SAN SIGISMONDO E SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA – Piero della Francesca

SAN SIGISMONDO E SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA (1451)
Piero della Francesca (1416/1417–1492)
Rimini, Tempio Malatestiano, cappella delle Reliquie
Affresco staccato cm 257 x 345

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L’affresco, firmato e datato 1451, costituisce uno dei rarissimi punti fermi nella complessa cronologia dell’opera pierfrancescana. Al centro della severa struttura architettonica, il porre in relazione con I’arte di Leon Battista Alberti, spicca l’effigie del committente, inginocchiato dinanzi al suo santo patrono, il quale, presentando le medesime sembianze dell’imperatore Sigismondo, vuole essere specifico riferimento al legame di amicizia del Malatesta con la casa di Lussemburgo. Cariche di significati sono le immagini dei due splendidi veltri contrastanti per disposizione e colore e simbolo di totale fedeltà, di giorno e di notte – e della rocca malatestiana rappresentata nel tondo sulla destra, esplicita allusione alla forza militare di Sigismondo e alla legittimità del suo potere.

Per creare quest’immagine (Sigismondo Pandolfo Malatesta di fronte a San Sigismondo, Rimini, Tempio Malatestiano) Piero ha ridefinito l’arte religiosa tradizionale. In precedenza le allusioni al donatore erano state limitate al soggetto e cioè alla sua identità. Piero ha diffuso le allusioni anche alla struttura architettonica dell’ambiente. Egli ha, altresì, ridefinito la funzione commemorativa delle scene cerimoniali; attraverso sovrapposizioni di significati metaforici ha celebrato un’attitudine, non un’azione. Mantenendo l’integrità delle due maniere pur fondendole in un’unica armonia, ha prodotto una nuova forma d’arte, il manifesto politico. Ciò facendo, perciò, per la prima volta nella sua carriera ha evocato quella speciale reciprocità tra divino e terreno, tra universale e particolare, che doveva diventare una delle principali impronte della sua arte.
Nel corso della sua personalissima ricerca, Piero approda a Rimini attorno al 1451, verosimilmente su raccomandazione di Leon Battista Alberti, allora impegnato nei lavori del Tempio Malatestiano, che nella sua articolazione riproponeva la grandiosità delle architetture antiche. Nelle teorie, nei disegni, nei progetti, nell’opera dell’Alberti, il pittore di Borgo trova il sostrato ideale per lo sviluppo della propria arte; nella misura, nella ratio compositiva dell’architettura del Tempio, nella varietà dei materiali, nella calibrata proporzione dei suoi elementi – colonne, archi, paraste, timpani – trova la conferma della propria naturale inclinazione. La perfetta conformazione di ogni particolare, il rapporto armonico che lo lega all’insieme, la tenue sfumatura cromatica che lo differenzia ma contemporaneamente lo sottomette ad una superiore logica dispositiva, caratterizzeranno gli stupendi edifici dipinti dei capolavori della maturità dell’artista.
È lo stesso Tempio Malatestiano a conservare la prima attestazione dell’incontro di Piero con la concezione artistica albertiana: l’affresco, firmato e datato 1451, rappresentante Sigismondo Pandolfo Malatesta di profilo, secondo le convenzioni del ritratto cortese, in atto di sottoporsi alla protezione di San Sigismondo suo santo patrono, assiso invece di tre quarti su di un seggio. La scena è inquadrata, quasi solennemente scandita, da una struttura architettonica tripartita: tutte le figure intrecciano con essa un preciso rapporto geometrico-proporzionale che è fonte dell’armonia compositiva e dell’aura di “astratta fissità cerimoniale”.
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