ORLANDO FURIOSO – Ludovico Ariosto

ORLANDO FURIOSO

Ludovico Ariosto

La gloria di Carlo Magno e le gesta dei suoi paladini, che erano state sin qui oggetto di schietta ammirazione e di ingenui entusiasmi nel mondo cristiano (e tali rimanevano nel popolo) e che avevano dato materia a tante leggende e canzoni di gesta, divennero nelle sale delle eleganti corti quattrocentesche argomenti per svagare la fantasia, a .modo di trattenimento e giuoco, come sono ora i romanzi d’avventure e certi spettacoli di cinematografo. Uno dei divertimenti preferiti delle dame e dei cortigiani fu ascoltare le ottave dei poemi cavallereschi e mettere a gara i poeti per veder chi avesse maggior ricchezza di fantasia, felicità di colore, arguzia di trovate, vivacità di spirito. Ed il migliore di questi poeti eleganti fu Ludovico Ariosto; capolavoro dei poemi cavallereschi il suo Orlando Furioso, che cantò (forse meglio: dipinse) la pazzia di Orlando per l’amore non corrispostogli da Angelica, l’assedio leggendario posto a Parigi dai Saraceni e cento altre avventure di dame e cavalieri.
È un’arte, quella dell’Ariosto, che oggi si potrebbe chiamare “cinematografica”; tutta consistente nitidezza e armonia delle visioni nel vario gioco delle immagini, che appaiono dapprima confuse, preannunciate solitamente da un verso, alla fine di un’ottava, si avvicinano gradualmente precisandosi e pigliando colore, entrano in primo piano, e si dissolvono, per dar luogo ad altri quadri. E tale è la facilità, l’evidenza, lo spirito del narratore, che, anche leggi, tu non pensi più ad altro, tutto intento in quelle visioni, come davanti a uno schermo cinematografico. Nel poema dell’Ariosto troverai decine di episodi quanto mai vari e tutti egualmente attraenti; castelli incantati, maghi che combattono su cavalli volanti, draghi, donne fuggenti, duelli di cavalieri e battaglie d’eserciti…

Sotto i Pirene, l’esercito di Carlo Magno si prepara a combatte i Mori, guidati da Agramante ed aiutati da Marsilio, re di Spagna, che tentano di invadere la Francia. È presente, tra gli altri cavalieri, Orlando giunto dall’Oriente con la bellissima Angelica, di cui si innamora il cugino Rinaldo: Carlo allora affida la principessa del Catai, figlia di Galafronte, al vecchio saggio Namo, duca di Baviera, promettendola a quello dei paladini che nell’immediata battaglia dia maggiori prove di valore. I Cristiani sono sconfitti ed Angelica ne approfitta per fuggire. L’azione del poema trae da questo momento il suo avvio verso tre filoni principali: le vicende di Angelica, quelle di Orlando e quelle di Ruggero che si svolgono in un’atmosfera volta a volta magica, avventurosa, eroica, amorosa. Sulle tracce di Angelica fuggiasca si mettono cavalieri cristiani e pagani; Rinaldo, Ferraù, Sacripante, fiduciosi di conquistare la bella ed invece spesso beffati da lei che, a un certo punto, nell’Isola del Pianto, viene esposta in pasto all’orca marina dai Corsari delle isole Ebude ed è miracolosamente salvata da Ruggero che giunge a cavallo dell’alato Ippogrifo. Angelica si rende invisibile con un suo magico anello che Ruggero inconsciamente le ha ridato ed il lettore la ritrova poi, vicino a Parigi, quando, innamoratasi di un giovane e oscuro soldato saraceno ferito, lo cura e lo sposa e si dirige con lui verso il lontano Catai. Anche Orlando, alla ricerca di Angelica, incontra le più incredibili avventure: nell’Isola del Pianto libera Olimpia, destinata alla stessa sorte di Angelica, uccide l’orca, restituisce la donna all’amato Bireno; cade prigioniero nel castello incantato del mago Atlante, da lui costruito proprio per tenervi l’amato Ruggero (ed è liberato da Angelica in possesso dell’anello che annulla ogni magia), scioglie Isabella prigioniera di una banda di ladri e la restituisce al suo Zerbino. Ma un giorno, nel suo errare, Orlando capita nella selva e nella grotta dove si erano rifugiati Angelica e Medoro dopo le nozze e alla vista dei loro nomi intrecciati, incisi sugli alberi e scolpiti nella roccia, intuisce le nozze della bella principessa con Medoro e non sa resistere alla cruda rivelazione: impazzisce per amore ed erra infelice per la Francia, per la Spagna, seminando il terrore ovunque passa, dotato di forza centuplicata e giunge in Africa, traversato a nuoto lo stretto di Gibilterra. Solo il cugino Astolfo riesce a farlo rinsavire: si impadronisce dell’Ippogrifo abbandonato da Ruggero – dopo aver partecipato ad imprese con Marfisa, con Grifone il bianco, Aquilante il nero e Sansonetto – e con esso si reca nel Paradiso terrestre. Qui incontra l’apostolo Giovanni che l’accompagna nella Luna, dove si conserva tutto quello che è stato perduto dagli uomini, a prendere, da una grande ampolla, il senno di Orlando. Ritornato sulla terra, Astolfo sconfigge l’esercito di Agramante, assedia Biserta ove con l’aiuto di alcuni cavalieri immobilizza Orlando che, costretto ad aspirare dall’ampolla il perduto senno, lo riacquista e ricomincia a combattere per Carlo Magno. Quando da Lipadusa, dove si è rifugiato, il re Agramante invia ai Cristiani un’ultima sfida proponendo di affidare l’esito della guerra ad un duello di tre contro tre, Orlando si offre con Oliviero e Brandimarte, per battersi contro lo stesso Agramante, Gradasso e Sobrino che vince. Ad Astolfo è affidata anche la missione di liberare Ruggero dal magico palazzo per lui costruito dal mago Atlante: questi, infatti, sa che il cavaliere saraceno si dovrà convertire, destinato alle nozze con Bradamante, cui seguirà la morte precoce, e cerca di sottrarlo al suo destino: dapprima lo fa trattenere prigioniero dalla maga Alcina, in un luogo incantato e felice, dove altri cavalieri sono stati trasformati in piante ed arbusti, poi lo pone nel palazzo da cui lo trarrà Astolfo.
Le avventure di Bradamante e Ruggero trovano un parallelo con quelle di Angelica ed Orlando; ma in senso opposto: Bradamante, aiutata dalla maga Melissa, ricerca disperatamente ed invano Ruggero, mentre Angelica di proposito sfugge ad Orlando.

Bradamante e Ruggero, ritrovatisi (dopo la liberazione da parte di Astolfo), si perdono ancora trascinati da nuove avventure: Bradamante insegue il traditore Pinabello, Ruggero, dopo altre vicende, andrà in aiuto di Agramante. Ma nel campo dei Saraceni, per volere divino, nascono discordie; Ruggero uccide Mandricardo e rimane a sua volta ferito, non potendo così raggiungere Bradamante che è gelosa, perché egli è insieme a Marfisa, che poi si scoprirà essere sua sorella. Ruggero durante una tempesta approda ad un’isola dove un eremita lo converte al cristianesimo e, morto il re Agramante, potrebbe finalmente sposare Bradamante che nel frattempo è stata promessa a Leone, figlio dell’imperatore di Costantinopoli: quando Carlo Magno dichiara che concederà Bradamante in sposa a chi riuscirà a vincerla in combattimento Ruggero, richiesto da Leone col quale ha stretto un patto di fraternità, va a battersi con la guerriera per conquistarla all’amico e, dopo averla vinta, fugge disperato in una selva. Ancora una volta interviene la buona maga Melissa che rivela a Leone la verità, convincendolo a rinunciare a Bradamante che, felice, sposa Ruggero per il quale le avventure non sono ancora finite. Rodomonte, guerriero saraceno, turba le sue nozze accusandolo di tradimento e l’impegna in un drammatico duello che provoca la morte di Rodomonte stesso e conclude il poema.

I Mori sono battuti, Orlando è rinsavito, la Casa d’Este ha i suoi illustri progenitori in Bradamante e Ruggero. Il poeta è giunto in porto. Sempre gran signore ed avvincente narratore, ha compiuto sorridendo la non lieve fatica di seguire le fila di molteplici intrecci, le vicende di innumerevoli personaggi, creando situazioni inconsuete, esponendo avventure incredibili, fantastiche, straordinarie con le sue svelte ed elegantissime ottave.

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