CRISTIANESIMO E BUDDHISMO

Il dialogo cristiano-buddhista si è andato sviluppando negli ultimi decenni, nonostante le differenze teologiche e dottrinali e alcune prese di posizione di chiusura.
I protagonisti di questo dialogo sono, da parte cristiana, soprattutto gesuiti, domenicani, saveriani e silvestrini (e il Consiglio Pontifico per il dialogo interreligioso) e, da parte buddhista, il Dalai Lama, la “scuola di Kyoto” con Masao Abe e la Fondazione Maitreya di Roma.

Meditazione e preghiera: il dialogo cristiano-buddhista

Il brano che segue è tratto da Buddhismo (Editrice Queriniana, Brescia 1981).
L’autore, Heinrich Dumoulin, è un gesuita tedesco che ha vissuto per un quarantennio in Giappone, dove ha insegnato all’università Sophia di Tokio.
“Nessun altro elemento del buddhismo ha contribuito tanto al patrimonio religioso dell’umanità e ha trovato tanti ampi consensi quanto la meditazione buddhista. Già Friedrich Heiler, che pur disponeva di una conoscenza soltanto parziale delle vie buddhiste di meditazione, poneva in rapporto dialettico “Buddha, il maestro dello sprofondamento meditativo”, e “Gesù, il maestro della preghiera”.
Meditazione e preghiera non si escludono necessariamente a vicenda, ma il loro è un rapporto
polare. Queste due punte avanzate della pratica religiosa si possono completare e fecondare reciprocamente. Secondo queste premesse, la meditazione orientale ha un importante compito da espletare nell’Occidente.
La meditazione buddhista essendosi ormai diffusa in tutto il mondo, passa anche attraverso un processo di secolarizzazione, che si impone per la sua problematicità. Tale processo di secolarizzazione raggiunge il suo stadio più acuto quando forme di meditazione orientale e buddhista vengono equiparate all’uso della droga.
I maestri Zen giapponesi si sono dichiarati decisamente contrari al ricorso alla droga rifiutandosi di riconoscere l’equivalenza tra esperienze dovute alla droga e illuminazione Zen.
L’impiego della droga è la forma particolare di secolarizzazione che si verifica ai nostri giorni.
Non ogni forma di secolarizzazione però è necessariamente nociva ed è rilevante notare che, per quanto riguarda la meditazione Zen, la secolarizzazione è subentrata relativamente presto, almeno subito dopo l’introduzione dello Zen in Giappone.
Questo in seguito al fatto che I’influsso dei monasteri Zen giapponesi sulla vita culturale e artistica del paese si accompagnava a un’unione tra aspirazione religiosa e cure mondane nell’attività dei monaci. […]
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La meditazione zen: osservare la mente, trasformare la mente – NAZAV Training
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Nella loro pur varia differenziazione, le forme di meditazione buddhista, viste dalla prospettiva occidentale, hanno in comune la tendenza a ricercare non tanto l’acquisizione di concetti e conoscenze nuove, ma di stati psichici, di gradi di concentrazione e di nuovi stati di coscienza. Si tratta più di tecniche psicosomatiche che di assimilazione di contenuti spirituali.
Si evidenzia a questo punto una fondamentale differenza con la meditazione cristiana tradizionale che si orienta verso le Scritture e le verità credute per rivelazione divina.
In Occidente la meditazione buddhista fu a lungo pressoché ignorata per la visibile discrepanza con la mentalità occidentale, anche dopo che si venne a conoscenza della dottrina che la sorreggeva. È noto come tale situazione abbia subito un radicale mutamento negli ultimi secoli.
Si può dire che oggi il valore delle forme di meditazione buddhista è riconosciuto da larghi circoli occidentali. A ciò hanno contribuito da una parte gli studi scientifici della psicologia moderna e dall’altra le esperienze di coloro che si sono attivamente impegnati nella pratica della meditazione buddhista.
Da questa nuova situazione non si può certo dedurre che il divario tra meditazione buddhista e cristiana si sia annullato.
Tale differenza si mantiene inalterata, ma gli occidentali hanno capito l’importanza e I’utilità di uno studio serio delle forme di meditazione buddhiste. Anche molti circoli cristiani si sono rivolti con successo a pratiche orientali, promuovendo un processo di apprendimento delle tecniche meditative che è ancora in via di approfondimento.
La spiritualità cristiana non potrà mai rinunciare ai suoi contenuti originari e continuerà ad attenersi a essi anche nella pratica meditativa, però nulla si oppone al fatto che i cristiani adottino anche pratiche di meditazione buddhista e in particolare il metodo Zen che appare certamente il più collaudato.
Probabilmente ne deriveranno vie nuove di spiritualità meditativa, di cui non si possono ancora prevedere gli effetti positivi.
Per quanto riguarda l’incontro fra buddhisti e cristiani nell’ambito della meditazione, si intravedono molti importanti punti di contatto per un dialogo sui contenuti fondamentali della vita religiosa.
Un tale dialogo invita alla riflessione e al raccoglimento, si occupa meno del passato e della storia sollecitando invece un’apertura nuova al futuro.
Le religioni dal profondo della loro spiritualità devono sentire oggi più che mai di essere responsabili del futuro dell’umanità. E da esse ci si aspetta un contributo ineludibile alla causa del “nuovo” e del futuro, proprio perché traggono nutrimento dalla Causa ultima e alla Causa ultima rimandano.
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