LETTERATURA DEL RINASCIMENTO

LETTERATURA DEL RINASCIMENTO

Il periodo del Rinascimento – che si suole collocare tra la seconda metà del Quattrocento e la fine del Cinquecento – è uno dei più complessi e più ricchi della civiltà europea. La penisola italiana dapprima attraversò decenni di crescita economica e un quarantennio quasi di pace, assicurati dalla politica d’equilibrio del Magnifico. Tuttavia fu la quiete che preludeva alla tempesta: nel 1503 la Francia e la Spagna si installarono nel territorio italiano, le cui sorti rimasero a lungo in balia della sete di predominio delle due potenze europee.
La fase successiva – in cui emerse la figura di Carlo V (re di Spagna e al contempo imperatore) e che si concluse con la pace di Cateau-Cambrêsis (1559) – segnò definitivamente il trionfo della potenza spagnola in Europa. L’Italia, dopo il primo fulgore, non solo perse la propria indipendenza e divenne per secoli oggetto di contesa delle più forti monarchie nazionali, ma, a seguito delle scoperte geografiche e della riforma protestante, alla fine del Cinquecento si trovò collocata ai margini dei centri direzionali della politica europea.
Il termine Rinascimento designa appunto quella civiltà artistica e culturale figlia dell’Umanesimo, che fiori in Italia prima della crisi e della decadenza economica, politica e intellettuale del XVII secolo. L’etimologia stessa della parola racchiude un’idea di rinascita e di risorgimento della cultura e delle arti dopo i secoli bui del periodo medievale. Si è già detto come il Rinascimento nasca dal movimento umanistico, che poneva al centro della sua elaborazione i modelli classici. A fianco di ciò che viene definito classicismo rinascimentale emersero altre componenti che caratterizzarono la cultura di quel periodo: venne sempre più esaltato l’ideale dell’armonia, come equilibrio tra istinto e ragione, tra capacità fisiche e doti intellettuali. Inoltre si andò affermando una concezione della vita più libera, che discendeva dall’esaltazione della libertà e della dignità dell’uomo e dalla riscoperta della natura in tutti i suoi aspetti.
In sintesi la civiltà rinascimentale sviluppò e perfezionò i principi elaborati dall’Umanesimo. Lo stesso uso della lingua latina risultò troppo riduttivo e poco congeniale alle esigenze espressive di un ceto intellettuale sempre più critico, realistico e interessato a nuove forme letterarie.
Si preferì scrivere in volgare, per essere letti e compresi da un più vasto numero di persone e, grazie alla introduzione della stampa (1455 circa), la produzione di libri poté raggiungere un pubblico colto più ampio.
Il movimento rinascimentale si diffuse presso tutti gli Stati regionali italiani (Signorie e Principati) e le corti divennero i veri centri della vita culturale dell’epoca. I principi fecero a gara per circondarsi degli ingegni più alti e degli artisti più famosi, trasformandosi in generosi mecenati. Attorno alle grandi dinastie italiane e durante gli anni del pontificato di Giulio II (1503-1513) e poi di Leone X (1513-1521) operarono architetti, pittori e scultori come Michelangelo, Bramante, Raffaello, Giorgione e Tiziano, che abbellirono le capitali degli Stati italiani.
Nell’ambito letterario molti scrittori e poeti si affermarono e si imposero all’attenzione delle corti cinquecentesche, formate da cortegiani e da dame di palazzo desiderosi di possedere una cultura elevata. Tra questi spiccano Niccolò Machiavelli, Francesco Guicciardini, Baldessar Castiglione, Pietro Bembo e Ludovico Ariosto.
Niccolò Machiavelli (1469-1527) portò alle estreme conseguenze la riscoperta della ragione fatta dall’Umanesimo e fondò una nuova scienza: la politica. Nella sua- opera principale – Il Principe (1513) – analizza in modo lucido i motivi e i criteri che guidano l’azione umana e, soffermandosi sulle tristi condizioni dell’Italia, auspica che un individuo al di sopra della norma (il principe) si elevi sulle masse, per creare uno Stato moderno e ben organizzato. Nella sua opera Machiavelli mostra una straordinaria capacità di osservazione, che lo spinge a dipingere l’animo umano con realismo impietoso, ma attesta anche di essere un intelligente pensatore politico, che sa progettare uno Stato nuovo, privo di ingerenze straniere.
Un altro grande scrittore politico che indaga con rigore sulle cause e sui fini delle azioni degli uomini è Francesco Guicciardini (1483-154O). Nelle sue opere storiche – Ricordi politici e civili e Storia d’Italia – deplora le condizioni politiche in cui si trova l’Italia. Tuttavia non sogna come Machiavelli la figura di un principe liberatore, ma esprime un pessimismo senza conforto, totale e amaro sulle sorti future della penisola.
Tra le personalità di maggior spicco del dibattito culturale del Rinascimento meritano attenzione due finissimi letterati: Baldesar Castiglione (1478-1529) e Pietro Bembo (1470-1547).
Il primo ne Il Cortegiano seppe offrire il ritratto ideale dell’uomo di corte; il secondo nelle Prose della volgar lingua intervenne in modo decisivo nella discussione che si era aperta sulla lingua italiana, sostenendo che i modelli linguistici andavano ricercati nei grandi scrittori del Trecento, e precisamente in Petrarca per la poesia e in Boccaccio per la prosa.

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