Materialismo ed empiriocriticismo – Vladimir Lenin

Lenin sul significato della scienza

 

Negli anni Settanta del secolo scorso, in tutto il mondo si stava parlando e scrivendo della “rivoluzione scientifica e tecnologica”. Tutti noi siamo stati testimoni di quanto sia aumentata, di anno in anno, l’influenza di questa rivoluzione sulla produzione dei beni materiali e di quanto grandi siano stati i suoi riflessi su tutti gli aspetti della vita sociale. A parte ciò si può anche dire che la rivoluzione tecnologica era diventata quasi il banco di prova e il settore principale della competizione internazionale tra mondo socialista e mondo imperialista, tanto il problema veniva addirittura posto in questi termini: qual è il sistema più adatto per accogliere la rivoluzione scientifica e tecnologica e dirigerla nel modo più consono a servire gli interessi e il progresso sociale dell’umanità? Perché il contenuto e la funzione sociale di ogni sistema può essere valutata e giudicata soltanto in base alle caratteristiche, ai valori e agli ordinamenti che esso è stato capace di esprimere.
L’aspra lotta ideologica in corso allora sui problemi posti dalla rivoluzione scientifica e tecnologica era quindi tutt’altro che casuale. Gli ideologi borghesi e reazionari si sforzavano di accreditare la tesi secondo la quale soltanto il sistema capitalistico sarebbe stato capace di applicare fino in fondo i risultati della rivoluzione tecnologica dando loro una dimensione ed un significato mondiale. Non solo: gli avversari del marxismo-leninismo sostenevano pure che Lenin non aveva mai potuto approfondire i problemi relativi all’evoluzione scientifica e tecnologica dal momento che egli era vissuto in un paese arretrato, la Russia, in cui il gigantesco progresso scientifico e tecnico raggiunto, non era nemmeno lontanamente prevedibile. Si pensava che l’esistenza stessa della teoria marxista-leninista, della concezione del mondo che essa necessariamente implicava e della prassi socialista che essa anticipava, costituisse nella visione socialista la miglior confutazione di questa affermazione così gratuita e degli argomenti che venivano addotti a suo sostegno. Si pensava che il materialismo dialettico avesse previsto con matematica esattezza anche gli sviluppi della rivoluzione tecnologica; che le sue concezioni ed i suoi metodi si accordassero perfettamente con le più moderne conoscenze scientifiche e tecniche e le deduzioni che si potessero trarre da esso rappresentavano un’arma teorica formidabile per una corretta interpretazione dei risultati conseguiti nel campo delle scienze naturali e della tecnica, e per la loro applicazione pratica. D’altra parte va sottolineato anche il fatto che i rapporti stessi tra la filosofia marxista-leninista da una parte e le scienze e la tecnica dall’altra, avevano un carattere dialettico e quindi non potevano mai essere né automatici né statici.

Lenin stesso, occupandosi di questi problemi, ha ripetutamente sottolineato che una concezione veramente marxista del mondo doveva essere il risultato di una continua evoluzione, di una continua rimeditazione condotta alla luce dei nuovi temi proposti dalla scienza e in armonia con i nuovi principi da essa scoperti. Le scoperte scientifiche realizzate negli ultimi anni dell’Ottocento e nei primi anni del secolo scorso, forniscono un chiaro esempio di come si articoli una rivoluzione nel campo delle scienze naturali. Grazie alle ricerche scientifiche di Becquerel, di Pierre e Maria Curie, di Planck e di Rutherford e ai progressi realizzati dalla fisica con la scoperta della possibilità di disintegrare l’atomo, di trasmutare gli elementi, di sfruttare i fenomeni elettronici e radioattivi, i principi della fisica classica vennero completamente demoliti. Naturalmente, come Lenin ebbe occasione di sottolineare nel suo libro “Materialismo ed empiriocriticismo” (1909), questa rivoluzione nel campo delle scienze naturali era strettamente legata alla crisi “che tutta la vecchia concezione del mondo, finora accettata” stava attraversando in quel periodo: le leggi e i principi fondamentali su cui era basata la concezione della natura venivano sottoposti ad una critica e ad una revisione sistematica. Nasceva la fisica moderna che, nonostante i suoi non sempre riusciti tentativi iniziali ed i suoi iniziali smarrimenti, sembrava orientarsi quasi istintivamente verso l’unica concezione del mondo e verso l’unica metodologia veramente valide, quelle suggerite dal materialismo dialettico, abbandonando definitivamente l’idealismo e il positivismo.
Nel corso di questo fondamentale processo di chiarificazione, la scienza si è orientata in modo definitivo verso la ricerca e il riconoscimento della “verità oggettiva”. Lo stesso fenomeno si sta verificando anche oggi: la dinamica dell’attuale rivoluzione scientifica e tecnologica e i suoi molteplici riflessi sulla produzione, tende sempre di più a far coincidere la posizione degli interpreti del pensiero marxista-leninista con quella degli scienziati moderni. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che una chiara concezione del mondo e una metodologia realistica costituiscono due fatti inscindibili e interdipendenti.
Anche in questo caso Lenin ebbe il grande merito di dimostrare che alla base della crisi che si stava manifestando nel campo della scienza e dell’incapacità dimostrata da parte di molti scienziati di comprenderla e superarla, c’era l’influenza negativa del pensiero idealista e delle scuole filosofiche a indirizzo reazionario. A quel tempo infatti molti scienziati, influenzati dall’idealismo e dall’agnosticismo, erano giunti ad una errata concezione del mondo sostenendo, in piena armonia con i principi dell’«idealismo scientifico» e dell’evoluzionismo «metafisico», concetti assurdi e gratuiti, come quello di “distruzione della materia” o di “impossibilità di comprendere razionalmente l’universo”. In polemica con queste concezioni errate Lenin aveva spiegato da un punto di vista materialista e dialettico i veri motivi che stavano alla base di quella “improvvisa crisi” delle scienze naturali.
Da un punto di vista filosofico, le scoperte scientifiche sopra citate rappresentavano, secondo Lenin, dei nuovi passi compiuti dall’umanità verso il progresso e la comprensione della realtà oggettiva.
“Fino a ieri l’approfondimento della conoscenza dei fenomeni naturali doveva arrestarsi all’atomo, oggi siamo già giunti all’elettrone e all’etere – scriveva Lenin in “Materialismo ed empiriocriticismo” -. E’ per questo che il materialismo dialettico non deve stancarsi di sottolineare il carattere relativo e provvisorio di ogni acquisizione e di ogni progresso scientifico degli uomini. L’elettrone, come a suo tempo l’atomo, non rappresenta affatto una meta, perché la natura comprende infinite forme in continua evoluzione. Quindi l’unica affermazione veramente categorica che si possa fare è quella che deriva dal riconoscere esplicitamente questa verità e cioè che la natura e le sue infinite forme hanno un’esistenza oggettiva indipendente dalla coscienza dell’uomo e dalle sue conoscenze. Ed è proprio il riconoscimento di questa verità che costituisce la differenza fondamentale tra il materialismo dialettico e il relativismo agnostico o l’idealismo”.
Il problema ideologico centrale su cui si imperniava la rivoluzione scientifica agli inizi del secolo consisteva quindi nel riconoscere l’eternità della materia e il carattere dialettico della sua evoluzione e dei suoi fenomeni. Lo stesso problema ideologico si ripresenta ancora oggi nel corso dell’attuale rivoluzione tecnologica, rivoluzione che è stata resa possibile appunto dalle nuove scoperte e dalle nuove vedute che hanno caratterizzato la scienza alla metà del secolo scorso. Questo concetto fondamentale è stato sottolineato anche nelle tesi pubblicate in Russia in occasione del centesimo anniversario della nascita di Lenin… “Lenin è stato il primo pensatore dei nostro secolo che ha saputo scorgere nelle scoperte fatte dalle scienze naturali del suo tempo l’inizio di una grandiosa rivoluzione scientifica e che abbia giustamente inquadrato l’opera degli scienziati individuando lo spirito rivoluzionario e conferendole un’unità filosofica”.
L’attuale rivoluzione tecnologica comporta tutta una serie di interrogativi e di problemi ideologici a cui si può rispondere scientificamente soltanto sulla base della filosofia del materialismo dialettico. Quindi, anche in questo campo, lo strumento ideologico più efficace a cui si possa ricorrere è rappresentato dal pensiero di Lenin. Non dimentichiamo infatti che ogni problema, anche scientifico o tecnico, può essere impostato seguendo due metodi contrastanti e inconciliabili, quello materialista o quello idealista, quello dialettico o quello metafisico o meccanicistico.
Oltre che farsi antesignano della rivoluzione scientifica, Lenin auspicava e prevedeva anche la possibilità di realizzare una vasta rivoluzione tecnologica. E non sorprenda questa distinzione che facciamo dal momento che a quei tempi scienza e tecnica erano due realtà dei tutto separate e prive di quegli stretti rapporti di interdipendenza che si sono realizzati soltanto in questi ultimi anni.

Nel suo articolo “Una grande vittoria della tecnica”, scritto nel 1913, Lenin aveva sottolineato con grande vigore l’importanza dei processo con cui si era potuto ottenere il gas combustibile dal carbone, analizzando acutamente sia le basi scientifiche che avevano permesso di raggiungere un risultato tecnico così importante, che le conseguenze sociali dei nuovi metodi produttivi che esso comportava. Le conclusioni che egli ne traeva riecheggiavano un’idea fondamentale che egli aveva chiaramente espresso già nel 1893 nel suo scritto “Sul cosiddetto problema dei mercati “. e cioè che “… il progresso tecnico… deve avere come scopo supremo la graduale sostituzione dei lavoro fornito dall’uomo col lavoro fornito dalle macchine”.

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Sorretto da questa ferma convinzione, Lenin si occupò durante la sua vita dei problemi connessi alla fisica atomica, alla meccanizzazione e all’automazione, all’elettrificazione e alle applicazioni della chimica alla produzione, alla tecnica delle comunicazioni, al ciclo del carbone e degli oli combustibili – in sostanza di tutti quei problemi che nascevano dall’applicazione pratica e produttiva dei risultati conseguiti dalla scienza. Non c’è quindi da meravigliarsi se Lenin ha anche preso in attenta considerazione il problema di una pianificazione dei rapporti tra scienza, tecnica e produzione mediante l’organizzazione razionale dei lavoro scientifico. Con un notevole anticipo sui suoi tempi Lenin era arrivato alla conclusione che “… anche l’economista deve oggi guardare verso il futuro, in direzione dei progresso tecnologico, se non vuol correre il rischio di rimanere indietro…”.
Trattando i problemi della rivoluzione scientifica e tecnologica e l’inevitabile evoluzione che ne sarebbe seguita anche nella produzione industriale, Lenin previde esattamente che le ripercussioni sociali di questa grande svolta avrebbero assunto nella società capitalista, basata sullo sfruttamento, un carattere del tutto diverso di quello che si sarebbe presentato nella società socialista. Oggi qualcuno constata ancora che proprio nel settore della scienza e della tecnica appare con particolare evidenza quanto sia ormai storicamente sorpassato il capitalismo come sistema di organizzazione sociale.

Analizzando l’applicazione delle principali scoperte nell’interesse esclusivo del profitto capitalistico, Lenin scriveva che ” … la tecnica… nel suo continuo processo di espansione rende ogni giorno più anacronistico il sistema basato sullo sfruttamento dei lavoratori condannati alla schiavitù del salario”. La scienza, la tecnica e le forze produttive che esse avevano scatenato avevano poi superato gli angusti limiti del sistema capitalistico. La classe operaia, guidata dal suo partito rivoluzionario d’avanguardia, era riuscita in numerosi paesi a mettere la scienza e la tecnica al servizio del socialismo anziché a quello del capitalismo…. ma poi…

Questo compito storico della classe operaia si è posto per la prima volta dopo la rivoluzione socialista d’ottobre realizzata dagli operai e dai contadini poveri sotto la guida del Partito di Lenin.
Lenin capì che nella nostra epoca, una delle fondamentali condizioni per costruire il socialismo e il comunismo consiste nello stare al passo con il progresso tecnico e scientifico. Nella lotta tra socialismo e capitalismo, pensava Lenin, la vittoria andrà a quel sistema sociale che avrà dimostrato di possedere la tecnica più avanzata, la più grande capacità organizzativa e la maggior disciplina. Scienza e tecnica non sono tuttavia due elementi che, per il solo fatto di esistere, portano ad un automatico rafforzamento del socialismo: la loro funzione diventa progressiva soltanto nella misura in cui la classe operaia riesce ad utilizzarle e a sfruttarle per l’edificazione di una società nuova in armonia con i principi del marxismo-leninismo. Bisogna cioè, come diceva Lenin, che “tutto ciò che l’uomo ha saputo realizzare nel campo della scienza e della tecnica, tutti i miglioramenti, tutto il sapere degli specialisti… venga messo a disposizione e al servizio dei lavoratori”.
Lenin aveva quindi capito che era assolutamente necessario legare la rivoluzione socialista alla rivoluzione tecnologica. Questa conclusione viene chiaramente espressa da Lenin anche nel corso della trattazione di molti problemi contingenti. Così, ad esempio, nel suo celebre scritto “La grande iniziativa” egli sostiene che l’eroismo più generoso nella lotta rivoluzionaria contro il capitale deve sempre essere sorretto dalla coscienza che si sta lottando per modificare profondamente le condizioni e l’organizzazione del lavoro umano e che queste modificazioni così radicali non sono possibili se non si inserisce, nel quadro di una massiccia produzione socialista, anche il contributo della scienza, della tecnica e del lavoro degli specialisti legati alle masse. Lenin anzi si diceva sorpreso che “i legami così evidenti tra scienza, proletariato e tecnica… fossero ancora così misconosciuti e oscuri”.
Lo stesso concetto ispira le sue osservazioni nel 1920: l’edificazione del socialismo deve avvenire su basi tecniche nuove e soprattutto sull’elettrificazione del paese. Significativa in questo senso la parola di ordine lanciata da Lenin nel corso dell’VIII congresso panrusso dei Soviet… “Comunismo significa potere sovietico più elettrificazione di tutto il paese”.
Ogni successo nell’edificazione del socialismo era legato, secondo Lenin, all’esistenza di un piano che riassumesse tutti i termini scientifici ed umani della produzione e fosse applicato secondo i principi del centralismo democratico…
“Ogni effettivo progresso del nostro sistema sociale sovietico dipende dallo sviluppo simultaneo delle forze produttive e della cultura delle masse”.
Se alla classe operaia vengono forniti i metodi più recenti e aggiornati della tecnica, il suo ruolo e la sua funzione produttiva e ideale diventeranno sempre più importanti. Quindi bisogna rafforzarla dal punto di vista della conoscenza scientifica e tecnologica; è pertanto compito del partito rivoluzionario che la rappresenta realizzare questo legame tra la filosofia marxista-leninista da una parte e gli scienziati e i tecnici dall’altra.
In armonia con questi principi, Lenin indicò i nuovi compiti riservati all’Accademia delle Scienze nel suo “Schema di un piano di lavoro scientifico e tecnico” (1918). Poiché egli aveva capito che l’aumento della produttività era strettamente legato alle basi materiali e tecniche dell’industria, cioè alla possibilità di disporre di combustibili, macchine, prodotti chimici, egli assegnò come compito principale all’Accademia delle Scienze quello di studiare a fondo tutte le risorse naturali del paese e i metodi più moderni ed economici per il loro sfruttamento…
“Una razionale distribuzione dei centri industriali in relazione alle fonti di approvvigionamento delle materie prime, eventuali concentrazioni di industrie affini in determinate aree in modo da avere il minimo spreco e la minima utilizzazione passiva di lavoro nella catena di produzione che va dal trattamento del materiale greggio alla distribuzione del prodotto finito… con particolare riguardo all’elettrificazione dell’industria dei mezzi di trasporto e dell’agricoltura…”.
Il piano leninista di elettrificazione del paese fu inserito nel famoso piano GOELRO, elaborato sotto la sua personale direzione, e divenne lo strumento principale col quale nell’Unione Sovietica fu realizzata la saldatura tra rivoluzione sociale e rivoluzione tecnologica con i risultati positivi.
L’idea marxista-leninista che la scienza e la tecnica debbano svilupparsi in stretta unione con la società ha sempre ispirato l’opera socialista che ha seguito sempre con attenzione l’evoluzione scientifica, mettendo a disposizione tutti i mezzi atti a favorirla, a favorire la sua dinamica interna e la sua stretta adesione alla realtà quotidiana perché, come diceva Lenin…
“La scienza non deve essere un insieme di conoscenze aride o di frasi imparaticce… essa deve diventare sangue e carne… ed una guida preziosa per elevare le condizioni di vita delle masse”.

“Solo il socialismo libera la scienza dalle sue catene borghesi, dal suo asservimento al capitale, dal sua stato di schiava degli interessi dei sordido egoismo capitalistico. Solo il socialismo dà la possibilità di diffondere largamente e di sottomettere veramente la produzione e la distribuzione sociale dei prodotti a criteri scientifici aventi come scopo di garantire a tutti i lavoratori una vita più agevole, procurando loro la possibilità del benessere. Solo il socialismo può realizzare tutto questo”. (Lenin).

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