MARXISMO E RELIGIONE – Stato confessionale e Stato laico – Karl Marx

MARXISMO E RELIGIONE

Sulla questione ebraica
 Stato confessionale e stato laico
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Sempre nella Questione ebraica Marx chiarisce come il passaggio dallo Stato confessionale (Stato cristiano) allo Stato laico (democratico-borghese) realizza al fondamento umano del cristianesimo.

L’uomo si emancipa politicamente dalla religione confinandola dal diritto pubblico al diritto privato. Essa non è più lo spirito dello Stato, dove l’uomo – anche se in modo limitato, sotto forma particolar€ e in una particolare sfera – si comporta come specie, in comunità con altri uomini; essa è divenuta lo spirito della società civile, della sfera dell’egoismo, del bellum omnium contra omnes ( * ).
Essa non è più l’essenza della comunità, ma l’essenza della distinzione. Essa è divenuta l’espressione della separazione dell’uomo dalla sua comunità, da sè e dagli altri uomini, ciò che essa era originariamente. Essa è ancora soltanto il riconoscimento astratto dell’assurdità particolare, del capriccio privato, dell’arbitrio.
L’infinito frazionamento della religione nell’America del Nord, ad esempio, già esternamente le conferisce la forma di una faccenda puramente individuale. Essa è stata relegata nel novero degli interessi privati, e in quanto ente comune esiliata dalla comunità.
Ma non ci si inganni circa i limiti della emancipazione politica. La scissione dell’uomo nell’uomo pubblico e nell’uomo privato, il trasferimento della religione dallo Stato alla società civile, non sono un gradino, sono il compimento dell’emancipazione politica, che pertanto sopprime la religiosità reale dell’uomo tanto poco quanto poco tende a sopprimerla.
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La scomposizione dell’uomo nell’ebreo e nel cittadino, nel protestante e nel cittadino, nell’uomo religioso e nel cittadino, questa scomposizione non è una menzogna contro la qualità di cittadino, non è un modo di eludere l’emancipazione politica, essa è l’emancipazione politica stessa, è il modo politico di emanciparsi dalla religione.
Certamente: in epoche in cui Io Stato politico in quanto Stato politico viene generato con violenza dalla società civile, in cui l’auto-liberazione umana tende a compiersi sotto la forma dell’auto-liberazione politica, lo Stato può e deve procedere fino alla soppressione della religione, fino all’annientamento della religione, ma solo così come procede alla soppressione della proprietà privata, al massimo, con la confisca, con l’imposta progressiva, come procede alla soppressione della vita con la ghigliottina.
Nei momenti del suo particolare sentimento di sè, la vita politica cerca di soffocare il suo presupposto, la società civile e i suoi elementi, e di costituirsi come la reale e non contraddittoria vita dell’uomo come specie. Essa può questo, nondimeno, solo attraverso una violenta contraddizione con le sue proprie condizioni di vita, solo dichiarando permanente la rivoluzione, e il dramma politico finisce perciò altrettanto necessariamente con la restaurazione della religione, della proprietà privata, di tutti gli elementi della società civile, così come la guerra finisce con la pace.
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Di più, non il cosiddetto Stato cristiano, che riconosce il cristianesimo come proprio fondamento, come religione di Stato e si comporta perciò in modo esclusivo verso le altre religioni, è lo Stato cristiano perfetto, ma lo è piuttosto lo Stato ateo, lo Stato democratico, lo Stato che confina la religione tra gli elementi della società civile. Lo Stato che è ancora teologo, che fa ancora in forma ufficiale professione di fede cristiana, che non osa ancora proclamarsi Stato, non è ancora riuscito a esprimere in forma mondana, umana nella sua realtà in quanto Stato, il fondamento umano, la cui espressione esagerata è il cristianesimo.
Il cosiddetto Stato cristiano è semplicemente il non-Stato, poichè non il cristianesimo come religione, ma soltanto lo sfondo amaro della religione cristiana può attuarsi in creazioni realmente umane.
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Il cosiddetto Stato cristiano è la negazione cristiana dello Stato, e per nulla affatto la realizzazione statale del cristianesimo. Lo Stato che riconosce ancora il cristianesimo nella forma della religione, non lo riconosce ancora nella forma dello Stato perchè si comporta ancora religiosamente verso la religione, cioè esso non è l’attuazione reale del fondamento umano della religione, poichè ancora si richiama alla irrealtà, alla figura immaginaria di questo nocciolo umano.
Il cosiddetto Stato cristiano è lo Stato incompiuto, e la religione cristiana gli vale come integrazione e come santificazione della sua incompiutezza.
La religione diviene quindi per esso necessariamente un mezzo, ed esso è lo Stato della ipocrisia.
È cosa diversa se lo Stato perfetto, a causa del difetto insito nell’essenza universale dello Stato, annovera la religione tra i propri presupposti, ovvero se lo Stato imperfetto, a causa del difetto insito nella sua esistenza particolare, in quanto Stato difettoso, dichiara proprio fondamento la religione.
Nell’ultimo caso la religione diviene politica incompiuta. Nel primo caso nella religione si mostra la stessa incompiutezza della politica perfetta.
Il cosiddetto Stato cristiano ha bisogno della religione cristiana per potersi completare come Stato.
Lo Stato democratico, lo Stato reale, non ha bisogno della religione per il proprio completamento politico. Esso può anzi astrarre dalla religione poichè in esso il fondamento umano della religione è attuato mondanamente.
Il cosiddetto Stato cristiano, viceversa, si comporta politicamente verso la religione e religiosamente verso la politica. Se abbassa ad apparenza le forme statali, abbassa tuttavia parimenti ad apparenza la religione.
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Nello Stato cristiano-germanico il dominio della religione è la religione del dominio.
La separazione dello “spirito del Vangelo” dalla “lettera del Vangelo” è un atto irreligioso. Lo Stato che fa parlare il Vangelo con la lettera della politica, cioè con altra lettera che la lettera dello Spirito Santo, compie un sacrilegio, se non di fronte agli occhi degli uomini, per lo meno di fronte ai suoi stessi occhi religiosi.
A quello Stato che riconosce il cristianesimo come sua norma suprema, la Bibbia come usa Carta, si devono contrapporre le parole della Sacra Scrittura, perchè la Scrittura è sacra fin nella parola.
Questo Stato, come pure l’immondizia umana sulla quale esso si basa, dal punto di vista della coscienza religiosa cade in una contraddizione insormontabile se lo si rimanda a quei precetti del Vangelo che esso “non solo non segue, ma eppure può seguire, se non vuole, in quanto Stato dissolversi completamente”.
E perchè non vuole dissolversi completamente? Esso stesso non può rispondere a questa domanda, nè a sè nè ad altri. Dinnanzi alla sua propria coscienza, lo Stato cristiano ufficiale è un dovere, la cui realizzazione è irraggiungibile, e soltanto mentendo a se stesso, esso può constatare la realtà della propria esistenza, e rimane perciò sempre per se stesso un oggetto di dubbio, un oggetto ambiguo, problematico.
La critica dunque si trova nel pieno diritto di costringere lo Stato che si richiama alla Bibbia, alla follia della coscienza, in cui esso stesso non sa più se è una fantasia  una realtà, in cui l’infamia dei suoi scopi mondani, ai quali la religione serve da mascheratura, entra in conflitto insolubile con l’onestà della sua coscienza religiosa, cui la religione appare come lo scopo del mondo.
Questo Stato può riscattarsi dal suo tormento interiore soltanto divenendo lo sbirro della Chiesa cattolica. Di fronte ad essa, che dichiara proprio corpo servente il potere mondano, lo Stato è impotente, impotente il potere mondano che asserisce di essere l’autorità dello spirito religioso.
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* ) Guerra di tatti contro tutti. E’ il principio egoistico e individualistico della società capitalistico-borghese. Già Hobbes aveva illustrato nel suo Leviatano, che nella società civile l’uomo si comporta da lupo nei confronti degli altri uomini (Homo homini lupus).
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