VIAGGIO IN DALMAZIA – CROAZIA

SEIMILA CHILOMETRI DI MARE E DI SOLE

Il traghetto rallentò, puntando verso i bastioni del porticciolo che si apriva davanti a noi. La città emerse come una gemma dalle trasparenti acque azzurre: il castello, le chiese, tutto l’agglomerato di nobili edifici risplendeva sotto il sole; una pioggia violacea di buganvillee chiazzava le mura dorate da mille anni di luce; il verde riposante di un bosco ammantava le colline dietro l’abitato. Il signore sull’auto vicina alla mia mormorò stupito: “È la prima volta che vedo un posto piú bello di come lo descrivono i pieghevoli turistici.”
Il posto cui si riferiva era la cittadina di Korčula o Curzola, nell’isoletta omonima. Ma in seguito, durante il mio viaggio, quella frase mi tornò in mente piú volte, perché si applicava a decine e decine di altri luoghi della stupenda costa dalmata.


Entro nel Medioevo

In un certo senso, di coste dalmate ce ne sono due. La prima ›è quella di oggi, la costa moderna che vedevo, toccavo e filmavo con la mia cinepresa. È una fascia profonda 20 chilometri, lunga 1000 e disseminata, si dice, di 1.000 città e di 1.000 fantastiche isole che con i loro contorni fanno salire lo sviluppo totale della costa a qualcosa come 6.000 chilometri. Essa ha un numero infinito di insenature e di spiagge solitarie, di fantastiche grotte e cascate e laghi e tumultuosi corsi d’acqua, e una miriade di nuovi alberghi.
L’altra è la costa di ieri, un magico tappeto tessuto in centinaia e centinaia di anni e i cui fili rappresentano ciascuno l’apporto di un popolo diverso: illiri, greci, romani, turchi, italiani, francesi, veneziani, inglesi,  ungheresi, austriaci e slavi, che un tempo combatterono e costruirono in questa terra.


Split, nota anche con il nome romanico di Spalato, deve la sua esistenza all’imperatore romano Diocleziano, che nacque da queste parti e che quando abdicò si ritirò nel grandioso palazzo-fortezza da lui fatto costruire dove ora sorge la città. Parecchi secoli dopo fra le mura abbandonate della fortezza vennero a rifugiarsi i profughi delle invasioni barbariche. Quando furono tanto numerosi da non riuscir piú a trovare posto nel palazzo, che in gran parte è ancora in piedi, fondarono la città, che oggi è il centro piú popoloso di tutta la costa.

Come la maggior parte delle località dalmate, Dubrovnik ha, oltre al nome slavo, il nome neolatino di Ragusa. Fondata probabilmente nella prima metà del VII secolo, è oggi una città di circa 43.000 abitanti la cui parte antica è ancora racchiusa nelle possenti mura monumentali, il cui elemento piú appariscente è la grande porta Pile.

Entrando in Dubrovnik per la grande porta di Pile si entra nel Medioevo: dentro le mura è una città portuale fortificata intatta, un museo vivente i cui fieri abitanti non permettono che si sposti nemmeno una delle antiche pietre o che un’insegna al neon o un manifesto di cattivo gusto deturpino l’insieme.
Per quasi cinque secoli Dubrovnik riuscì a restare una piccola repubblica indipendente con un ordinamento assai progredito. Anticipò di molto quasi tutto il resto d’Europa in materia di servizi sociali – ospizi per la vecchiaia, orfanotrofi, enti per la salute pubblica – e soppresse il commercio degli schiavi circa quattro secoli prima che lo si facesse in qualsiasi altro posto in Europa.


Ogni città, ogni paese, grande o piccolo, ha un passato affascinante e ricco di avvenimenti. Prendiamo per esempio la cittadina di Senj. Oggi si stenta a credere che per quasi un secolo, fino al 1617, Senj terrorizzò tutto l’Adriatico. Qui si annidava una feroce banda di pirati la cui audacia li portava ad attaccare perfino la potente Venezia. Gli abitanti di Senj nutrivano un odio particolare verso i turchi e quando riuscivano a catturarne uno, per essere certi che non perdesse il turbante glielo assicuravano alla te- sta… con un grosso chiodo.

Lungo la costa Dalmata le isole, diversissime fra loro, non si contano: quelle che hanno un nome sono 725, ma se a queste si aggiungono le piú piccole e gli scogli si arriva a un totale di 1233. Dalla grande isola di Hvar o Lesina, per esempio, se ne vedono moltissime altre piú piccole e non abitate.

Alle isole

Nella parte settentrionale, vicino a Senj, ci sono numerose isole, mentre sono scarse le spiagge di sabbia. (Per qualche strana ragione, che i geologi potrebbero forse spiegare, lungo questa costa esiste un singolare equilibrio tra isole e spiagge di sabbia: dove la natura è prodiga di isole è avara di sabbia e viceversa.) Quante sono le isole? Siccome ognuno mi dava una risposta diversa, mi rivolsi a uno che pensavo avrebbe dovuto saperlo bene, un uomo di mare che aveva passato quasi tutta la vita sulle navi che facevano servizio tra le isole. “Dipende da quello che si intende per isola, no?” mi rispose.
“Dunque: ce ne sono 725 che hanno un nome e 66 di queste sono abitate. Se si vuole se ne possono aggiungere altre 508 tra rocce, scogli e banchi che affiorano dall’acqua. Cosi si arriva a un totale di 1233. Le basta?”,

Le isole sono diversissime fra loro. Al largo della costa c’è Biševo, dove si trova una grotta azzurra che si dice stia alla pari con quella piú famosa di Capri. Anche Kolocep ha una grotta azzurra, e inoltre essa vanta – come un’altra mezza dozzina di isole del Mediterraneo – di essere l’isola dove Calipso trattenne Ulisse per sette anni. Un’altra isola, Hvar o Lèsina, è tanto bella che gli antichi la consideravano una delle Isole dei Beati, giudizio oggi condiviso da molti turisti.

Fra i ricordi del mio viaggio dalmata il piú prezioso è quello di un pomeriggio all’isola di Korčula, o Curzola, che trascorsi percorrendo in macchina le strade sonnolente che si snodano fra oliveti e muri coperti di buganvillee, lungo piccole baie azzurre fino al paesino di Lumbarda. Qui andai a trovare Ivan Jurjevic, un semplice contadino e pescatore che è però anche pittore, e di un certo successo.
Ci mettemmo a sedere all’ombra di un rampicante in fiore. Poi lui andò a prendere una brocca di pastoso e robusto vino fatto con la sua uva, delle mandorle salate prodotte dai suoi alberi, dei pesciolini pescati da lui e insaporiti con il succo dei suoi limoni e un meraviglioso pane croccante ancora caldo, cotto nel suo forno. Quell’ozioso pomeriggio immerso nel sole fu per me il simbolo di Korčula, anzi dell’intera Dalmazia in quanto ha di piú prezioso e di genuinamente naturale.

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Fonte video: YouTybe – Saluto-Team

Sabbie e rocce strane

Il tratto meridionale della costa dalmata abbonda di lunghe spiagge dalla sabbia bianca, rosa o grigia. “Se lei soffre di reumatismi” mi assicurò un uomo di Ulcinj “basta che si seppellisca in quella sabbia grigia e si sentirà subito meglio”. E aggiunse che c’era anche una spiaggia dalla quale potevano trarre giovamento le donne sterili. A sud di Ulcinj c’è poi una spiaggia che si estende ininterrotta per 12 chilometri e mezzo: è la piú lunga della Dalmazia
Il litorale è tutto delimitato da montagne di rocce calcaree, Viste dalla costa appaiono tetre, brulle e inospitali, ma il versante interno cela un paesaggio fiabesco, perché la corrosione operata nel corso di milioni di anni sulle rocce calcaree dalle acque sotterranee ha generato forme di singolare bellezza. “Nella zona carsica ci sono circa 45.000 fra caverne e grotte” mi ha detto un funzionario. “E sono state esplorate soltanto per un decimo”. Le piú importanti sono le grandiose grotte di Postumia: 21 chilometri di gallerie già esplorate e altre ancora da scoprire.

Il vangelo secondo le agenzie di viaggi

I turisti che ormai affluiscono numerosi negli Stati che comprendono la Dalmazia per ammirarne le intatte bellezze sono accolti e trattati con molta cortesia. Dando incremento al turismo, Tito ha commesso un’eresia: non si è ispirato a Marx o a Lenin, ma ha seguito il “vangelo secondo le agenzie di viaggi”, lanciando un’audace campagna per attirare i turisti occidentali e introdurre nel suo Paese il denaro necessario per lo sviluppo economico.
Cominciò con l’aprire la fascia costiera ai turisti motorizzati. Nel 1960 gli iugoslavi diedero il via alla costruzione di una strada litoranea che oggi è completa. La Jadranska Magistrala Strada Maestra dell’Adriatico – è uno dei grandi percorsi panoramici d’Europa: alcuni tratti sono stati scavati in alte pareti rocciose che scendono a picco nelle acque scintillanti del mare e grandi ponti attraversano ampie valli, fiumi ed estuari.
In un secondo tempo Tito approvò un intenso programma di edilizia alberghiera che forse non trova riscontro in nessun’altra regione.


In un altro Paese del Mediterraneo ho visto cominciare un albergo di 400 stanze che oggi, a distanza di tre anni, non è ancora finito. I croati, un albergo simile lo costruiscono in otto mesi e, a giudicare da quanto è stato fatto finora, sarà senz’altro confortevole, elegante, ben disposto e ben arredato.
Inoltre in confronto con la maggior parte dei Paesi europei e americani, i prezzi della Dalmazia sono molto bassi. Perfino nell’elegante albergo di prima categoria di Sveti Stefan, dove i montenegrini pensano possa risiedere solo un riccone, durante l’inverno i prezzi scendono, compresa quasi sempre la disponibilità di una piscina riscaldata. Per un occidentale è un’occasione favolosa, perché Sveti Stefan è un posto unico: è un’isoletta collegata alla terraferma da una sottile lingua di sabbia rosata e coperta da un grappolo di casette che per secoli sono state abitate da pescatori. L’aspetto esteriore è intatto, ma all’interno le casette sono state trasformate in uno dei piú begli alberghi della costa.
Lo sviluppo turistico ha subito un impulso davvero notevole, alcuni anni fa, grazie alla nuova politica di “decentralizzazione”. Prima Belgrado esercitava il suo controllo a distanza, scegliendo il personale, fissando i compensi e arrivando quasi a stabilire che insalata si sarebbe dovuta servire il giorno dopo. Adesso tutto è cambiato, le gestioni locali hanno grande libertà e possono esercitare il loro spirito di iniziativa.

Semaforo giallo

Ci sono stati anche altri importanti cambiamenti. Il posto di frontiera, per il quale sono entrato in Slovenia e poi in Croazia dall’Italia, appena fuori Trieste, il traffico è molto intenso tutto l’anno, giorno e notte. In luglio e in agosto, poi, sembra quasi che tutta l’Europa occidentale si dia convegno qui.

Lo sforzo per incrementare il turismo ha superato le piú rosee previsioni. “Una trentina di anni fa” mi ha detto un croato, avevamo piú agenti della polizia segreta che turisti”. Oggi nel litorale croato ci sono molti turisti occidentali. Il turismo costituisce di gran lunga la sua piú grande fonte di valuta estera.
Molti di questi turisti sono italiani, alcuni dei quali passano il confine per un solo giorno per fare acquisti a prezzi vantaggiosi, soprattutto di carne e benzina. I turisti americani sono relativamente pochi, mentre i tedeschi superano quelli di tutti gli altri Paesi.
Alcuni croati cominciano a domandarsi se il boom turistico non stia prendendo loro la mano. Un giovane architetto ha espresso i suoi dubbi: “C’è il pericolo che commercializzando e costruendo troppo o costruendo le cose sbagliate nel posto sbagliato finiamo per distruggere proprio le bellezze che attirano i turisti.”
Ma per fortuna il semaforo giallo sta già lampeggiando e i freni stanno già entrando in azione. Un funzionario governativo addetto alla difesa del paesaggio mi ha detto, scaldandosi un po’: “Siamo decisi a non permettere che la nostra bella costa finisca rovinata da una brutta e incontrollata edilizia. Pensiamo che un’intelligente pianificazione possa offrire tutte le comodità ai turisti senza distruggere il carattere della costa.”
Da quanto ho potuto vedere, i Paesi che compongono la Dalmazia hanno affrontato questo problema con piú saggezza dell’Europa Occidentale. In molti posti è stata adottata la soluzione di conservare intatti i centri storici costruendo gli alberghi moderni a qualche chilometro, in modo da non creare un contrasto troppo forte.
Ammirevole, per esempio, è stato il grazioso paesino di Drasnice, che ha coraggiosamente deciso di non permettere la costruzione di nessun albergo, offrendo invece belle stanze pulite e rimodernate nelle case dei pescatori. Uno di questi mi ha spiegato come mai lui e gli altri siano giunti a questa eccezionale decisione: “Vede, ci sono volute centinaia e centinaia di anni perché Drasnice diventasse quella che è. A noi piace così e vogliamo che ci vengano quei turisti che l’apprezzano così com’è. E ne arrivano piú di quanti ne possiamo ospitare. Non sarebbe giusto, le pare, rovinare il nostro paese per un po’ di soldi in piú.”
Mi auguro che non cambino mai idea.

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