ULTIMA CENA – Pieter Paul Rubens

ULTIMA CENA (1631-1632)
Pieter Paul Rubens (1577-1640)
Olio su tavola cm 304 x 206
Pinacoteca di Brera, Milano

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L’Ultima Cena si colloca in un momento di poco successivo al soggiorno di Rubens a Madrid, ospite di Filippo IV, dove ebbe la possibilità di studiare le opere di Tiziano, conservate all’Escorial. Il pittore fiammingo rimase particolarmente affascinato dall`arte del maestro veneziano, tanto che nei dipinti di questo periodo si converti a una stesura dei colori più calda e intrisa di luce.
In questa tela sono evidenti reminiscenze di altri pittori italiani, come Veronese e Caravaggio, che l’artista aveva a lungo osservato durante i suoi viaggi in Italia.
In particolare, l’apostolo in primo piano a sinistra ricorda una figura della Vocazione di San Matteo di Caravaggio, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.
Altre suggestioni, forse, gli giunsero dall’Ultima Cena; dipinta dal Cigoli nel 1591 per la Collegiata di Empoli e dalla pala, raffigurante lo stesso tema, di Otto Van Veen, nella cattedrale di Anversa.
Come in molte sue opere, soprattutto dell’ultimo periodo, Rubens affidò larga parte dell’esecuzione ai suoi numerosi discepoli, che popolavano la sua bottega per poter soddisfare le continue commissioni.
In origine l’Ultima Cena era dotata anche della predella, raffigurante l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme e la Lavanda dei piedi.

L’opera fu eseguita da Rubens tra il 1631 e il 1632, su commissione di Catherine Lescujer, destinata al1’altare del Santissimo Sacramento nella chiesa di San Romualdo a Malines. Nel 1794 venne rimossa dai commissari della Repubblica francese; dopo la disfatta di Napoleone a Waterloo fu restituita al Belgio, ma nel 1817 fu scambiata con altri dipinti della Pinacoteca di Brera.
Il bozzetto della composizione si trova oggi al Museo Puskin di Mosca e le due tavole della predella sono conservate al Musée des Beaux-Arts di Digione.

 

L’officina di Rubens

È impossibile sapere con esattezza il numero degli allievi che frequentarono l’atelier di Rubens ad Anversa. Infatti egli, come pittore di corte, non era obbligato a registrare i suoi collaboratori negli elenchi ufficiali della gilda dei pittori, come invece era prescritto per gli altri artisti. Non essendo in condizione di poter assolvere alle commissioni, anche perché spesso impegnato in attività diplomatiche, Rubens fu costretto a ricorrere all’opera di numerosi collaboratori, aiuti, allievi e specialisti come Frans Pourbus, specialista di ritratti, Frans Snyder, che dipingeva soprattutto paesaggi e scene di caccia, e Jan Bruegel, detto “dei Fiori” o “dei Velluti”, specializzato in motivi floreali.
Che la bottega di Rubens fosse una specie di officina è confermato da autorevoli testimonianze come, ad esempio, quella di Otto Sperling, medico del re di Danimarca, che -nel 1621 visitò il celebre atelier. Nelle sue memorie, il medico descrive un’ampia sala “con una grande apertura in mezzo al soffitto”, nella quale stazionavano “molti giovani che lavoravano a diverse tavole, di cui Rubens aveva precedentemente preparato gli schizzi con il gesso”.

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