A CIASCUNO IL SUO – Leonardo Sciascia

A CIASCUNO IL SUO

Leonardo Sciascia

Recensione

“A ciascuno il suo” è apparentemente un giallo.
Si narra la vicenda di un duplice omicidio avvenuto in un paese della Sicilia e dell’inchiesta che svolge un giovane professore di italiano e storia, prima per pura curiosità intellettuale e poi con sempre maggior partecipazione morale.
Su tale trama Sciascia innesta una divertita descrizione della società siciliana in una zona di provincia…, le chiacchiere in farmacia, gli intrallazzi dei notabili, l’ossessione del sesso, le maldicenze, le stramberie, sciorinando un repertorio di trovate umoristiche che rendono deliziosa la lettura di questo libro.
Tuttavia questa è solo la superficie del romanzo e il lettore che si fermasse ad essa si lascerebbe sfuggire il pathos più vero che anima il racconto del nostro autore.
Vediamo, allora, di andare più a fondo.
Leonardo Sciascia è, a mio parere, il miglior narratore della sua generazione, in quanto ha sempre continuato per la sua strada intrapresa senza lasciarsi fuorviare dalle mode, senza temere di non restare sulla cresta dell’onda perché estraneo a certi chiassoso circoli letterari, senza cercare in sperimentalismi formali una nuova dimensione che solo un approfondimento umano e ideologico può dare, senza preoccuparsi di apparire invecchiato perché concepisce la letteratura come impegno civile.
Sciascia, insomma, è uno dei pochi scrittori di quella sua generazione che non abbia avuto un vero e proprio crollo ideale a causa degli avvenimenti che si sono susseguiti nel nostro paese e nel mondo dopo la guerra di liberazione.
Non già che egli sia rimasto insensibile…, in tal caso sarebbe stato uno sciocco, un cieco ottimista e un autentico imbecille. Al contrario… in lui l’amarezza per lo slancio di rinnovamento perduto è coerente, e aperte e dolorose sono le ferite per le cento delusioni subite, per gli schemi ideologici rivelatisi inadeguati, parziali o addirittura falsi, per i tanti episodi nei quali è sembrato che le forze della rivoluzione si macchiassero delle stesse di quelle della reazione.
Ma tali esperienze, così crudelmente sofferte, non hanno fatto venir meno in lui la fiducia in alcuni valori dell’uomo…, non voglio dire della natura esterna dell’uomo (che non esiste), ma dell’uomo così come si è formato nel mondo moderno. Che sono i valori di assetto razionale della società, fondato sulla giustizia e sulla abolizione dello sfruttamento, della necessità di una società civile che non sia sopraffatta dalla politica, della solidarietà fra gli uomini, di principi morali che non debbono essere calpestati per ragioni di parte (anche se apparentemente nobili), di affetti sinceri che possano davvero unire le persone tra loro.
Certo Sciascia non manca di dare giudizi anche severi verso le forze di opposizione del nostro paese (la sinistra nel suo tempo)…, ma lo fa col cuore di chi, reso attento da tante esperienze, guarda con apprensione fenomeni di debolezza, di arrivismo, di compromesso con la coscienza o con l’avversario che pure si manifestano in quelle forze.
Tuttavia la sua scelta non è mai equivoca…, egli si è schierato da quella parte e l’oggetto della sua denuncia è la classe dirigente con la sua azione corruttrice, la sua mancanza di ideale, la sua incapacità di creare un ordine giusto e umano.
Il delitto mafioso siciliano non gli appare. Così, il frutto attardato di una società semifeudale ancora ai margini di una civiltà capitalistica, ma appare come una conseguenza di quella corsa allo sfruttamento, alla speculazione e al profitto che caratterizza tutta la società borghese, che determina i disastri come Longarone, le migliaia di omicidi bianchi nelle industrie, le sciagure minerarie, il deperimento fisico di milioni di lavoratori. 
Che differenza c’è, di fronte alla legge morale e all’esigenza di un ordinamento umano, fra lupara e il supersfruttamento? Fra l’omertà di cittadina terrorizzata dai mafiosi e l’oppressione in una fabbrica sotto la minaccia dei licenziamenti e della fame? 
Certo anche Sciascia ha l’amara consapevolezza che la resistenza è stata strozzata…, ma questo né lo porta a negare la portata rivoluzionaria di quel movimento, né lo fa attardare in un tardivo sentimento di delusione (per cui risulterebbe inutile oggi ogni azione), né gli fa sognare le inutili rivalse di obbiettivi astrattamente “più avanzati”, che rappresentano solo l’alibi psicologico di chi si sente definitivamente sconfitto.

Conclusioni

Ecco la chiave nella quale bisogna leggere questo libro di Sciascia che si presenta come un “giallo”, che può apparire un “divertimento”, che è ricco di umorismo e di pagine divertenti su ambienti e personaggi siciliani, ma che, in realtà, è un fermo atto di accusa alle classi dominanti e un richiamo per i deboli, per i delusi, per gli sconfortati alla passione civile e all’impegno morale.

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