POLITTICO DELLA MISERICORDIA – Piero della Francesca

POLITTICO DELLA MISERICORDIA (1445-1460 circa)
Piero della Francesca (1415-1492)
(Madonna della Misericordia con San Sebastiano e San Giovanni Battista, Sant’Andrea e San Bernardino da Siena
Nel registro superiore: Annunciazione con San Benedetto da Norcia e San Francesco d’Assisi.
Nella cimasa: Crocifissione
Nella predella: Scene della Passione di Cristo e insegne del committente
Nei pilastrini: Santi
Locazione: Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Arezzo)
Olio e tempera su tavole cm 273 x 323

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I documenti superstiti concernenti la vita di Piero della Francesca consentono di ricostruire solo parzialmente le tappe fondamentali della sua esistenza. Borgo Sansepolcro, il paesino dell’alta Val Tiberina  (una valle che nasce in Romagna e si dispiega tra Toscana ed Umbria, parallela al Casentino) dove maestro nasce il tra il 1415 e il 1420, custodisce tuttora il maggior numero di testimonianze, documentarie e pittoriche, che lo riguardano.

Sui ignorano anche gli inizi della sua educazione artistica, impossibile tuttavia da immaginare nell’angusto luogo di origine e geograficamente escluso rispetto ai grandi poli di sviluppo dell’arte rinascimentale.
Nel 1439 il pittore, non più giovanissimo, si trova a Firenze: in quell’anno “Pietro di Benedetto dal Borgo di San Sepolcro” compare infatti nei registri contabili dell’ospedale di Santa Maria Nuova in qualità di esattore di una certa somma di denaro per conto di Domenico Veneziano in relazione all’esecuzione degli affreschi in Sant’Egidio. Se purtroppo dell’importante ciclo pittorico, raffigurante le Storie della Vergine,  non sono sopravvissuti che scarsi frammenti, il documento costituisce un’attestazione illuminante circa la formazione dell’artista di Borgo.
Se sconosciuta è la durata del soggiorno fiorentino e della collaborazione con Domenico Veneziano, nel 1442 il pittore è nuovamente a Borgo Sansepolcro, candidato alle elezioni per la carica di consigliere popolare.
Proprio la locale confraternita della Misericordia, in data 11 giugno 1445, gli commissiona un grandioso polittico per l’altare maggiore della sua chiesa: sottoscrivendo il contratto di allogagione, Piero si impegna ad attenersi a specifici dettami di tipo iconografico, ad utilizzare oro fino e pigmenti di ottima qualità, a non avvalersi della collaborazione di terzi ed infine a consegnare l’intero complesso entro tre anni.
In realtà molte clausole non verranno rispettate: all’imponente opera, costituita da ventitré scomparti, egli si applicherà infatti saltuariamente nel corso dei quindici anni successivi, compatibilmente con la molteplicità dei nuovi impegni di lavoro, ricorrendo inoltre all’intervento di aiuti per l’esecuzione della predella e delle tavolette laterali con figure di santi.

Portato a termine verso il 1460, il polittico, nelle sue parti autografe, è dunque preziosa testimonianza dell’evoluzione della sua arte dagli anni dell’apprendistato fiorentino fino al soggiorno romano del 1458-1459.

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CROCIFISSIONE – POLITTICO DELLA MISERICORDIA
Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Arezzo)
Olio e tempera su tavola
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Tra le prime tavole ad essere consegnate alla confraternita, in un arco di tempo che oscilla tra il 1445 e il 1448, compaiono, secondo il concorde giudizio della critica, la Crocifissione della cimasa e due santi dello scomparto di sinistra.

Nella pala posta a coronamento del polittico chiara è la matrice fiorentina, più specificatamente masaccesca, dell’iconografia e dello stile: San Giovanni e la Vergine, straziati dal dolore, si abbandonano ad una drammaticità esasperata, estranea alla più sincera poetica pierfrancescana; il corpo di Cristo, i lineamenti dei volti ed i panneggi delle figure sono rilevati con un gusto plastico, non immune da influenze donatelliane e, con un’incisività lineare che si stempereranno gradualmente nella successiva produzione del maestro.

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SAN SEBASTIANO e SAN GIOVANNI BATTISTA 
POLITTICO DELLA MISERICORDIA
Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Arezzo)
Olio e tempera su tavola

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Analoghe suggestioni dell’autore della cappella Brancacci (situata all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze) si riscontrano nel giovane corpo di San Sebastiano, classicamente tornito e vigorosamente modellato nelle masse muscolari dai contrasti chiaroscurali generati dalla fonte di luce verso cui il santo volge lo splendido viso. I tratti somatici nettamente definiti – le labbra carnose, il naso robusto, gli occhi scuri – lo rendono fratello del devoto inginocchiato sotto il manto della Vergine, in cui la tradizione suole riconoscere l’autoritratto dell’artista.

Il San Giovanni Battista emergente dall’oro del fondo con la medesima veemenza di Sebastiano, presenta un viso profondamente scavato dall’incidenza delle ombre e una mano che, per l’aspro accartocciarsi delle sue pieghe, riconduce ancora a modelli di ambito fiorentino.
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SANT’ANDREA e SAN BERNARDINO DA SIENA 
POLITTICO DELLA MISERICORDIA
Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Arezzo)
Olio e tempera su tavola

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L’energico plasticismo che conforma le immagini di San Sebastiano e del Battista si placa in una resa più morbida del modellato e in un fluire più articolato del panneggio nei santi Andrea e Bernardino da Siena, assegnabili cronologicamente agli inizi degli anni Cinquanta.

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MADONNA DELLA MISERICORDIA 
POLITTICO DELLA MISERICORDIA
Pinacoteca Comunale di Sansepolcro (Arezzo)
Olio e tempera su tavola
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Ultima in ordine di tempo ad essere consegnata ai committenti – che nel frattempo avevano sollecitato, anche tramite legali, la conclusione dei lavori – è la tavola centrale rappresentante la Madonna della Misericordia.
Stilisticamente databile attorno al 1460, il dipinto, nonostante le vincolanti clausole contrattuali che prescrivevano, in accordo con la tradizione iconografica trecentesca, l’uso del fondo moro e la sproporzione scalare tra le figure dei fedeli e l’immagine sacra, è già compiuta espressione dell’arte del maestro.
La solenne figura della Vergine, frontale nell’impostazione e speculare nella posizione, assume la maestosità e la volumetria di una struttura architettonica. Mentre la veste è modulata da pieghe che cadono secondo fluenze ritmiche analoghe a scanalature colonnari, l’ampio mantello si incurva a mo’ di nicchia per accogliere le figure dei devoti prospetticamente scalati in uno spazio che è definito dallo stesso manto.
Piero riesce qui a vincere l’impenetrabilità della parete dorata che acquista, di contro, una propria fisicità per effetto della luce che genera i volumi delle figure, esaltandone le forme e conferendo agli incarnati, alle capigliature, alle stoffe degli abiti qualità cromatiche riecheggianti le minuziose raffinatezze materiche delle opere fiamminghe.
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