MASACCIO – Pittore del Quattrocento

Ritratto a mezzo busto di Masaccio, all’anagrafe Tommaso di Ser Giovanni di Simone (p.d.)

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Un passo di Giorgio Vasari, l’autore di quelle “Vite” che rimangono uno dei primi e dei più suggestivi testi della nostra letteratura artistica, ci fornisce di Masaccio un ritratto indimenticabile:

“L’origine di costui fu da Castel San Giovanni di Valdarno. Fu persona astrattissima e molto a caso, come quegli che, avendo fisso tutto l’animo e la volontà alle cose d’arte sola, si curava poco di sé e manco di altrui. E poiché egli non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari dai suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome fu da tutti detto Masaccio. Non già perché ei fusse vizioso essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta trascuraggine. Con la quale niente di manco era egli tanto amorevole nel fare altrui servizio e piacere, che più oltre non può bramarsi”. Da queste righe viene fuori un Masaccio tutto preso dalla sua arte animato da un fervore profondo, tanto da trascurare ogni altro interesse. Ed è un Masaccio che ben s’accorda al carattere della sua pittura, così densa di sentimento, così concentrata, priva di eleganze e di preziosità, così antigotica, se si pensa specialmente alla raffinatezza decorativa di tanto gotico cortese. Eppure questo artista, che apre, si può dire, col suo severo e appassionato impeto, il Quattrocento fiorentino è quindi il Rinascimento italiano vero e proprio, ebbe una vita brevissima: Morì infatti a Roma prima ancor d’aver compiuto i ventisette anni.

Masaccio, di ser Giovanni di Mone Guidi, era nato il 21 dicembre del 1401. La prima notizia certa che di lui si ha è quella della sua iscrizione, nel 1422, all’Arte dei Medici e Speciali, a cui in Firenze dovevano aderire anche i pittori. Il Vasari indica come suo maestro Masolino da Panicate, col quale lavorò in collaborazione anche all’ultima opera della sua vita, la Cappella Brancacci.
Ma quale è il senso dell’arte di Masaccio nel contesto del primo Rinascimento? C’è un fatto che anche i critici di indirizzo più diverso sono concordi a sottolineare, ed è il legame preciso della sua pittura con la pittura di Giotto. Il Berenson scrive addirittura che Masaccio è “Giotto rinato”, un Giotto “che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò…, che immediatamente fa suo quanto era stato trovato durante la sua assenza…, che approfitta delle nuove condizioni e delle nuove richieste”. E aggiunge… “Immaginate questo miracolo, e capirete Masaccio”
Del resto era tale anche il pensiero di Leonardo, che solo in Masaccio vedeva il continuatore di Giotto. Arnold Hauser riconosce che un simile legame nasce particolarmente dal riproporsi, all’epoca di Masaccio, di condizioni sociali ed economiche in qualche modo affini a quelle del periodo grottesco… “Dopo le scosse della crisi finanziaria, della peste e del tumulto dei Ciompi, questa generazione deve, si può dire, rifarsi da principio… A Firenze torna a dominare una mentalità obiettiva e realistica, aliena dal romanzesco…, e contro la concezione aristocratica e cortese dell’arte, un nuovo, fresco, robusto naturalismo riesce ad affermarsi, man mano che la borghesia torna a consolidarsi. Quella di Masaccio e di Donatello giovane è l’arte di una società ancora in lotta, benché profondamente ottimista e sicura della vittoria, è l’arte di un nuovo tempo eroico del capitalismo, di una nuova epoca di conquistatori”.
Se questo giudizio è vero, non è dunque difficile capire quel senso di virile e drammatica energia che i personaggi di Masaccio sprigionano col loro impianto, col loro spessore plastico, con la potenza dei loro caratteri, la fierezza e l’intensità delle fisionomie. Egli conosce la prospettiva, e le sue linee arrivano alle distanze dei monti, allargando gli spazi delle solenni composizioni. Il paesaggio è calmo, i gruppi si riuniscono con ordine dignitoso, ed i corpi mantengono la solidità delle forme nei portamenti eroici. L’accordo fra la luce e l’ombra, il chiaroscuro, fortifica il colore e si gradua nella successione dei piani per dare evidenza costruttiva ai volumi e unità all’atmosfera. Masaccio non fa eccezioni nello studio assiduo della natura…, scultoreo nella potenza del modellato, panneggia le figure sentendone i corpi…, i partiti delle pieghe hanno rilievo di dorsi e profondità di solchi…, l’anatomia e la muscolatura si affermano con esattezza, e la maturità tecnica sviluppa i movimenti con contorni semplici e sobri, che coordinano le parti in azione. Il sentimento si traduce nella schietta espressione delle facce…, il tipo è sostituito dall’individuo, e la comprensione dell’universale non copia schemi né adula immagini.
Tutto ciò lo si può vedere in sommo grado nel suo capolavoro, cioè negli affreschi della Chiesa del Carmine di Firenze. Masaccio fu chiamato a lavorare a quest’opera nel 1427 proprio da Masolino di Panicate, ormai non più suo maestro ma collega. Il lavoro consisteva nell’affrescare, per conto di un committente di nome Brancacci, una cappella. Tema… la vita di San Pietro. Masaccio eseguì sei riquadri, gli altri furono eseguiti da Masolino e più tardi da Filippino Lippi.

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SANT’ANNA, LA MADONNA E IL BAMBINO (1424 – 1425 circa)
Masaccio (1401 – 1427)
Galleria degli Uffizi a Firenze
Tavola cm. 175 x 103

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I soggetti di mano del Masaccio sono…

– IL BATTESIMO DI NEOFITI

IL TRIBUTO

– SAN PIETRO GUARISCE GLI INFERMI CON LA SUA OMBRA

– LA DISTRIBUZIONE DEI BENI DELLA COMUNITA’ E LA MORTE DI ANANIA

– LA RESURREZIONE DEL FIGLIO DI TEOFILO E SAN PIETRO IN CATTEDRA

– LA CACCIATA DAL PARADISO TERRESTRE

Quest’ultimo affresco, che non fa parte delle storie di San Pietro, è dipinto fuori dal loro contesto.
Ciò che colpisce maggiormente in questi affreschi è l’essenzialità della rappresentazione… un’essenzialità che però non è rigidità e neppure schematicità, ma una essenzialità ricca, vibrante, che si dispone in composizioni sicure di personaggi, di gesti, di ritmi solenni e ciononostante aderenti alla verità quotidiana della vita, misurati sui sentimenti. Quella che poi sarà la grande vittoria della prospettiva rinascimentale, come un sigillo ordinatore, come un’istanza di dominio intellettuale sulla realtà, qui mantiene ancora un’emozionante forza intuitiva, anche se il problema è presente con chiara coscienza e intelligenza.

Queste doti di Masaccio si rivelano già in altre sue opere precedenti …

– SANT’ANNA, LA MADONNA E IL BAMBINO (1425 circa) – Masaccio – Uffizi a Firenze

– IL POLITTICO di Pisa

– SS. TRINITÀ di Santa Maria Novella a Firenze

Ma non c’è un dubbio che la Cappella Brancacci resta l’esempio definitivo del genio masaccesco. Chiamato a Roma per affrescarvi un’altra cappella in San Clemente, Masaccio non fece più ritorno in Toscana. A Roma morì infatti nell’autunno del 1428.

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MADONNA IN TRONO (1426)
MASACCIO (1401 – 1428)
NATIONAL GALLERY di LONDRA
Tempera su tavola cm. 135 x 73

VEDI ANCHE . . .

MASACCIO – Pittore del Quattrocento

SANT’ANNA, LA MADONNA E IL BAMBINO – Masaccio

MADONNA IN TRONO – Masaccio

CROCIFISSIONE – Masaccio

SS. TRINITÀ (Holy Trinity) – MASACCIO

MASACCIO – Pagamento del tributo

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