LE ARTI FIGURATIVE del XIX SECOLO

 

Mole Antonelliana a Torino

LE ARTI FIGURATIVE del XIX SECOLO

Architettura ed urbanistica

Il concetto neoclassico di imitazione di uno stile tradizionale recava in sé un germe di decadenza che si sviluppò nel secondo Ottocento con fatali conseguenze per l’architettura.
Tramontata l’aristocratica civiltà neoclassica, frutto artificiale dell’impero napoleonico, infranto l’ideale classico per il rivoluzionario movimento del Romanticismo che, in architettura, volge l’interesse alle forme gotiche, si determina in Francia ed in Inghilterra un movimento culturale “neogotico”.
Esso influì specialmente sul destino dei monumenti antichi oggetto di restauri totalitari ad opera di Viollet Le Duc e della sua scuola, restauri che purtroppo snaturarono parte del patrimonio del passato . . .
In Italia, dove la tradizione nazionale si identificava col Romanico e col Rinascimento, dilagò piuttosto una maniera che fondeva caratteristiche di tutti gli stili.
Pietro Selvatico, nel 1852, fissava infatti modelli di stile per ogni tipo di costruzione: per la chiesa il “gotico”, per il cimitero il “romanico”, per il palazzo il “Rinascimento”.
In tanta decadenza pochi edifici meritano una segnalazione per le loro qualità costruttive: il “palazzo Margherita” a Roma, opera di Gaetano Koch; il “palazzo di Giustizia“, sempre a Roma, di Guglielmo Calderini; il “Monumento a Vittorio Emanuele“, ideato da Giuseppe Sacconi.
Maggiore attenzione per queste prove di architettura stilistica meritano le esperienze del novarese Alessandro Antonelli che, adottando moderne teorie di architettura funzionale, costruì la “cupola di S. Gaudenzio” a Novara, e la “Mole Antonelliana” a Torino.
A proposito di urbanistica ottocentesca, si deve notare che essa divide, con l’arte del restauro, la responsabilità di radicali distruzioni di “ambienti monumentali” italiani, ma che ha anche il pregio di aver attuato sistemazioni felici; tra queste eccelle il “Piazzale Michelangelo” di Firenze con lo sfondo della splendida passeggiata del Viale dei Colli, opera di Giuseppe Poggi.
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Statua del David, Piazzale Michelangelo, Firenze
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Scultura

Anche nella scultura, il primo Ottocento è un’età di regresso rispetto alla grande fioritura che aveva avuto il dono del genio di Antonio Canova.

Il periodo di transizione dal Neoclassicismo al Realismo si impersona in Lorenzo Bartolini, il quale, dopo una fanciullezza umile e faticosa, studiò a Parigi nello studio di David D’Abgers.

Spirito combattivo e polemico, non tardò a mettersi a capo di un movimento innovatore nell’ambiente stesso della arte accademica, volto a far sì che  giovani si avvezzassero a scegliere il bello naturale, quel bello che non può essere rilevato dalla esperienza individuale o dall’esame delle opere dove i grandi maestri hanno così fedelmente espresso.
Per convalidare con la pratica tali princìpi non rifuggì dall’introdurre nella scuola un gobbo, come modello di un Esopo che gli allievi dovevano scolpire.
Per questa violenta contrapposizione del bello naturale al bello ideale, che era principio basilare del Neoclassicismo, si sarebbe tentati di credere che il Bartolini fosse del tutto staccato dalla tradizione, cosa che invece gli riuscì solo di rado.
Le sue più celebri sculture sono la Carità educatrice e la Fiducia in Dio.
Non è comunque possibile parlare di una vera modernità nella scultura italiana dell’Ottocento se non alla fine del secolo di fronte alla personalità spiccatissima di Medardo Rosso.
Spunti realistici e nostalgie romantiche; tendenti a risolvere nella luce le vibrazioni plastiche si intrecciano per tutto il secolo concentrandosi in alcune scuole: la toscana, la piemontese e la napoletana.
In quella toscana si distingue l’opera di Giovanni Dupré e del Cecioni, di cui è particolarmente memorabile il gruppo marmoreo della Madre; in quella napoletana spicca la grandiosa e tragica personalità di Vincenzo Gemito, autore dei notissimi Acquaiuolo Pescatore; anima  della scuola piemontese è Carlo Marochetti, celebrato autore di statue equestri (Il duca di Orleans…,  Riccardo Cuor di leone) delle quali quella ad Emanuele Filiberto a Torino, dà la misura delle sue qualità.
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El Beso (Pinacoteca de Brera, Milán, 1859).jpg
Il bacio (Il bacio di Giulietta e Romeo) Francesco Hayez 
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Pittura

Anche nella pittura si ebbe una reazione al Neoclassicismo influenzato da Antonio Canova, col movimento del “purismo” e soprattutto col così detto “romanticismo storico”, capeggiato dal veneziano Francesco Hayez (1791-1882).
Questi sostituisce ai soggetti ricavati dalla mitologia e dalla favola quelli tratti dalla storia vissuta e sofferta dagli uomini, per aderire alla nuova sensibilità romantica ispiratrice della poesia e della letteratura europea.
I temi sono attinti preferibilmente alla storia delle repubbliche italiane che doveva suscitare, nell’animo degli Italiani, l’orgoglio comunale e favorire il movimento risorgimentale.
Le sue pitture più belle sono: I vespri siciliani…,Il bacio di Giulietta e Romeo, oltre ai celebri ritratti del Manzoni, del Cavour e del Rossini.
Lo stesso movimento storico-romantico rappresentato in Lombardia dall’Hayez, si riscontra contemporaneamente in Toscana ed a Roma, con maestri che vogliono reagire, nome del realismo, alla tradizione classicistica.
In un certo senso autonoma si sviluppa la pittura napoletana, che, con i celebri maestri Giacinto GiganteFilippo e Giuseppe PalizziDomenico Morelli Gioacchino Toma, creò paesaggi e scenografie di precisa bellezza e di grande suggestione.
In Toscana, infine, ad opera del Signorini e del Fattori, il romanticismo-storico si risolve nella scuola dei Macchiaioli.

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Al pascolo, 1859
Serafino De Tivoli

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