MADONNA DI SENIGALLIA – Piero della Francesca

MADONNA DI SENIGALLIA ( 1470 circa)
Piero della Francesca (1420 circa – 1492)
Galleria Nazionale delle Marche – Urbino
Tempera su tavola cm. 61 x 53

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Il dipinto proviene dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie di Senigallia, da cui deriva il nome con cui è generalmente conosciuto. Quando nel XIX secolo giunse alla Galleria di Urbino era ancora considerato come l’abbozzo della PALA di Brera e pertanto stimato economicamente assai poco, come risulta dagli inventari ottocenteschi della Galleria.
Intorno al 1950 l’opera è stata sottoposta a un restauro, a cura dell’Istituto centrale del restauro di Roma, limitato alla esportazione di ridipinture, al ritocco delle escoriazioni e alla risistemazione della tavola che si era con il tempo incurvata.

Entro le pareti domestiche Maria, in piedi e vestita con panni molto semplici, sorregge il Bambino che con una mano accenna al segno di benedizione e con l’altra stringe una rosa. Leggermente arretrati e ai lati della vergine sono due angeli con le braccia incrociate sul petto. Una parete grigia con elementi architettonici rinascimentali, quali il portale e una nicchia con cornice scolpita a candelabra, completa il dipinto mentre un raggio luminoso illumina la stanza retrostante che costituisce la quinta scena. Dopo essere stato attribuito in un primo momento alla bottega di Piero della Francesca, il noto dipinto, più celebre come MADONNA DI SENIGALLIA, è stato definitivamente considerato come lavoro autografo del maestro di San Sepolcro.
L’appartenenza alle opere tarde dell’artista è confermata, oltre che dagli evidenti contatti con il POLITTICO di Perugia, databile intorno al 1470, soprattutto da quegli elementi presenti nella tavola e caratteristici di questo momento nel suo excursus pittorico. Si noti ad esempio come il rigore della costruzione prospettica si fondi con l’impianto della luce che entra dalla finestra creando voluti effetti chiaroscuri, particolarmente evidenti nell’angelo di sinistra, la figura che prima delle altre viene colpita dal raggio luminoso. Si osservi, inoltre, il richiamo alla pittura nordica che dietro la rappresentazione dei più piccoli particolari cela significati simbolici, come la collana con il ciondolo di corallo che indossa il Bambino. A tale proposito dobbiamo ricordare la presenza presso le corti urbinate, intorno agli anni Settanta del Quattrocento, del fiammingo Giusto di Gand.
Il termine ultimo per la datazione della tavola si fa risalire al 1478, anno in cui Giovanna da Montefeltro, figlia di Federico e Battista Sforza, sposa Giovanni della Rovere, signore di Senigallia nonché nipote del papa Sisto IV. Realizzata a scopo propiziatorio la Madonna della Galleria di Urbino fu originariamente destinata alla cappellina di Santa Maria di Pinocchio, presso Senigallia, e poi trasferita a Santa Maria delle Grazie immediatamente dopo la sua edificazione, voluta dalla corte in occasione della nascita del figlio di Giovanna da Montefeltro, Francesco Maria, avvenuta nel 1490. Alcuni studiosi dei secoli scorsi hanno voluto intravedere nell’angelo di destra le sembianze di Giovanna da Montefeltro, già identificabile secondo alcuni critici nella MUTA di Raffaello.
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