DE RERUM NATURA (Sulla natura delle cose) – Tito Lucrezio Caro

Il poeta latino Tito Lucrezio Caro visse fra il 98 e il 55 a.C. (secondo san Girolamo nacque nel 94 a.C.).

Della sua vita sappiamo pochissimo: si ignora il luogo di nascita (che fosse campano è pura ipotesi): una traduzione vuole che egli sia impazzito per un filtro d’amore, e che sia morto suicida a 44 anni, e, sempre secondo San Girolamo, Lucrezio scrisse i suoi versi negli intervalli della follia e infine si uccise, lasciando incompiuta la sua opera, la cui pubblicazione fu curata da Cicerone.

Lucrezio ci ha lasciato un poema in versi, DE RERUM NATURA (Sulla natura delle cose), che introduce in Roma la dottrina del filosofo greco Epicuro (341-270 a.C.), ed è comunque certo che in questi versi non reca tracce di alterazione mentale. Appassionato di questa dottrina, volle additarla come farmaco supremo ai mali umani, dovuti a superstizioni e a falsi timori: nel poema, il filosofo di Samo è celebrato come l’eroico campione della razionalità liberatrice delle coscienze.

In questo poema Lucrezio propone esplicitamente di conquistare agli uomini sicurezza e serenità mostrando, grazie alla conoscenza della “natura delle cose”, quanto sia vano e infondato il timore degli dei e della morte. Il valore di esso, perciò, a parte il pregio artistico, è rappresentato dallo studio che Lucrezio si sforza di condurre sulla struttura della realtà vivente, sull’anima, sul pensiero, sugli dei.

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Il DE RERUM NATURA comprende in totale 6 libri e si apre con un inno a Venere e si articola in tre parti, ciascuna di due libri:

PRIMA PARTE
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– Nel primo libro si afferma che l’universo è un vuoto infinito popolato di atomi infiniti che associandosi, producono vita e morte.

– Nel secondo libro si descrivono le proprietà degli atomi.

SECONDA PARTE

– Nel terzo libro si caratterizza l’anima dell’uomo, di natura corporea e mortale.

– Nel quarto libro si parla di dottrina della conoscenza, basata sui “simulacra” che colpiscono i sensi secondo una meccanica che esclude qualunque finalismo.

TERZA PARTE

– Nel quinto libro si illustra la struttura del firmamento, l’origine e la preistoria dell’umanità, e l’origine della civiltà romana: a tutto ciò gli dei sono per la loro natura totalmente estranei.

– Nel sesto libro ed ultimo libro dell’opera si spiega che nessun fenomeno naturale, per quanto spaventoso, può aver origine soprannaturale: come la terribile e contagiosa peste del 430-429 a.C. che colpì Atene, provenendo dall’Egitto.

Anche dove la materia sembra più arida, si avverte un sentimento appassionato e teso, per cui l’attrazione e la repulsione degli atomi, il “clinamen” (o deviazione dalla normale: sul piano etico, il margine di libertà in un sistema deterministico), l’infinità dei mondi, ecc, sono sentiti come fatti drammatici, o svelati con l’eccitata consapevolezza di chi bandisce una serie di verità aderendo al messaggio liberatore di Epicureo con la mente e col cuore, e, in pari tempo, tentando di soffocare le superstiti istanze del dubbio.

Si può dire perciò che il DE RERUM NATURA rappresenta al tempo stesso la ricerca della serenità umana contro ogni paura e superstizione, e l’esaltazione della potenza e della bellezza della natura. In polemica con ogni forma di superstizione, Lucrezio mostra di avere un profondo culto per il pensiero rischiaratore dell’umanità. Ma Lucrezio raggiunge anche la poesia; non soltanto perché sa darci qua e là degli squarci lirici che si staccano dalla materia scientifica e filosofica (invocazioni, inni, episodi, ecc.), ma proprio perché rivive quella materia con profonda partecipazione: i suoi versi sono sempre animati dall’entusiasmo e dalla gioia di chi lotta contro la paura della morte e degli spettri per la liberazione spirituale dell’uomo.

La poesia di Lucrezio, per il suo palpito umano che racchiude, per l’intima compenetrazione tra pensiero e fantasia, per la grandezza della concezione che fa della natura la protagonista di un dramma cosmico, ha affascinato i lettori di tutti i tempi.

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