PIOGGIA, VAPORE E VELOCITÀ – William Turner

PIOGGIA, VAPORE E VELOCITÀ (1844)
William Turner (1775-1851)
National Gallery, Londra
Olio su tela cm 91 x 122

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A prima vista la scena è un’immagine sfocata e nascosta dalla nebbia, dove, con maggiore attenzione, si intravede a destra, a metà di un ponte sopra un fiume, un treno che avanza. La macchina, una piccola massa nera con macchie luminose, lascia alle sue spalle fitti vapori e si dirige verso lo spettatore percorrendo il suo tracciato che prospetticamente si allarga. L’insieme dà un’impressione di grande velocità e sembra impossibile fissare 1’immagine nei suoi particolari.
L’evento supera la rapidità di percezione del nostro occhio, mentre le forme sfatte e inafferrabili sono avvolte da un luce calda e dorata.
Siamo in epoca vittoriana, in piena rivoluzione industriale, e il treno è il simbolo dell’insorgente modernità. Al contrario dei suoi contemporanei che, poco entusiasti dell’era del vapore, riscoprivano la pittura del passato, Turner si volge con interesse e passione alla nuova epoca, rendendole omaggio. La sua visione cromatica della realtà influenzerà gli impressionisti quando, nel 1870, giungeranno in Inghilterra. Turner
raffigura nel quadro londinese il tipo di locomotiva più avanzato per quei tempi, la “Firefly Class” mentre attraversa il ponte sul Tamigi fra Taplow e Maidenhead, realizzato su disegno di Isambard Brunel fra il 1837 e il 1839.

Esposto nel 1844 alla Royal Academy di Londra, il quadro stupì la critica perché a suo giudizio aveva “superato in prodigi tutti i prodigi precedenti”. Alla morte di Turner esso venne incluso fra il cospicuo numero di opere lasciate in eredità al governo britannico.
A seguito delle controversie testamentarie la collezione entrò nei musei londinesi solo nel 1856. Gran parte di questa oggi è divisa fra la National Gallery e la Tate Gallery, dove in anni recenti è stato allestito un ampio spazio dedicato all’opera di Turner.

 

La solitudine degli ultimi anni ‘di Turner

Turner visse gli ultimi anni della sua vita in totale solitudine, accettando esclusivamente le visite di alcune signore che gli erano affezionate.
Fra queste era Elisabeth Rigby che così ricorda la casa di Turner in Queen Ann Street a Londra: “miseria e squallore stavano scritte su ogni parete, su ogni mobile” la galleria “un locale bello ma in sfacelo. Lo stesso per i quadri”.
Medesima impressione ebbe Effie, ex moglie di Ruskin e compagna di Millais: “i vetri di molte sue opere erano rotti, e sulle crepe erano incollati grossi pezzi di carta marrone Le pareti non avevano quasi tappezzeria, il tetto non resisteva alle intemperie e tutto l’insieme era in uno stato di completo abbandono”.
Finì la sua vita a Chelsea sotto il falso nome di Mr. Booth, in una casa che “non denotava nulla da cui si potesse capire che era la dimora dell’artista”, come ricorda il suo medico.

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William Turner, Autoritratto (1799 circa), Tate Gallery, Londra

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