ENERGIA SOLARE – IL POTENZIALE ENERGETICO

Negli ultimi anni, in conseguenza della crisi energetica determinata dall’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi) negli Stati Uniti e in vari Paesi d’Europa, si è lavorato allo sfruttamento dell’energia solare per usi civili. Tale attività si è rivolta alla produzione, fornitura e installazione di pannelli solari, pompe e sistemi di controllo elettronici specificamente studiati per gli impianti solari, in grado di fornire alle abitazioni acqua calda, riscaldamento e aria condizionata. Si possono collocare i pannelli anche sui tetti delle fase tradizionali, ma è preferibile disporre di una costruzione già progettata per lo sfruttamento dell’energia solare e dotata del necessario impianto.

ENERGIA SOLARE – IL POTENZIALE ENERGETICO

Come, nel corso dei secoli, l’uomo ha applicato le proprie capacità inventive per raccogliere e sfruttare l’energia prodotta dal Sole.

 

circa 400 a.C.: in faccia al Sole

La nozione del potenziale energetico del Sole è assai antica. Il filosofo greco Socrate, nel V secolo a.C., raccomandava che le case fossero costruite con un lato alto a sud, per catturare il sole invernale, e un lato basso a nord, per escludere i freddi venti settentrionali. Un consiglio cui oggi si attengono i progettisti di case dotate di apparecchiature solari.
Si racconta che lo scienziato greco Archimede, nel 214 a.C., inventò un sistema per attaccare le navi romane ormeggiate davanti alla città di Siracusa, assediata. Fece disporre sulla riva una serie di levigatissimi specchi metallici, in modo che riflettessero i raggi solari concentrandoli sulle navi nemiche, che ne rimasero incendiate. La cosa è improbabile, dato il livello tecnologico di quei tempi, ma il principio in sé è inconfutabile.
Attraverso i secoli, molti inventori hanno cercato di elaborare tecniche atte a sfruttare i raggi solari per molti scopi, dall’azionare un motore al pompare acqua, al riscaldare le case.
Quasi tutte le antiche invenzioni hanno però l’aria di essere state piú che altro esercitazioni teoriche, ed è difficile dire se abbiano mai funzionato praticamente. Un francese, Salomon de Caus, affermò per esempio di aver inventato, nel 1615, una pompa azionata dall’energia solare, ma certo l’invenzione non ebbe applicazioni significative. Il fisico svizzero Horace-Bénédict de Saussure (1740-1779) realizzò una pentola solare consistente in una serie di elementi concentrici di vetro, con funzione di lenti, che concentravano i raggi solari su un compartimento centrale al cui interno l’inventore fece cuocere un po’ di zuppa.

1861: una caldaia solare aziona una macchina a vapore

Nel XIX secolo fecero la loro comparsa alcune macchine piú pratiche. Augustin Mouchot, un insegnante francese, brevettò nel 1861 un motore solare: uno specchio concentrava i raggi solari su una piccola caldaia che azionava una macchina a vapore. Nel 1869 Mouchot pubblicò il primo libro che tratta dell’energia solare, e nove anni dopo dimostrò all`Esposizione di Parigi il funzionamento di un frigorifero a energia solare.

1872: acqua potabile mediante distillazione con energia solare

Un vero successo lo ottenne il primo impianto di distillazione a energia solare, costruito nel 1872 a Las Salinas, in Cile, su progetto dell’inglese Charles Wilson. L’acqua del luogo, troppo salina, non era potabile, perciò Wilson disegnò un distillatore in cui l’acqua, riscaldata dal calore solare, evaporava liberandosi dei sali. Il vapore, fatto condensare, diventava acqua potabile. L’impianto, formato da 64 elementi coperti di vetro, produceva giornalmente 19.000 litri d’acqua potabile a un costo pari a un quarto di quello che sarebbe stato necessario con un distillatore riscaldato a carbone.
I distillatori solari imitano il ciclo dell’acqua in natura, durante il quale il Sole fa evaporare l’acqua dalla superficie dei mari; nell’atmosfera, il vapore acqueo si condensa e infine ricade sotto forma di precipitazioni. I distillatori sono le macchine solari piú semplici e trovano tuttora impiego in regioni costiere aride.

1973: l’interesse è ridestato dalla crisi del petrolio

Gran parte del XX secolo è stata contrassegnata dalla disponibilità di combustibili fossili a buon mercato, e di conseguenza è stata trascurata l’energia solare. L’interesse è rinato con la crisi del petrolio del 1973, e oggi essa trova sempre piú vaste applicazioni. Queste ricadono in tre categorie: sfruttamento dell’energia solare sotto forma di calore; conversione della stessa in elettricità; suo accumulo in specie vegetali sfruttabili per trarne combustibili.

Il Sole per riscaldare acqua e ambienti

L’uso piú comune dell’energia solare lo si fa per il riscaldamento dell’acqua e degli edifici mediante pannelli o collettori. Sono stati progettati numerosissimi tipi di collettori, tutti però ispirati agli stessi principi. Acqua (piú di rado, aria) viene fatta circolare attraverso un serpentino, alloggiato entro una scatola a forma di parallelepipedo, con il coperchio trasparente rivolto verso il Sole. Il serpentino è saldamente fissato a una lastra piatta, di solito verniciata di nero al fine di assorbire la maggior quantità possibile di radiazioni solari. Sul retro della lastra e sui lati del pannello, vi è uno strato di materiale isolante, per ridurre al minimo le dispersioni di calore. Il liquido, entrando nel serpentino, raccoglie una parte del calore assorbito dalla lastra e ne esce a temperatura piú alta. Il guadagno di temperatura dipende dalla velocità del liquido, dall’efficienza del collettore e dall’intensità dei raggi solari. Può andare dai pochi gradi necessari al riscaldamento dell’acqua di una piscina, ai 40-50° per il riscaldamento dell’acqua per usi domestici, o anche piú per certe utilizzazioni industriali.
L’invenzione del pannello solare è generalmente attribuita a Horace-Bénédict de Saussure, che ottenne una temperatura di 88° impiegando una semplice scatola di legno col coperchio di vetro c il fondo nero.
Dall’inizio della crisi energetica, nel 1973, sono stati prodotti e venduti molti milioni di pannelli solari: 3 milioni nel solo Giappone. Ai fini di migliorare il rendimento, sono stati realizzati speciali collettori: i tubicini in cui passa l’acqua da scaldare sono alloggiati entro tubi piú grandi nei quali, per ridurre le perdite di calore, è stato fatto il vuoto. Questi collettori sono soprattutto convenienti alle alte temperature, allorché la dispersione di calore per irraggiamento, convezione e conduzione, diventa piú significativa.
Alle latitudini adatte, i pannelli solari possono fornire tutta l’acqua calda necessaria a una famiglia, ma non è questo il caso dell’Europa continentale e di gran parte degli Stati Uniti. I collettori solari funzionano anche quando il Sole è coperto dalle nubi, anche se la loro efficienza subisce una forte diminuzione.
I pannelli solari si possono usare anche per il riscaldamento degli edifici. I migliori risultati si ottengono quando l’edificio stesso è progettato in funzione del riscaldamento a energia solare. Esso avrà ampie finestre orientate verso il Sole, per avere il massimo assorbimento di calore nelle ore diurne, e chiusure termicamente ben isolate per minimizzare la dispersione di calore in quelle notturne. Un ottimo isolamento del tetto, dei muri perimetrali e, se necessario, dei pavimenti, riduce ulteriormente le dispersioni di calore. Se si aggiungono il calore emanato da forni, lampadine, elettrodomestici, apparecchi televisivi, e quello animale prodotto dai corpi umani, ecco che il riscaldamento può essere integralmente assicurato.
Per i periodi freddi o nuvolosi di una certa durata, le case solari sono di solito dotate di un deposito, o riserva di calore: un serbatoio d’acqua calda o materiali a forte capacità di assorbimento di calore, come le pietre, che possono essere “caricati” quando c’è il Sole. Il deposito di calore, situato in cantina o nel seminterrato viene alimentato dai tubi in cui scorre l’acqua riscaldata dai pannelli solari. Gli stessi tubi, al bisogno, servono per estrarre il calore accumulato dalle pietre.
Gli impianti di riscaldamento a energia solare nelle normali abitazioni civili danno risultati meno soddisfacenti. La maggior parte degli edifici progettati e costruiti nell’era dei combustibili a buon mercato sono scarsamente isolati e pieni di spifferi. In questi casi è piú conveniente investire i propri soldi per migliorare la conservazione del calore prodotto con i combustibili convenzionali, isolando termicamente il tetto, imbottendo le cavità fra le pareti, installando i doppi vetri.
Tuttavia in una casa ben isolata dal punto di vista termico, i pannelli solari possono contribuire a ridurre il fabbisogno di calore convenzionale. Resta comunque la necessità di far fronte ai periodi piú freddi dell’anno, grazie a un normale e costoso impianto di caloriferi.

Elettricità dal calore solare

È stato approfondito anche il problema di sfruttare il calore solare per produrre energia elettrica. I metodi sono due: sfruttare il calore solare per portare a ebollizione liquidi che azionino una turbina, o convertire direttamente il calore in elettricità mediante celle solari. Una “torre solare” consiste in una numerosa serie di specchi mobili, che seguono l’apparente passaggio del Sole nel cielo, concentrandone i raggi verso un grande contenitore centrale posto su un alto traliccio. Un impianto pilota è stato realizzato in Italia, a Sant’Ilario di Nervi: impiega 270 specchi del diametro di circa 1 metro e può produrre vapore surriscaldato a 500°.
Un altro progetto, proposto da Aden e Marjorie Meinel, pionieri statunitensi degli studi in questo campo, è quello della “fattoria solare”.
File di riflettori parabolici concentrerebbero i raggi solari su condutture contenenti una soluzione salina o gas caldi. Questi, riscaldati, verrebbero pompati, attraverso tubazioni termicamente isolate, a una centrale per la produzione di energia elettrica. La fattoria solare presuppone cieli limpidi e molto sole, quindi la sua collocazione ideale potrebbe essere in qualsiasi regione desertica.
Torri e fattorie solari possono funzionare solo di giorno. Invece gli impianti, definiti con la sigla OTEC, per la conversione termo-elettrica delle acque marine, sfruttano il calore che vi si accumula e possono funzionare ininterrottamente. Questo sistema sfrutta la differenza di temperatura, di circa 20° C, esistente nella fascia tropicale fra le acque marine superficiali e quelle profonde.

Gli oceani e i mari accumulano costantemente ingenti quantità di radiazioni solari. Negli Stati Uniti si stanno costruendo grandi apparecchiature chiamate OTEC (Ocean Thermal-Electric Conversion) che, quasi interamente sommerse, convertiranno l’energia solare in elettrica. La loro realizzazione pratica e imminente. Lunghe fino a 600 metri, saranno installate soprattutto in quelle acque che sono interessate dalla Corrente del Golfo.

Nel 1881 un inventore francese, J. d’Arsonval, suggerì la possibilità di sfruttare questo sbalzo termico per azionare un motore. La prima dimostrazione pratica si deve al fisico e industriale francese Georges Claude, che negli anni Venti convinse le autorità del suo Paese a finanziare la costruzione di un impianto da 22 kW davanti alle coste di Cuba. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i Francesi costruirono parecchi altri impianti OTEC, il piú grande dei quali ha una capacità di 7,5 MW. Ma tutti si rivelarono antieconomici.
Di recente si è riacceso l’interesse per questo tipo di impianti, e gli Stati Uniti hanno costruito uno di grandi dimensioni al largo della Florida per verificare la validità del metodo. Il principio è semplice: le acque calde superficiali sono usate per far bollire un fluido a basso punto di ebollizione, propano o ammoniaca. Il gas prodotto si espande e mette così in movimento turbine che producono energia elettrica. Successivamente torna allo stato liquido entro condensatori, raffreddati con acqua fredda pompata dagli strati marini piú profondi. Il liquido è cosi pronto per una nuova ebollizione e per la ripetizione del ciclo.
Un analogo approccio teorico è stato adottato in Israele, dove sono allo studio grandi vasche solari. Quando l’acqua di una vasca è riscaldata dal Sole, le normali correnti di convezione in genere fanno sì che tutta l’acqua si mantenga a una temperatura pressoché uniforme. Ma può essere fatta stratificare artificialmente, sciogliendovi sali la cui concentrazione è ovviamente maggiore negli strati piú profondi.
Lo strato inferiore è così denso che, quando è riscaldato dai raggi solari che filtrano attraverso gli strati superiori, le sue acque sono tanto pesanti che non possono salire in superficie. In tal modo viene soppresso il naturale fenomeno della convezione. Se nulla viene a disturbare la stratificazione esistente, lo strato piú basso si riscalda sempre piú, e la vasca diventa una specie di combinazione tra un collettore di energia solare e un serbatoio di calore. Entro lo strato piú basso può essere installato un serpentino, nel quale circoli un liquido piú freddo per sottrarre calore all’acqua circostante.

Elettricità direttamente da celle solari

Secondo molti fautori dell’energia solare, un metodo interessante di produzione di energia elettrica è quello per conversione diretta mediante celle solari. I primi apparati di valore pratico furono prodotti nel 1954, negli Stati Uniti, dai Bell Telephone Laboratories. I ricercatori scoprirono che una cella, formata da un sottile strato di silicio posto a contatto con uno strato ancora piú sottile di silicio impregnato di boro, era in grado di convertire direttamente la luce solare in energia elettrica. La luce, cadendo sullo strato esterno, provoca una migrazione di elettroni nell’altro strato di silicio, creando così una differenza di potenziale elettrico. Per produrre una quantità apprezzabile di energia, è necessario collegare in serie un certo numero di celle.
Le celle solari presentano molti vantaggi. Nessuna parte mobile, lunga durata, scarsa necessità di manutenzione, nessun fabbisogno di carburante. Ma hanno anche degli svantaggi. Il loro massimo rendimento, in teoria, è solo del 25 %, e in pratica non supera il 16 %. Il silicio costa poco o nulla, ma trarne i singoli cristalli necessari nelle celle solari richiede una lavorazione costosa. Vi sono comunque alcune applicazioni convenienti delle celle solari. Finora tutti i veicoli spaziali sono stati approvvigionati di energia elettrica grazie a batterie di celle solari, che sono impiegate anche nelle stazioni meteorologiche e nelle boe automatiche.
Il piú avanzato e ambizioso progetto in questo campo è quello presentato nel 1968 dall’americano Peter Glaser. Esso prevede la collocazione in orbita, a circa 37.000 km sopra l’equatore, di un enorme banco di celle solari. La quantità di radiazioni solari captabile nello spazio sarebbe fino a 15 volte superiore a quella captabile da un analogo impianto, posto sulla superficie terrestre. L’energia elettrica generata dalle celle verrebbe convertita in un poderoso fascio di microonde, e inviata a una stazione ricevente a terra.

Agli inizi degli anni Cinquanta l’americana Bell Telephone Company realizzò le prime celle solari d’impiego pratico, atte a convertire l’energia dei raggi solari in energia elettrica. Sono formate da due strati di un cristallo semiconduttore, il silicio, usato anche nei circuiti elettronici integrati. Per un’emissione apprezzabile, ê necessario mettere in serie decine di celle. I vantaggi offerti sono la lunga durata e la minima manutenzione richiesta. Inoltre, le celle non usano combustibili.

Energia solare per produrre combustibile

Si pone invece su un piano piú modesto l’idea di usare l’energia solare per produrre vegetali da sfruttare come carburanti. Le disponibilità di legna da ardere non possono tenere il passo con la crescente richiesta di combustibili da parte dell’uomo moderno. Quindi gli scienziati sono alla ricerca di sistemi grazie ai quali accrescere l’efficienza con cui le piante, mediante la fotosintesi, trasformano le radiazioni solari in composti organici. Certe possibilità sono offerte dalla canna da zucchero, da cui si può estrarre per fermentazione una buona quantità di alcol. Questo può essere mescolato a benzina in una percentuale che può arrivare al 15 %, ed essere impiegato come carburante per le automobili, senza che si debbano apportare particolari modifiche ai motori. Tale tecnica è già applicata in Brasile, e dà un rendimento di 2 calorie di combustibile per ogni caloria richiesta dalla coltura della canna.

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