LE ODI – Giuseppe Parini

LE ODI

Giuseppe Parini

Introduzione

Il temperamento di Giuseppe Parini, fatto più di riflessione che di entusiasmo, trovò nell’amara ed elegante ironia del “Giorno” la sua espressione perfetta.
Meno felice egli è nelle “Odi”, in molte delle quali combatte per gli stessi ideali civili e umanitari che nel poema.

Recensione

“La vita rustica”, esaltazione della vita non servile, che il poeta si augura di condurre nei campi…
“La salubrità dell’aria” antitesi tra la sanità della Brianza, e le condizioni allora antiigieniche di Milano…
“L’Impostura”, in stile tra burlesco e satirico, contro questa sempre fortunata divinità: o si riveli nelle figure di Numa Pompilio, di Alessandro, di Maometto, o in quelle più tipiche, dell’età del poeta… il medico e il Tartufo…
“L’Educazione”, per il nobile allievo Carlo Imbonati, dove si insegna che la nobiltà è dalla virtù e non dal sangue…
“L’innesto del vaiuolo”, a sostegno dell’allora nuovo e molto contrastato rimedio contro quell’epidemia frequentissima…
“Il Bisogno”, vivace affermazione del principio che le leggi dovrebbero prevenire più che castigare i delitti, molte volte commessi per dura necessità…
“La Musica”, contro l’orribile consuetudine di mutilare i bambini, per farne dei cantanti.

Queste sono tra quelle che si potrebbero chiamare odi sociali del Parini…, nelle quali si sente lo studio più che l’impeto, e l’arte forse più che la poesia; ma per la serietà del contenuto, per il vigore dell’espressione, per quello stesso parlare più all’intelletto che all’orecchio spiccano alto sulla lirica del tempo, futile e facile e melodica.
Più eloquente è l’autore, dove tocca la corda morale…
Come nella possente ode “La caduta”, dove, a un cittadino che lo consiglia a far fruttare la sua poesia, prostituendola ai bassi istinti dei potenti, risponde con fierezza di poeta e di uomo offeso nel più profondo dei sentimenti: la dignità.
Né meno significativa, anche se meno bella è l’altra ode “A Silvia”, dove, a proposito di una moda molto libera venuta dalla Francia; e che si chiamava “alla ghigliottina”, ammonisce quanto in una donna sia necessaria la decenza, e come dalla licenza, essa trascorra rapidamente alla più spaventevole corruzione.
Né mancano liriche, se non proprio d’amore, di devozione fervida e appassionata alla bellezza: e sono del poeta già molto avanzato negli armi, e pure delle più spontanee.
Come “Il dono”, a proposito delle tragedie dell’Alfieri regalategli da una signora, dove il poeta ritrae il contrasto fra le immagini di letizia suscitategli dalla bella donatrice del libro, e quelle tetre che accompagnano la lettura delle tragedie alfieriane.
Anche più tenera è l’ode “Il messaggio”, a proposito di un’altra bella signora, che mandava a chiedergli notizie della malferma salute.
Artista squisito si rivela nell’ultima delle sue odi, la saffica “Alla Musa”.
Nella chiusa di essa esalta sé come “Italo cigno, Che, ai buoni amici, alto disdegna il vile Volgo maligno”: nei quali versi è il carattere saliente del poeta, così democratico nei suoi spiriti, così austero nella sua coscienza, così aristocratico nella sua arte.

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