UNA VAMPATA D’AMORE – Ingmar Bergman

UNA VAMPATA D’AMORE

Titolo originale – Gycklarnas afton
Lingua originale – svedese
Paese di produzione – Svezia
Anno 1953
Durata 93 minuti
Dati tecnici – B/N
Genere drammatico
Regia – Ingmar Bergman
Soggetto – Ingmar Bergman
Sceneggiatura – Ingmar Bergman
Produttore – Rune Waldekranz
Casa di produzione – Sandrews
Distribuzione in italiano – Globe Films International
Fotografia – Hilding Bladh, Sven Nykvist
Montaggio – Carl-Olov Skeppstedt
Musiche – Karl-Birger Blomdahl
Scenografia – Bibi Lindström
Costumi – Mago
Trucco – Nils Nittel

Interpreti e personaggi

Åke Grönberg: Albert Johansson
Harriet Andersson: Anne
Hasse Ekman: Frans
Anders Ek: Frost
Gudrun Brost: Alma
Annika Tretow: Agda
Erik Strandmark: Jens
Gunnar Björnstrand: signor Sjuberg
Curt Löwgren: Blom
Kiki: il nano

Nel 1953 l’aspirazione di Bergman ad essere assunto al Dramatiska Teatern di Stoccolma falli definitivamente per la sostituzione del direttore che gli aveva fatto delle promesse. Allora accettò l’offerta del Malmö Stadsteater, uno dei principali teatri europei, che lo assunse come regista (manterrà l’incarico otto anni, per un totale di tredici regie). Qui ebbe modo di perfezionare la collaborazione con alcuni attori affermati e ne lanciò altri costituendo così il nucleo degli interpreti abituali dei suoi film: Gunnel Lindblom, Max von Sydow, Ingrid Thulin, Harriet e Bibi Andersson. A poco più di trent’anni aveva alle spalle già una ventina di film. D’inverno metteva in scena commedie e drammi a teatro; d’estate, preferibilmente servendosi degli stessi attori, si dedicava al cinema. Forse per questo molti film del periodo hanno come sfondo e argomento l’estate, che, tra l’altro, si presta a un certo modo di fotografare uomini e cose, e nello stesso tempo corrisponde anche a uno stato d’animo del regista, che nel passaggio dall’estate all’inverno vede il mutamento dalla giovinezza all’età adulta (anche la sua personale).
Nel 1953 mise in scena al teatro di Malmö Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello e Il castello di Kafka nell’adattamento di Max Brod. Per il cinema realizzò un film ambientato nel mondo del circo. Il titolo svedese è Sera di un saltimbanco. In Italia divenne, per una stravaganza del distributore, Una vampata d’amore.

In una specie di prologo vediamo una donna d’età che fa il bagno nuda, circondata da un gruppo di militari che la beffeggiano. È Alma, moglie del clown Frost. Questi interviene, vestito e truccato da pagliaccio, la prende in braccio, tenta a fatica di portarla sotto il tendone, ma non cela fa e tutti e due cadono. Soccorsi da altri guitti, sono riportati nel circo. Segue la vicenda del direttore del circo, Alberto, c dell’amante Anne.
Il rapporto tra i due è minato dalla gelosia e dalla stanchezza. Quando il circo raggiunge la città dove abita la moglie di Alberto, Agda, questi va a trovarla e le dice che vorrebbe tornare da lei, per vivere una vita decorosa e stabile. Agda, lo respinge.
Intanto Anne l’ha tradito con l’attore Frans. Col teatro locale Alberto aveva già avuto un rapporto negativo quando era andato a chiedere in prestito alcuni costumi ed era stato trattato altezzosamente. Frans, in realtà, prende in giro la donna, regalandole un gioiello apparentemente di valore, ma in realtà falso. Poi attacca Alberto. Lo deride, lo aggredisce, lo percuote sulla pista lasciandolo dolorante nella polvere. Alberto si ritira nel carrozzone deciso a suicidarsi. Ma poi all’ultimo momento rivolge la pistola contro un orso uccidendolo. Il giorno dopo il circo si rimette in cammino con tutto il suo carico umano di dolori, di umiliazioni, di delusioni.

Film tristissimo, fu definito dalla critica francese come la più perfetta delle opere “nere” di Bergman. Di scena un’umanità infelice, prigioniera di una condizione inferiore, incapace di superarla. C’è una storia d’amore come negli ultimi film, ma già aleggia qualcosa di più, di diverso, che prenderà corpo nei film successivi a partire da Il settimo sigillo. Siamo già di fronte a un tentativo abbastanza felice di introspezione nei misteri della psiche umana. Il mondo del circo rappresenta un po’ il mondo del teatro cui tanto spesso Bergman fa riferimento. L’altalena realtà-finzione, teatro-vita è ben presente come fonte di meditazione al di là del dipanarsi della trama. “Il romanticismo, trionfante o residuale, dei film recedenti – osserva Alfonso Moscato – è completamente superato da una forma’ di aggressività estetica che si esprime attraverso l’espressionismo delle immagini, la virulenza della recitazione e quella specie di sadismo con il quale vengono scarnificati, umiliati, annientati il personaggio e l’umanità che esso rappresenta”.

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