LETTERATURA NEL MEDIOEVO – IL TRECENTO

Dante, Boccaccio, Petrarca, Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Guittone di Arezzo

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LA LETTERATURA NEL MEDIOEVO

IL TRECENTO 

Durante il secolo XIV continuò il declino delle entità politiche che fino ad allora avevano avuto maggiori ambizioni in campo internazionale: la Chiesa e l’Impero. La prima dovette abbandonare i suoi sogni teocratici (cioè di potere politico) e, anzi, perse nei fatti la propria autonomia: l’egemonia del nuovo Regno di Francia si rivelò tale che fino al 1377 la Chiesa fu costretta a trasferire la sede pontificia da Roma ad Avignone. Questo periodo (definito “cattività avignonese”) contrassegnò una fase di vistosa decadenza di moralità e di prestigio dell’istituzione ecclesiastica. Quando Gregorio XI riporterà la sede pontificia a Roma, i cardinali francesi procederanno all’elezione di un antipapa, insediato sempre ad Avignone. Si produsse così una contrapposizione diretta tra papa romano e papa avignonese, che culminò con lo Scisma d’Occidente, che divise l’Europa in due blocchi antagonisti.
Anche l’Impero fu costretto a rinunciare alle sue pretese di dominio, poiché si andavano sempre più rafforzando le monarchie nazionali. In Italia più volte si era scontrato con le richieste d’indipendenza dei Comuni, che avevano difeso gelosamente la propria autonomia. Ma, a partire dalla seconda metà del Trecento, il Comune si trasformò e spesso, più o meno velocemente, si avviò a diventare una Signoria. Ciò si accentuò nel corso del secolo successivo per varie ragioni: nella città si inasprirono le lotte tra partiti e fazioni; nacquero nei ceti sociali più forti esigenze di espansione territoriale ed economica; gli organismi amministrativi comunali si rivelarono inadeguati e venne ad avere sempre più potere il podestà o capitano del popolo, sorta di arbitro imparziale, esterno alla vita cittadina, chiamato per risolvere le controversie e mettere pace tra i contendenti. Questa figura di paciere divenne via via sempre più stabile: nacque così il “Signore”. Dapprima temporanea, questa istituzione acquistò col tempo un carattere permanente, fino a trasformarsi in ereditaria. La Signoria si sostituì così ai Comuni, estendendo il proprio controllo nei territori limitrofi e cercando progressivamente di espandere la propria potenza. Già alla fine del Duecento c’erano numerose Signorie: gli Scaligeri a Verona, i da Carrara a Padova, i da Polenta a Ravenna, i Montefeltro a Urbino e Visconti a Milano. Spesso le Signorie entrarono il conflitto tra di loro, nel tentativo di creare dei piccoli Stati di vaste dimensioni territoriali. Ad esempio i Visconti nel corso del Trecento allargarono a tal punto i loro domini nell’Italia settentrionale e centrale da far pensare alla nascita di uno Stato moderno, simile alle altre monarchie nazionali. Già alla fine del Trecento, quando la carica di Signore cominciò a divenire ereditaria, si profilò un’ulteriore evoluzione politica: dalla Signoria si passò al Principato, vero e proprio piccolo Stato, in continua guerra contro gli Stati confinanti, che ormai aveva sostituito le milizie cittadine comunali con le truppe mercenarie e le compagnie di ventura.
Il Signore si circondò di una corte, a cui appartenevano anche gli uomini dotti e gli intellettuali dell’epoca, che serviva per dare prestigio allo Stato. Proprio come all’epoca dell’imperatore romano Augusto, il Signore assunse le funzioni anche di mecenate, cercando di suscitare simpatia e ammirazione intorno a sé e di usare la cultura come strumento di persuasione. Essere un poeta, un pittore o un musicista divenne un mestiere, il che però comportò una certa dipendenza dalle decisioni prima del Signore e poi del Principe, ovvero un certo ridimensionamento della libertà dell’intellettuale.

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