attrezzi ed arnesi perfezionati e specializzati: e in effetti, l’indagine storica ha messo in evidenza come nel tardo Medioevo tutta una serie di dispositivi, macchine, attrezzi, arnesi e metodi di lavorazione nuovi ed efficienti fossero ormai diffusi, ad opera di una tradizione trasmessa per via commerciale, o direttamente da una bottega artigiana all’altra, e dal mastro artigiano ai suoi apprendisti.
Orologio ad acqua di fabbricazione inglese |
L’inventore, o gli inventori, del bullone, della vite e della chiave inglese, impiegati già allora come lo sono oggi, rimarranno per sempre ignoti, ma la loro invenzione era già diffusa e largamente impiegata attorno al 1300, mentre attorno al 1350 cominciarono ad impiegarsi macchine per la trafila dei metalli, primo, tra tutti il rame, ed intorno al 1400 i primi rudimentali laminatoi, per ottenerne lastre metalliche; in primo luogo, anche qui, in rame.
Eppure, nel Medioevo, coloro che sapevano leggere e scrivere erano una stretta minoranza, ed i libri, scritti a mano, assai rari; particolarmente nel mondo del lavoro, nelle città e nelle campagne, poco si leggeva, ed ancor meno si.scriveva.
Gli scrivani di professione provvedevano a scrivere lettere, contratti, comunicazioni, suppliche, testimonianze; a render di pubblica ragione ordinanze, editti, notizie, provvedevano i banditori, tanto che spesso si parlava di una “grida” intendendo un’ordinanza o un editto.
Hartman Schedel, Liber Chronicarum (stampato a Norimberga nel 1493) |
Con I’introduzione della carta, il primo di questi ostacoli venne a cadere, in quanto il costo di questo materiale era ben più ridotto del costo delle pergamene. Ma il costo dei libri permaneva elevatissimo, continuando a costituire una barriera ferrea alla diffusione del sapere, ed in primo luogo dell’alfabetismo.
Questo secondo ostacolo cadde anch’esso, nel tardo Medioevo, con l’invenzione della stampa, i cui effetti si fecero sentire progressivamente in tutti i paesi, in tutti i campi, in tutti i settori. Gli effetti non furono naturalmente immediati, e la pratica della stampa impiegò un secolo a diffondersi in maniera capillare, ma il grande ostacolo era caduto, ed il progresso in quel senso aveva ormai la via aperta.
In un primo tempo, interi masselli di legno furono incisi, in modo da lasciate in rilievo il profilo dei caratteri: ogni massello permetteva di stampate una pagina. Vennero poi introdotti dei masselli che portavano un monogramma o una lettera maiuscola, ai quali si affiancarono presto completi assortimenti di caratteri singoli, che venivano riuniti in un telaio a formare una pagina da stampare; a stampa finita, la pagina veniva ‘scomposta’, ed i caratteri riutilizzati per un’altra, cosa evidentemente impossibile con la tecnica del massello unico per una sola pagina.
Il terzo gradino, fu l’introduzione dei caratteri metallici fusi. Questi si presentavano e venivano impiegati come quelli di legno, ossia ogni massello, evidentemente di piccole dimensioni, portava un solo carattere, una sola lettera: con un assortimento di caratteri si componeva la pagina da stampare. Il progresso consisteva nel passaggio dal carattere di legno a quello di metallo, e nel modo di ottenerlo: mentre il carattere di legno veniva ricavato con un processo abbastanza costoso di ‘scultura’ del massello, il carattere di metallo si otteneva gettando una lega metallica fusa entro una ‘matrice’, anch’essa metallica; incisa. Il costo di una matrice era certo superiore al costo di un carattere di legno, ma da una mantice si potevano ottenere centinaia di caratteri metallici, i quali, per di più, duravano molto di più di quelli in legno.
Più certe sono le notizie sulla stampa a caratteri mobili: nel secolo XI in legno ed in terracotta, e dal 1390 circa, in poi, in metallo (Corea).
In Europa lo sviluppo della stampa avvenne più tardi, ed impiegò procedimenti diversi, sotto certi aspetti, da quelli cinesi, per cui rimane l’interrogativo se l’invenzione sia stata importata in Europa dall’Oriente attraverso il ‘ponte’ costituito dal mondo arabo, pur subendo evoluzioni e innovazioni, oppure sia stata fatta indipendentemente in Europa.
Il passaggio dai caratteri mobili in legno a quelli metallici avvenne tra il 1100 ed il 1400, in diversi paesi, mentre tra il 1436 ed il 1450 tutta la tecnica della stampa subì decisivi perfezionamenti a Magonza ad opera di Giovanni Gutenberg.