GIOVANNI PASCOLI – Vita e opere

GIOVANNI PASCOLI

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Giovanni Pascoli fu un poeta che concluse un’epoca e al contempo ne aprì un’altra, quella del Decadentismo.
Nacque a San Mauro di Romagna (Forlì) nel 1855, da una famiglia modesta, ma decorosa e molto unita. La sua infanzia e tutta la sua vita furono segnate da gravi sciagure: dapprima perse il padre, ucciso da ignoti, poi la madre e alcuni fratelli.
Anche a causa delle disavventure familiari fu costretto ad abbandonare il collegio degli Scolopi a Urbino e, trasferitosi con i fratelli a Rimini, consegui la maturità a Cesena. Grazie a una borsa di studio poté frequentare la Facoltà di lettere di Bologna, dove fu allievo di Giosuè Carducci.
Durante gli anni universitari si avvicinò alle idee del movimento socialista e per motivi politici trascorse anche qualche mese in prigione.
Laureatosi nel 1882, insegnò in diversi licei italiani e nel 1895 divenne professore universitario di greco e di latino prima a Bologna e poi a Messina.
Nel frattempo, nel 1891, aveva pubblicato una prima raccolta poetica, Myrícae. Grazie alle vittorie conseguite nei concorsi di poesia latina, poté acquistare una casa di campagna a Castelvecchio di Barga, presso Lucca, ove trascorse i periodi di riposo.
Nel 1903 ottenne il trasferimento all’università di Pisa e pubblicò la raccolta poetica I canti di Castelvecchio e, l’anno seguente, i Poemi conviviali. Nel 1904, chiamato dal Carducci, ricopri la carica del maestro. Si spense a Bologna, nel 1912, circondato dall’affetto degli amici e dai riconoscimenti.

La poesia di Pascoli nasce dalla riflessione e dalla meditazione; infatti, benché in apparenza sembri spontanea e disincantata, essa si fonda su una precisa elaborazione teorica. Secondo Pascoli, il poeta è colui che, a differenza degli altri uomini, continua a percepire, vedere, sentire e parlare con la sensibilità e la voce di un bambino, che è sincero, immediato e sensibile. Questi principi di poetica vennero esposti in alcune pagine di prosa, divenute famose, dal titolo Il fanciullino (1897). Dunque per Pascoli la poesia coincide con la scoperta dell’essenza più profonda delle cose, che viene colta percependo i messaggi e le emozioni che derivano dagli elementi del cosmo (erbe, fiori, cielo, stelle, animali). La poesia diviene così una forma di conoscenza fantastica e irrazionale, l’unica valida per l’uomo moderno, che ha perso ogni fiducia nel progresso. È necessario cogliere i legami tra le cose del mondo e i propri stati d’animo, affidarsi alla sensibilità che permette una percezione al di fuori della logica e della razionalità.
Già nella prima raccolta Myricae (nome latino delle tamerici, umili arbusti mediterranei), emergono i temi tipicamente pascoliani della campagna (in tutti i suoi aspetti) e del ricordo dei familiari morti. Mentre nella prima parte si avverte l’influenza di Carducci, nella seconda le liriche assumono un aspetto nuovo: sono un insieme di impressioni, collegate da analogie e da allusioni, che spesso si risolvono in immagini simboliche, che collegano il mondo interno a quello esterno.
Le emozioni animano anche ì Canti di Castelvecchio, ove predominano i temi delle stagioni, i fiori, le piante e la natura della campagna toscana.
Espressione di grande sensibilità sono anche i Poemi conviviali, di contenuto del tutto diverso, poiché in essi il poeta fa rivivere i personaggi storici e mitici dell’antichità, come Odisseo e Alessandro Magno, conferendo loro una condizione esistenziale moderna.
Anche nelle opere minori Pascoli conserva il suo amore per la natura e per le cose umili che, insieme al ricordo dei propri cari, appaiono l’unica àncora di salvezza per il poeta che ha perso ogni fiducia nel mondo. Scopo dell’autore è ricostruire il nido familiare infranto, anche se è una ricerca vana, che non potrà mai colmare il vuoto affettivo lasciato. Nuove non sono solo le tematiche, ma anche il linguaggio.
La parola per Pascoli molto spesso non possiede un significato nettamente definito, ma è carica di suggestioni e di allusioni che rimandano al mondo interiore. Il poeta ricerca anche una musicalità nuova e i suoi versi sono ricchi di rime interne, di ripetizioni di gruppi vocalici (assonanze) e di suoni onomatopeici, pur utilizzando dei termini semplici e talora anche quotidiani. In tal modo Pascoli si presenta come il poeta che più di ogni altro ha saputo rinnovare la poesia italiana sia nei temi che nel linguaggio, nel difficile periodo di transizione tra Ottocento e Novecento.

Per il Pascoli, l’artista doveva scoprire il poetico nelle piccole cose della natura ed esprimerlo in termini spontanei. Qui sopra, la sua casa natale.

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