IL ROSSO E IL NERO – Stendhal

IL ROSSO E IL NERO

Stendhal
La tortura dei sentimenti contrastanti

Recensione

La bella signora de Rénal era timida e riservata fino a sembrare superba. I cittadini di Verrières la dicevano orgogliosa della propria nascita e della posizione sociale del marito, ricco industriale e sindaco della piccola città. In realtà, la signora de Rénal amava la vita semplice e tranquilla. Era un’anima candida: il pettegolezzo della cittadina di provincia non destava in lei alcun interesse. La sua innata riservatezza le impediva di aver rapporti troppo frequenti con le altre signore di Verrières. Le superava tutte in bellezza ed eleganza, ma non v’era in lei la minima traccia di civetteria né desiderio di mettersi in vista. Suo marito la stimava una donna di buon senso, pur trattandola con la condiscendenza dell’uomo che si sente superiore. Il signor de Rénal era un uomo d’ordine, per nulla amante delle novità, attaccato alle tradizioni. Fedelissimo suddito della monarchia borbonica, diventava furioso al solo nome di Napoleone.
Il ricordo di Napoleone Bonaparte, morto da pochi anni nella prigionia di Sant’Elena, resuscitava nel cuore di molti Francesi un passato di gloria e di grandezza che era impossibile dimenticare. Il signor de Rénal, uomo mediocre, preferiva la mediocrità del presente regime. Era anche molto devoto alla Chiesa e abbastanza ricco di suo da non poter essere accusato di disonestà nella carica pubblica. La moglie gli aveva dato tre bei figlioli ed egli, sebbene fossero ancora bambini, aveva mire ambiziose per la loro futura carriera. Non fu questa, però, la ragione che lo indusse a cercare un precettore per i figli. In verità il signor de Rénal voleva procurarsi un precettore prima che questa idea brillante venisse a qualcun altro tra la gente più in vista della città. Egli era il sindaco e voleva essere in tutto il primo cittadino di Verrières.
La signora de Rénal, madre straordinariamente tenera, fu atterrita all’idea di un estraneo posto in permanenza fra lei e i suoi bambini, ma non poté nulla contro la ferma volontà del consorte. Quando scoprì che il precettore non era che un giovanissimo provinciale, timido quanto lei e di modi gentili, la signora respirò di sollievo e accolse con fiducia colui che nel suo intimo già aveva definito un intruso, pronto a frustare i suoi ragazzi per costringerli ad apprendere il latino. Non poté fare a meno di considerare con simpatia il giovane di neppure vent’anni che le stava davanti in atteggiamento rispettoso. Vide che i suoi grandi occhi neri avevano un’espressione timida.
“Mi chiamo Giuliano Sorel, signora… – le disse con voce triste – Sono pieno di apprensione nell’entrare per la prima volta nella mia vita in una casa d’altri, ho bisogno della vostra protezione e che voi mi perdoniate molte cose i primi giorni… perdonate i miei errori, signora, non saranno mai di cattiva intenzione.”…
La sera stessa amici e conoscenti accorsero in casa de Rénal per vedere il precettore, di cui si diceva che sapesse a memoria tutto il Nuovo Testamento in latino. Era vero. Giuliano Sorel, figlio di un rude contadino che non lo amava, aveva trovato un valido protettore nel vecchio curato di Verrières che da tre anni gli insegnava teologia e intendeva avviarlo alla carriera ecclesiastica.
Fin da ragazzo Giuliano si era appassionato allo studio del latino. Per compiacere il curato, egli aveva imparato a memoria il Nuovo Testamento; ma l’opera che destava il suo più acceso entusiasmo era “Il memoriale di Sant’Elena”. Quegli otto volumi contenevano tutta l’epopea napoleonica e rievocavano alla sua fantasia fervida ed entusiasta persino i gesti e le parole del suo idolo, Napoleone Bonaparte. Naturalmente, una simile passione doveva essere tenuta nascosta, sia al vecchio curato sia ai signori de Rénal. Giuliano era troppo povero per non aver bisogno dell’aiuto dei potenti, perciò aveva deciso che l’ipocrisia poteva essere un’utile difesa. Sotto l’apparenza deferente dei suoi modi si nascondeva un cuore appassionato, colmo di orgoglio, e un forsennato desiderio di diventare qualcuno. Aveva deciso che sarebbe entrato in seminario, pur senza alcuna vocazione religiosa. Essendogli ormai impossibile diventare un generale di Napoleone, sarebbe almeno diventato vescovo. Per ora, anche un posto di precettore poteva andar bene; se non altro, lo avrebbe sottratto alla brutalità di papà Sorel.
In meno di un mese, Giuliano seppe farsi amare dai ragazzi e rispettare dal signor de Rénal e dalla servitù. Fu un buon precettore. Alla signora de Rénal parlava il meno possibile. Odiava in lei la donna ricca e fortunata e il suo orgoglio si difendeva in anticipo dal pericolo di essere umiliato da quella bella dama. Un pericolo del tutto inesistente, perché la signora de Rénal si era innamorata di lui, anche se ella stessa non lo sapeva. Se non fosse stata così candida, avrebbe subito compreso il pericolo che Giuliano rappresentava per lei. Sposata giovanissima a un uomo che non amava, ignorava del tutto il sentimento amoroso e non seppe difendersi dalla tenerezza che subito quel giovane suscitò in lei. Quei sentimenti per lei nuovi la turbavano, ma non ne provava spavento. Si sentiva felice e non cercò di combattere il folle bisogno di pensare a Giuliano, di cercare continuamente la sua compagnia. A trent’anni era come una giovinetta al suo primo amore. Giuliano si accorse dei sentimenti che aveva suscitato e ne fu orgoglioso. Per vanità, non per amore, decise di corrispondere ai sentimenti della signora de Rénal. Volle anzi recitare fino in fondo il ruolo di seduttore e una sera disse arditamente alla signora de Rénal…
“Madame, questa notte alle due verrò nella vostra camera, debbo parlarvi”…
Per quanto innamorata, la signora de Rénal rispose con schietta indignazione a un annuncio così impertinente. Tuttavia Giuliano si fece un punto d’onore di mantenere quanto aveva promesso. Alle due entrò nella camera della signora de Rénal, che ne fu mortalmente spaventata. Ella respinse il giovane con parole dure; ma quando Giuliano, più turbato di lei e sinceramente commosso, sì gettò ai suoi piedi e scoppio in singhiozzi, l’amore che era in lei ebbe il sopravvento.
In pochi giorni, preso dall’amore di lei, anche Giuliano si innamorò perdutamente e conobbe una felicità che non supponeva potesse esistere.
La passione più ardente, non più la vanità, lo spingeva ora nelle braccia della signora de Rénal. Ella, onesta e buona, era disperata di sentirsi colpevole, ma sebbene tentasse con tutte le sue forze, non riusciva a distruggere il suo amore per Giuliano, il primo, vero amore della sua vita. Naturalmente i domestici incominciarono a mormorare; ben presto il signor de Rénal ricevette lettere anonime che denunciavano quel che avveniva sotto il suo tetto. Tutta Verrières, senza che i due amanti lo sospettassero, non si occupava d’altro che dello scandalo dei loro amori.
Un giorno Giuliano fu richiamato severamente dal vecchio curato che lo proteggeva e dovette obbedire all’ingiunzione di entrare immediatamente nel seminario di Besançon.
Quando salutò per l’ultima volta la signora de Rénal, Giuliano ebbe l’impressione di stringere fra le braccia un cadavere: da lei era fuggita ogni volontà di vivere. Giuliano Sorel restò in seminario quattordici mesi: furono i più tristi della sua vita.
Quando ne uscì, accettò con gioia un impiego di segretario in casa del marchese de La Mole, a Parigi. Qui incontrò la seconda donna della sua vita: Matilde de La Mole, la figlia del ricchissimo marchese. Matilde era molto bella: una figura svelta, dal portamento altero, capelli biondissimi e grandi occhi azzurri. Giuliano si accorse che in quegli occhi così belli vi era la freddezza di un animo imperturbabile, consapevole della propria forza. Non gli piaceva l’aria sprezzante dell’aristocratica giovinetta e le rivolgeva la parola soltanto quando era obbligato a farlo.
La sua condizione di subalterno, in quella società che lo disprezzava, lo faceva soffrire. Perciò si ripromise di non dare alla ragazza alcuna occasione per umiliarlo.
Matilde de La Mole aveva una personalità forte, insofferente di ogni costrizione. Del mondo aristocratico cui la sorte l’aveva fatta nascere riconosceva le debolezze e la superficialità. Aveva ricevuto un’educazione monarchica, ma leggeva tutto ciò che poteva interessarla, senza chiedere consigli. Aveva più intelligenza e spirito dei giovani gentiluomini che la corteggiavano, perciò non riusciva ad amare nessuno. A diciannove anni stata innamorata e passava le sue giornate nella noia.
Matilde si accorse che Giuliano Sorel, diventato l’uomo di fiducia del marchese de La Mole, era assai più interessante dei suoi corteggiatori e cominciò a parlargli con un’ombra di civetteria. Egli finse di non accorgersene.
Stuzzicata nel suo amor proprio, la signorina de La Mole cercò di conquistarlo con la sua cultura e cominciò a parlargli di filosofia. Giuliano non cessò di osservarla con lo sguardo penetrante e severo di un giudice incorruttibile. Per la prima volta in vita sua, l’imperturbabile Matilde si accorse di non riuscire a sostenere lo sguardo di un uomo. Da quel momento non si annoiò più: Giuliano occupò tutti i suoi pensieri. Ma non sapeva che il giovane la guardava pensando alla signora de Rénal e confrontava la sua presunzione e il suo orgoglio con la naturalezza ingenua e dolce della donna che aveva dovuto lasciare.
Più Giuliano si mostrava freddo e rispettoso, più Matilde lo cercava, lo circuiva. A poco a poco nacque in lui lo stesso sentimento ambizioso che all’inizio gli aveva fatto desiderare la conquista della signora de Rénal. Conquistare Matilde de La Mole, il partito più in vista dell’aristocrazia parigina, sarebbe stato per lui un trionfo senza pari. Matilde intanto, sebbene per soddisfare il suo orgoglio cercasse di conquistare Giuliano, faceva di tutto per lottare contro l’amore che il giovane le ispirava. Un amore che a lei stessa appariva impossibile per la enorme differenza di condizione sociale che la separava dal giovane segretario di suo padre. La signorina de La Mole era consapevole dell’importanza del suo casato, ma il suo sentimento si rivelò più forte di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi orgoglio di casta: la giovane donna volle avere Giuliano a ogni costo.
Da principio questo amore appagò soltanto l’ambizione di Giuliano. Matilde, fieramente colpita nel suo orgoglio dall’aria di trionfo ostentata dal giovane, non era felice. Ma entrambi erano giovanissimi e appassionati e ben presto l’amore ebbe il sopravvento sui loro malintesi e il loro orgoglio. Da quel momento Matilde non si curò di nascondere il suo affetto per Giuliano. Confessò al padre di essere innamorata del suo segretario e di essere decisa a sposarlo.
Al marchese de La Mole non restò che acconsentire al matrimonio; ma si riservò di chiedere ai de Rénal informazioni sul conto del giovane.
Madame de Rénal si era da due anni rifugiata nelle pratiche devote, cercando scampo ai rimorsi. Consultò il suo confessore, che vedeva quasi ogni giorno; le fu ingiunto di scrivere al marchese de La Mole tutta la verità sui suoi rapporti con Giuliano Sorel. Dopo aver ricevuto quella lettera, il marchese dichiarò a Matilde che mai egli avrebbe acconsentito ad avere per genero quel piccolo arrivista senza scrupoli.
Da quel momento Giuliano concepì un odio furibondo e folle contro madame de Rénal. Non perché la sua lettera al marchese gli aveva impedito di sposare Matilde, ma perché con quel gesto madame de Rénal aveva distrutto l’immagine di sublime generosità e dedizione che egli si era fatta di lei. Era questo che Giuliano non le poteva perdonare. Spinto dalla sua follia, abbandonò precipitosamente Parigi, corse a Verrières, cercò la signora de Rénal: la trovò in chiesa, che stava pregando. Al momento dell’elevazione, mentre la donna era più assorta nella preghiera, Giuliano tirò su di lei due colpi di pistola. La signora de Rénal non morì, ma Giuliano Sorel, accusato di omicidio premeditato, venne condannato alla ghigliottina.
Matilde, che attendeva un bimbo da Giuliano, fece l’impossibile per salvare l’uomo che amava; ma i suoi tentativi non valsero a nulla. Giuliano non desiderò di essere salvato e non fece niente per aiutarla. La vita non lo interessava più. Sopportò a mala pena le visite di Matilde e il suo pianto.
La signora de Rénal, disperata per avergli causato tanto male, andò a trovarlo in prigione; e Giuliano capì che non aveva amato che lei, la donna che aveva tentato di uccidere.
Solo tre giorni dopo l’esecuzione di Giuliano, la signora de Rénal lo seguiva nella tomba.


UNA PAGINA

“Un’ora dopo, mentre dormiva profondamente, lo svegliarono delle lacrime che cadevano sulla sua mano. – Ah, ecco di nuovo Matilde, – pensò ancora mezzo addormentato. – Viene, fedele al suo programma, per tentare di smuovermi dalla mia risoluzione coi sentimenti teneri. –
Seccato dalla prospettiva di questa nuova scena di genere patetico, restò a occhi chiusi. Gli tornarono in mente i versi di Belfagor che fugge la moglie.
Sentì un sospiro diverso da quello che s’aspettava; aprì gli occhi: era la signora de Rénal. – Ah, ti rivedo prima di morire! non è un’allucinazione? – gridò, gettandosi ai suoi piedi. – Scusate, signora, non sono che un assassino ai vostri occhi – aggiunse subito, tornando in sé.
– Signore… vengo a scongiurarvi di ricorrere, so che non volete farlo…
I singhiozzi la soffocavano; non poteva parlare.
– Degnatevi di perdonarmi. – Se vuoi che ti perdoni, – diss’ella alzandosi e gettandosi fra le sue braccia, – ricorri subito contro la sentenza di morte.
Giuliano la copriva di baci. – Verrai tutti i giorni durante questi due mesi?
– Tutti i giorni, te lo giuro, a meno che mio marito non me lo proibisca.
– Firmo subito! – esclamò Giuliano. – Come, mi perdoni! È proprio vero?
La stringeva fra le braccia; era fuori di sé. Ella si lasciò sfuggire un lamento.
– Non è niente, – disse, – m’hai fatto male.
– Alla spalla! – gridò Giuliano scoppiando in lacrime. Si scostò un poco, e copri la mano di lei di baci infocati. – Chi mai avrebbe potuto predirmi questo, l’ultima volta che ti vidi nella tua camera a Verrières!
– E chi mi avrebbe detto allora che avrei scritto quella lettera infame al signor de La Mole?
– Sappi che ti ho sempre amata, che non ho amato che te.
– È proprio vero? – esclamò la signora de Rénal, felice a sua volta.
Si appoggiò a Giuliano ch’era in ginocchio davanti a lei, e piansero a lungo in silenzio”.


COMMENTO ALLA PAGINA

Stendhal rifugge dall’artificio letterario, non ha alcuna preoccupazione di scegliere le parole, di “scrivere bene”. Scrive di getto, con l’impeto e l’immediatezza di chi ha scoperto una verità e non vuole lasciarsela sfuggire.
I suoi personaggi sono creature vive, si muovono liberamente, reagiscono in modo del tutto naturale, per questo li sentiamo vicinissimi a noi.
Nella pagina qui riportata le figure di Giuliano Sorel e della sinora de Rénal acquistano una vitalità straordinaria; ogni loro gesto, ogni parola incatena l’attenzione, provoca una emozione assai simile a quelle che destano i drammi della vita reale.
In questa romantica scena dell’incontro nella prigione non vi è alcuna esagerazione di sentimenti, né inutile eloquenza verbale. La vera ‘eloquenza’ della pagina deriva piuttosto dalla naturalezza con cui si configurano i sentimenti.
Il linguaggio di Stendhal è semplice, disadorno, sempre di una efficacia e di una penetrazione psicologica veramente straordinaria.
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VALORE DELL’OPERA

Henry Beyle, più noto con lo pseudonimo di Stendhal, pubblicò “Il rosso e il nero” nel 1830, quando aveva quarantasette anni. Stendhal, nato a Grenoble nel 1783, appartiene alla generazione successiva a quella che ha compiuto la Rivoluzione Francese, e cioè ad una generazione che ha accettato la dittatura napoleonica prima e la Restaurazione poi, e che, pur di difendere il potere conquistato, scende a qualsiasi compromesso e diventa apertamente reazionaria.
Dinanzi alla completa involuzione della sua classe, Stendhal si isola dalla vita pubblica e si crea una vita tutta individuale. Ma questo suo isolamento non gli impedisce di osservare e di mettere a nudo nei suoi romanzi la triste realtà a lui contemporanea. Si può dire anzi che tutti i suoi lavori narrativi, oltre alle pagine autobiografiche, sono una critica feroce della civiltà borghese, francese e italiana (Stendhal fu per molto tempo in Italia). Anche “Il rosso e il nero”, il suo romanzo più celebre, è uno specchio lucidissimo dell’immortalità di quelle classi (sarà bene tenere presente che il romanzo fu costruito sulla trama di un fatto realmente accaduto in Francia e culminato in un processo clamoroso.
Giuliano Sorel, il giovane protagonista del romanzo, è reso cinico dalla bassa e corrotta società della Restaurazione, malgrado la sua generosa natura, e a poco a poco discende anche egli fino all’ultimo gradino dell’ambizione. Ambizioso e convinto che solo con l’istruzione egli si potrà elevare dalla sua modesta condizione sociale, Sorel esordisce come precettore dei figli del signor Rénal, sindaco di Verrières, nella Franca Contea, e diventa l’amante della moglie di lui. Entra poi nel seminario di Besançon per diventare abate, e, per l’interessamento del direttore, viene assunto al servizio del marchese De la Môle, un’influente personalità politica di Parigi che lo nomina suo segretario. Ma la figlia di lui, Matilde, si innamora di Giuliano e dalla loro relazione nasce un figlio.
Dopo vari contrasti Matilde ottiene l’assenso del padre al matrimonio…, Giuliano viene nominato ufficiale e prende il titolo di signor de la Vernaye. Ma a questo punto, quando Sorel sta avviandosi, grazie al fortunato matrimonio, verso un brillante avvenire, interviene la signora di Rénal. Una sua lettera, scritta per ingiunzione di un confessore, denuncia l’antico amante ed interrompe irrimediabilmente la carriera del giovane.
Trovatosi in chiesa con la signora di Rénal, Giuliano Sorel tenterà di ucciderla, sarà imprigionato e morirà sulla ghigliottina. Ma prima di essere condannato, Giuliano rivolge al tribunale terribili parole contro la società del suo tempo, attraverso le quali Stendhal arriva ad accusare delle contraddizioni sociali, non la individuale cattiveria dell’individuo, ma l’insufficienza dell’intera classe dominante.
Tutto ciò spiega abbastanza bene perché Stendhal fu fortemente avversato in Italia dalle censure austriaca e vaticana.

“Il rosso e il nero”. Perché questo titolo? Il romanzo uscì in pieno Romanticismo: si amavano le tinte forti, si indulgeva al bizzarro, al misterioso. Senza dubbio il titolo rispondeva al gusto dell’epoca, ma ciò non basta a giustificarlo. Probabilmente, in quei due colori Stendhal ha visto il simbolo dei contrasti ideali e politici nella Francia del suo tempo. Da una parte gli uomini nuovi: cuori appassionati, che sognavano imprese generose e un mondo migliore; dall’altra, una società tenacemente attaccata al passato, gelosa dei privilegi di casta. Fra quelle due opposte tendenze, visse e soffrì Stendhal: nella sua opera possiamo cogliere il senso dell’impossibilità di pace, l’ansia di vivere che lo tormentarono. Riconosciamo Stendhal in tutti i suoi personaggi: egli parla di loro come se parlasse di sé; i suoi romanzi diventano il diario della sua vita.
In Giuliano Sorel, nella signora de Rénal, in Matilde de La Mole, c’è l’uomo Stendhal, col suo cuore appassionato, con la sua convinzione che tutto è vanità, fuorché l’amore.
I protagonisti de “Il rosso e il nero” sono creature ardenti, anime in continua tensione, torturate da sentimenti contrastanti. Nella signora de Rénal lottano il senso del dovere e la passione; in Giuliano, la vanità e la generosità; in Matilde, l’orgoglio di casta e l’amore. La simpatia di Stendhal si volge più alla dolce e appassionata signora de Rénal che all’orgogliosa Matilde de La Mole. Sia per la signora de Rénal sia per madamigella de La Mole, Giuliano rappresenta la rivelazione dell’amore. Un amore tragico per entrambe. Ma, rispetto a Matilde, la figura della signora de Rénal mi appare assai più dolorosa; ella ha sacrificato a Giuliano tutto ciò che le premeva di più al mondo: la sua onestà di moglie, il suo esclusivo affetto per i figli. L’amore di Giuliano però non le può dare felicità, perché ella si sente colpevole e il rimorso non le dà mai tregua; tanto che, alla fine, il suo cuore non reggerà a così terribili prove.
La personalità di Giuliano Sorel è originale e complessa, assolutamente fuor del comune. Egli è per natura generoso e fiero, dotato di una straordinaria forza di volontà; ma la sua ambizione è enorme: pur di arrivare, accetta i compromessi più penosi. Entra perfino in seminario, senza alcuna vocazione religiosa, pur di conquistare una posizione autorevole nella società. Alla fine, questo Giuliano che avevamo giudicato un freddo calcolatore, distrugge tutta la sua opera con un folle gesto di rivolta: spara alla signora de Rénal, perché è venuta meno a quell’immagine di dedizione amorosa che egli conserva di lei. L’opera di Stendhal fu poco apprezzata dai contemporanei, sconcertati dalla novità di quel suo stile secco, quasi disadorno, di una grande chiarezza e semplicità. Tuttavia, quarant’anni dopo la morte dello scrittore, l’entusiasmo per la sua opera diventò quasi fanatico: si pubblicò tutto ciò che egli aveva scritto, si frugò dappertutto, alla ricerca di lettere, appunti, diari.

Conclusioni

Dopo aver tratteggiato la corruzione e l’ipocrisia della società in cui si muove il romanzo, cerco di indicare in poche parole il perché la lettura di questo libro è importante….
Tutto ciò viene mostrato al lettore attraverso gli occhi e le riflessioni del protagonista, del quale Stendhal sa rendere il carattere magistrale… Guidato dall’ambizione, Giuliano che pure aveva una forza di volontà non comune, intelligenza, cuore, coraggio, e malgrado tutto anche onestà di sentimenti, doti più che sufficienti per affermarsi, giustamente, nella vita, se non volle rimanere un legnaiolo come i suoi, dovette mettersi una maschera d’ipocrisia e scegliere una missione che non sentiva ed in cui non credeva, farsi prete, soltanto perché era l’unica attraverso la quale si poteva vivere bene e fare una carriera, dimostrando delle qualità. E quando, alla fine, dopo varie peripezie, viene condannato a morte egli si rammarica, non per la condanna che trova più che giusta, dato l’atto da lui commesso (tentato omicidio), ma perché essa gli viene inflitta non per il male fatto, ma per aver tentato ed essere riuscito,egli poveraccio qualsiasi, ad innalzarsi fino e più in alto dei suoi giudici, soltanto con i suoi meriti.
Con queste parole ho cercato di esporre chiaramente qual è il vero significato del romanzo…, una feroce critica della società borghese ormai in piena decadenza.
Ancor oggi Il rosso e il nero è uno dei libri più letti e commentati.
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Stendhal
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ALTRE OPERE DI STENDHAL

ARMANCE (1827) – È il romanzo dei problemi sentimentali e sessuali, trattati con delicata sensibilità e finezza.

LA BADESSA DI CASTRO…, I CENCI…, VANINA VANINI (1829-1839) – Sono tra i migliori racconti di Stendhal; lo scrittore ne ricavò la trama dalle vecchie cronache del Cinquecento e del Seicento che amava leggere durante il suo soggiorno in Italia.

VITA DI HENRY BRULARD (1835-1838) – È un’opera decisamente autobiografica, in cui l’autore compie un esame
obiettivo della propria vita e del proprio carattere. E’ un vero peccato che la narrazione si interrompa all’anno 1800, quando Stendhal va a raggiungere in Italia le armate di Napoleone.

LA CERTOSA DI PARMA (1839) – Ambientata in Italia, è un’opera complessa e affascinante, ricca di acute osservazioni politiche e psicologiche. Ammirevoli la spontaneità e la freschezza dello stile.

LUCIEN LEUWEN – Questo romanzo, rimasto incompiuto, fu pubblicato postumo. Interessante la figura dei generoso e cavalleresco protagonista.
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VEDI ANCHE . . .

LA CERTOSA DI PARMA – Stendhal

IL ROSSO E IL NERO – Stendhal

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