L’anima del Medio Evo e l’anima dell’età moderna – Nel Medio Evo la vita dello spirito è orientata verso il mondo soprannaturale. L’esistenza umana è preparazione a quell’al di là, dove il destino di ognuno si compie, e si compie per la virtù soprannaturale della grazia di Dio. La natura è degna d’interessamento solo come specchio dove si riflette e si disvela in qualche modo la misteriosa e trascendente realtà di Dio, in cui essa ha il suo principio e il suo fine.
Depositaria della verità rivelata, indispensabile intermediaria fra la terra e il cielo, è la Chiesa.
Essa ha il potere di sciogliere e di legare; ad essa spetta il compito di formare le anime e di regolare ogni sfera di attività umana, individuale e sociale.
E quale lo spirito della civiltà, tale è la natura del problema centrale della filosofia in quest’epoca: il credere è posto come necessaria condizione dell’intendere; la comprensione della fede è il fine della speculazione; la filosofia è “ancella” della teologia.
La cultura si va gradualmente laicizzando. La vita e la natura sono apprezzate per sè stesse. L’uomo sente che suo compito e suo destino è il possesso sempre più pieno di questo mondo. La sconfinata ampiezza dell’universo non fa che stimolare la non mai sazia ambizione di conoscenza e di potenza attraverso la quale l’io si costituisce e si arricchisce, e la vita sociale si viene sempre più saldamente e più variamente articolando.
La coscienza di siffatto orientamento spirituale trova, come sempre, la sua espressione sintetica nella filosofia. Non che questa diventi, di necessità, ostile alla religione e alla fede; può anche ammettere ciò che trascende l’universo e l’uomo. Ma questo è, semmai, il coronamento della libera indagine razionale sull’universo, non già – come per la scolastica – il presupposto extra-filosofico, che era prefissato nel suo contenuto e determinava in anticipo i limiti e le direttive della riflessione.
La fisica e la logica avevano così potuto affermare per prime la loro indipendenza dalla teologia, da principio all’ombra dell’autorità di Aristotele, poi sempre più esplicitamente in nome dell’autonomia della ragione. E questa infine non tarda ad accampare diritti anche sul dominio misterioso che si stende di là dai limiti del naturale e dell’umano, entro i quali essa si era inizialmente contenuta: pur nella natura e pur nell’uomo vi è il divino, e questo è dunque possibile oggetto della, libera indagine della ragione.
Si frugano biblioteche e archivi; si intraprendono viaggi per lontani paesi ; si consultano dotti dell’Ellade e dell’Oriente; si fa ogni sforzo per apprendere il greco e poter così gustare e intendere nel testo originale i capolavori dell’antichità classica; s’indaga per stabilire l’autenticità di questo o quello scritto, si commenta, si traduce in latino, si imita; si scambiano e circolano tra gli amici e si ricopiano con devozione i manoscritti più preziosi: si istituiscono cattedre, a diffonderne la conoscenza: sorgono anzi, sotto la protezione di principi e pontefici, nuovi centri di studio (Accademie), al di fuori delle Università, troppo vincolate alla tradizione e alle finalità, ecclesiastiche e troppo rigidamente organizzate.
È questo il Rinascimento.
Ora invece la rinascita dell’antichità è ben più estesa e varia nel suo oggetto: non più soltanto scienziati e filosofi, ma poeti e oratori, storici e retori vengono ricercati e studiati con pari ardore; non vi è aspetto o elemento della cultura classica che non susciti interesse. Ed è questo un interesse d’impronta prevalentemente estetico-filologica, che attraverso la comprensione dello scritto tende a ridare vita alla personalità dello scrittole e a stabilire con questo un rapporto di comunione e di simpatia vivace; tende a rielaborare l’ideale di “umanità” che informò la vita e il pensiero dell’antichità classica, per assumerlo come modello da imitare. E questo significa il termine Umanesimo, con cui tale fase della cultura del Rinascimento vien designata.
L’individuo esercita un’iniziativa – e rivela quindi il suo interesse personale – giù nella scelta del suo modello, tra i tanti che si offrono alla brama di conoscere, nella progressiva scoperta dei grandi dell’antichità.
Ma poi è proprio dell’atteggiamento estetico il costruire per forza di fantasia un mondo ideale estraneo a quello della realtà, immune dalle limitazioni e necessità che questa impone a chi ci vive dentro. Così l’umanista, facendosi cittadino della remota società degli antichi, oblia la realtà presente che lo circonda: di questa egli non sente più la costrizione; se ne è emancipato rifugiandosi nel passato, e può quindi anche facilmente adattarvisi.
Certo questa specie di esistenza in partita doppia, questa scissione tra l’uomo di studio e l’uomo della vita pratica era una situazione provvisoria. Quel possesso di sè, quella libertà interiore che l’Umanista conquistava col costruirsi il suo mondo ideale per via di riproduzione e imitazione dell’antico, doveva col tempo premere sulla realtà presente e foggiarla conforme alle nuove esigenze. La riproduzione prepara la creazione originale; cioè, nel processo di liberazione del soggetto vi è, sì, un momento prevalentemente negativo, l’indifferenza di fronte alla realtà presente, ma questo non tarda a trasformarsi nel momento positivo della libertà, intesa come dominio sulla realtà circostante.
Non è più tanto o soltanto l’aspirazione alla gloria celeste, ma il desiderio di onore e gloria terrena il motivo che lo ispira.
E da questo convincimento germoglia l’altra idea, che se l’umanità si svolge nella sua storia come un individuo, l’epoca moderna supera l’antica per ricchezze d’esperienze e per maturità spirituale, analogamente a quel che è l’uomo adulto rispetto alla prima età.
Dal culto per l’antico – con cui si apre il Rinascimento – si giunge alla più orgogliosa affermazione della novità e superiorità, di ciò che è moderno: il riconoscimento dei servigi resi dai grandi dell’antichità, non toglie, nei moderni, la coscienza di essere andati più avanti e più in alto di loro.
Il processo di emancipazione dello spirito attraverso la libera subordinazione ai maestri di umanità giunge così al suo grado estremo o alla sua logica conclusione.
Il complesso delle dottrine filosofico-teologiche elaborate da Scoto e dai suoi seguaci; in particolare, la dottrina dell’univocità dell’essere, la dottrina dell’haecceitas (ecceità), la teoria del carattere eminentemente pratico della teologia, l’affermazione dell’indimostrabilità filosofica di alcune fondamentali proposizioni teologiche, la teoria del primato della volontà sull’intelletto. Alla base dello scotismo c’è il tentativo di fondere insieme le tradizioni filosofiche platonico-agostiniana e aristotelico-tomista e di riformulare in modo nuovo il problema fondamentale della scolastica (rapporto tra ragione e fede); l’impostazione data a quest’ultimo problema, approfondendo la separazione tra scienza e teologia, concorrerà a determinare quella crisi del pensiero medievale che si concluderà poi con Guglielmo di Occam.
Occamismo – Dottrina filosofico-teologica elaborata da Guglielmo di Occam (secolo 14°) e dai suoi seguaci, caratterizzata dalla posizione critica nei confronti della fisica e della metafisica aristotelica; in particolare, l’occamismo riduce la realtà a individui irrelati, oggetto di conoscenza intuitiva; gli universali sono finzioni o segni comprendenti più individui, senza alcuna realtà fuori della mente; le scienze sono costituite da una molteplicità di “abiti” o modi di conoscere, e la stessa categoria della relazione non ha realtà extramentale. Alla radice dell’occamismo sta peraltro la dottrina dell’onnipotenza divina come principio assoluto da cui deriva la radicale contingenza del reale e delle sue leggi; anche il rapporto fra intuizione e oggetto è reso problematico dall’ipotesi che Dio possa provocare l’intuizione di un oggetto non esistente. Separando fortemente la ricerca filosofica dalla fede, la teologia perde ogni possibilità di presentarsi come disciplina scientifica e di utilizzare le strutture della filosofia aristotelica; netta è altresì l’autonomia dell’organizzazione politica dello Stato rispetto alla Chiesa, che come insieme dei fedeli non può avere finalità terrena. Nella storia l’occamismo, oltre a proporre il primato dell’individuale (unica realtà nell’ordine dell’essere e del conoscere), ha indicato e sviluppato metodologie di analisi logico-linguistiche che – in rapporto alla teoria dei segni – hanno condotto verso una considerazione delle strutture filosofiche come fatti linguistici, disancorando l’orizzonte delle ipotesi mentali dal riferimento alla realtà concreta.
Averroismo – Con questo termine, non del tutto proprio, si suole indicare quella corrente o tendenza del pensiero filosofico occidentale dei secoli XIII e XIV che, in sede di interpretazione dei testi aristotelici, si richiamò ai commenti di Averroè (il cui nome arabo era Abū l-Walīd Muhammad ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd, diventato nel Medioevo Aven Roshd e infine Averroes (Cordova, 1126 – Marrakesh, 10 dicembre 1198), fu un filosofo, medico, matematico e giurisperito arabo), accettandone esplicitamente anche quelle conclusioni – soprattutto il principio dell’eternità del mondo e la concezione dell’intelletto possibile unico e separato per tutta la specie umana – che sembravano contrastare con alcuni motivi fondamentali della tradizione religiosa e teologica cristiana.
.
VEDI ANCHE . . .
MORALE ELLENICA – Platone e Aristotele
FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO – UMANESIMO
LA RINASCITA DEL PENSIERO ANTICO
RINASCITA DEL PLATONISMO – NICOLA CUSANO
IL PLATONISMO DI MARSILIO FICINO
L’ARISTOTELISMO DI PIETRO POMPONAZZI
LO SCETTICISMO DI MICHEL DE MONTAIGNE
FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO – MACHIAVELLI
SGIENZA E FILOSOFIA DELLA NATURA
LA FILOSOFIA DI LEONARDO DA VINCI
.