INDICE DEI LIBRI PROIBITI (Index librorum prohibitorum)

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INDICE DEI LIBRI PROIBITI

PREMESSA

“Fare la storia dell’Indice è fare la storia di quattro secoli di errori”.
Queste parole erano scritte sull’Osservatore Romano, e si riferivano a un avvenimento tanto importante, quanto passato sotto silenzio dalla stampa quotidiana: l’abolizione dell’Indice dei libri proibiti, l’organo che, con il famigerato Tribunale dell’inquisizione, rappresentava il simbolo stesso dell’intolleranza e dell’oppressione della libertà umana. Sembrava, così, chiuso il capitolo più drammatico e odioso della storia della Chiesa.
Ma, purtroppo, le cose non stavano in modo tanto semplice.

Le parole sopra riportate appartenevano a una “Postilla” con la quale Francesco Casnati (1892-1970, docente di letteratura italiana all’Università di Milano) volle commentare l’avvenimento, ma gli ‘errori’ di cui parla, non erano quelli commessi dai sedici qualificatori che avevano il compito di giudicare i libri di cui bisognava proibire la lettura…, ma erano quelli commessi dal pensiero moderno contro il quale insorgeva giustamente la Chiesa – secondo il Casnati – in nome della moralità e della fede.
Egli infatti aggiunse:
“In esso, infatti, (cioè nell’Indice) è registrata la storia dell’intelletto umano contro cui insorse la Chiesa a tutela del dogma e della morale: in tutti i campi non in quello religioso soltanto..: Un’indagine che non si fermi alle apparenze rivela in sostanza questo: che le condanne hanno sempre colpito ciò che attentava, dopo la gran frattura della Riforma, all’integrità della fede e della tradizione.
Il che significa che anche l’avversatissimo Indice ha concorso, nell’opera della Chiesa, alla difesa dei valori universali contro cui le forze del disordine si sono per secoli accanite e ancora si accaniscono nel nostro tempo”.
Tanto più inopportuna ed anacronistica appare questa estrema difesa dell’Indice, in quanto lo stesso cardinale Ottaviani, che non poteva certo essere sospettato di tenerezza per il pensiero laico e moderno, onestamente riconobbe in una intervista che con la riforma dell’Indice “si è tornati in sostanza alla procedura prevista dalla Costituzione Sollecita ac provvida di Benedetto XIV (cioè Prospero Lambertini, il papa che f u in relazione con Voltaire).
Devo ammettere – ha aggiunto il cardinale – che nel corso dei secoli, il Sant’Offizio si era allontanato da questa procedura, sostituendole una procedura autoritaria.
E’ molto doloroso che ciò sia avvenuto, ed è difficile dire come abbia potuto avvenire.
Forse la “suprema” Congregazione non era sufficientemente controllata.
In ogni caso, se ci siamo sbagliati, ciò è avvenuto spesso per eccesso di zelo ed in una appassionata preoccupazione per l’unità della Chiesa e la sicurezza della dottrina”.
Francesco Scansati, come si vede, era più controriformista del cardinale Ottaviani.
E se ci saranno ancora tipi come lui, l’autocritica del mondo cattolico non sarà completa, ci sarà sempre da temere il ritorno di fiamma del peggiore oscurantismo.
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LA CONDANNA DI LEOPARDI

La lunga e drammatica storia dell’Indice comincia nel 1557 quando Paolo IV Carafa, che di tutti i Papi ha incarnato l’Inquisizione nella sua forma più dura e reazionaria, ordinò che venisse stesa la prima lista dell’Indice.
Certo la condanna dei libri non rappresentava una novità nella storia della Chiesa.
L’inizio ideale dell’Indice va fatto risalire alla condanna delle opere di Ario che papa Anastasio riuscì ad ottenere al Concilio di Nicea, nel IV secolo.
Ma la creazione dell’Indice riveste una importanza veramente storica.
Lo scrittore cattolico tedesco Hans Kühner ha notato in un suo volumetto del 1963 che “se le istruzioni di Paolo IV fossero state seguite alla lettera, non sarebbe rimasto della vita intellettuale in Europa che un deserto arido”.
Fortunatamente la cultura europea ha saputo opporsi al folle disegno di quel papa, andando avanti per la sua strada nonostante le condanne dell’Indice: che a dire il vero, negli ultimi tempi, si trovava isolato in uno squallore medievale.
Sarebbe troppo lungo in questa sede ricordare la procedura seguita per la condanna dei libri.
Sia sufficiente ricordare che la condanna avveniva segretamente, senza nessuna contestazione all’autore e senza nessuna possibilità di difesa…, e che non venivano nemmeno resi noti i motivi della condanna.
L’aspetto per certi aspetti più incredibile della storia dell’Indice è rappresentato non tanto dalla condanna di opere che hanno portato un contributo incalcolabile allo sviluppo della civiltà umana ponendosi contro la religione (basti pensare alle opere degli illuministi francesi, e all’opera completa di Kant condannata con decreto dell’11 giugno 1827), quanto piuttosto a quelle di cattolici ortodossi e di santi che occupano un posto di grande rilievo nella storia della Chiesa.
I “Due libri a Pollentio” di Sant’Agostino sono stati condannati il 7 gennaio 1765…, Blaise Pascal si trova all’Indice a causa delle “Pensées” e delle “Provincíales”…, le opere di Raimondo Lullo venerato dalla Chiesa come Beato e come Dactor illuminatus vennero distrutte per ordine di Gregorio XI, l’ultimo papa di Avignone…,tra gli altri sono stati condannati nell’ultimo secolo teologi della statura intellettuale di Felice Lamennais, di Louis Duchesne, di Alfred Loisy, Hermann Schell, Sebastiano Merkle, Joseph Wittig.
Nè mancano nell’Indice condanne umoristiche come quella delle “Operette morali” del Giacomo Leopardi condannate nel 1850 con la clausola “donec corrigantur”, cioè finchè non siano corrette: era sfuggito all’autore del verdetto il particolare che Leopardi era già morto da 13 anni!
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STERMINATELI SENZA PIETÀ

Oltre agli autori citati, troviamo all’Indice, in mezzo ad una pletora di autori sconosciuti che non si capisce come e perchè vi siano finiti, Francesco Bacone, Balzac, Cesare Beccaria con il “Trattato dei delitti e delle pene”, Giordano Bruno, la cui opera completa venne condannata insieme all’autore nel 1600, Darwin, la “Encyclopédie” di Diderot e d’Alembert, La Fontaine con i suoi “Contes et Nouvelles en vers”, il “Dizionario” del Larousse, i “Saggi” di Montaigne, “Lo spirito delle leggi” e le “Lettere persiane” di Montesquieu.
Ad una serie numerosa di autori è toccato il privilegio di vedere all’Indice tutta la propria produzione.
Tra gli altri D’Alembert, D’Annunzio, Déscartes, D’Holbach, Diderot, Dumas padre e figlio (condannati nello stesso giorno), Flaubert, Anatole France, Heine, Helvetius, Hobbes, Hume, Locke, Proudhon, Rousseau, Spinoza, Stendhal, Voltaire, Zola e Benedetto Croce.
Una vera strage, come si vede.
Prima della recente soppressione, l’Indice aveva trascorso gli ultimi anni in una sorta di limbo.
L’ultima edizione ufficiale risale infatti al 1948.
Dopo di allora erano state inserite le opere complete di Sartre, Gide e Moravia, “La pelle” di Curzio Malaparte, “Il secondo sesso” e “I mandarini” di Simone de Beauvoir.
Giovanni XXIII si era sempre rifiutato di inserire qualsiasi nuova opera all’Indice ed anzi vi aveva fatto cancellare “I miserabili” e “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo.
Paolo VI ha concluso l’opera nel 1966, chiudendo un ciclo storico che era stato aperto quattro secoli addietro e che rappresentava una delle vergogne della chiesa.
Speriamo che non ci sia qualche Casnati che voglia riaprirlo….