IL PLATONISMO DI MARSILIO FICINO

Annunciazione dell’angelo a Zaccaria (dettaglio 1486-1490)
Domenico Bigordi detto il GHIRLANDAIO (1449-1494)
Da sinistra: Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Angelo Poliziano e Demetrios Chalkondyles
Affresco in Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni, Firenze

RINASCITA DEL PLATONISMO 

L’ACCADEMIA FIORENTINA E MARSILIO FICINO

Nel concetto di “dotta ignoranza” di Nicola Cusano è accentuato l’aspetto negativo della conoscenza del divino. Il capo dell’Accademla platonica di Firenze, Marsilio Ficino, tende per contro a costituire una “docta religio”, ossia, una filosofia la quale valga anche come religione per i dotti, conforme alla missione di prete-filosofo cui egli dedicò la sua vita,

Nell’ assolvere un tal compito egli espresse una tendenza all’universalismo religioso, già apparsa nel Cusano. E cioé, nella storia delle religioni egli – e con lui Pico della Mirandola – scorge lo sviluppo d’un medesimo atteggiamento spirituale, di cui certo il cristianesimo é il supremo coronamento, ma che ebbe organi di rivelazione, di sviluppo, di trasmissione nei grandi genii della religiosità e della filosofia precristiana, storici o leggendari – da Zoroastro  a Ermete Trismegisto e a Orfeo, da Pitagora a Platone, e da Platone ai suoi interpreti Plotino, Porfirio, Proclo.

Siffatta rielaborazione filosofica del cristianesimo e della religiosità é compiuta dal Ficino e dai suoi discepoli con l’utilizzazione di un patrimonio dottrinario straordinariamente ricco e fresco. Sono antichi motivi che ritornano, attinti all’idealismo platonico, all’emanatismo plotiniano, al teismo cristiano, per conciliare la trascendenza di Dio con la sua immanenza nel mondo. Dio é presente in tutte le cose.
E appunto a penetrare il mistero profondo della presenza divina nell’universo, ossia a conoscere nella sua più intima realtà la natura, occorre una chiave, che può trovarsi solo nella scienza più occulta trasmessa di popolo in popolo e di generazione in generazione dall’antichità fino a noi. Da qui il carattere teosofico che in larga misura presenta in questi pensatori la dottrina sulla natura. (Pico della Mirandola, per esempio, fu appassionato studioso di quella scienza universale di simboli che è la Cabbala degli Ebrei).

Dominatore sovrano della realtà naturale, è stato da Dio costituito l’uomo. L’uomo è esaltato dal Ficino (e da Pico) come il vero miracolo della creazione, superiore per tal rispetto alle stessé nature angeliche; l’uomo soltanto – reale microcosmo – comprende in sè la sostanza di tutti i mondi, la essenza di tutte quante le creature, dall’intelletto, dei puri esseri spirituali alla sensibilità dei bruti, alla vita delle piante, al mero essere dei corpi inorganici: la natura umana è coestensiva a tutto l’universo. L’ uomo anzi nella conoscenza spiritualizza il mondo e dà cosi ad esso la sua vera realtà, che é platonicamente, la realtà ideale. Non avendo egli avuto da Dio una sua natura specifica, la quale lo distingua dalle altre nature e perciò stesso lo vincoli a un’essenza particolare, si identifica volta di volta con tutte le cose che viene conoscendo: mira a diventar tutto, potendo di tutto rivivere in se la vita. E, non asservito ad alcuna necessità, può a suo arbitrio elevarsi alla natura dell’angelo o abbassarsi al livello del bruto: è lui stesso il creatore del suo destino.

Queste idee sull’uomo e sulla funzione mondiale del microcosmo risalgono alla più antica tradizione neoplatonica particolarmente cristiana (cfr. per esempio Giovanni Scoto Eriugena). Ciò che é nuovo é la vasta e profonda risonanza che esse hanno in quel momento storico in cui tutta la vita dello spirito é pervasa dal senso dell’autonomia dell’uomo e della sua potenza nel mondo. Il destino finale dell’umanità, per questi pensatori, é sempre soprannaturale; la funzione cosmica dell’uomo ha valore in rapporto al divino trascendente; la deificazione dell’uomo e, nell’uomo, dell’universo é l’atto con cui si chiude quel dramma che s’inizia con la creazione e si sviluppa con l’Incarnazione e Redenzione, dramma di cui Dio — non l’uomo —- é il protagonista. Ma su questo sfondo soprannaturale e divino si delinea – negli scritti di Marsilio – l’opera meravigliosa dell’uomo, che instaura sulla terra il suo regno e riconosce a questo un suo proprio valore, disdegnoso com’egli é di ogni servitù e di ogni limitazione, non schiavo ma emulo della natura, e, in certo modo, di Dio stesso. Invenzioni tecniche, sempre nuove scoperte, creazioni artistiche sono i frutti della sua energia inesauribile: ma, quel che più importa, per opera sua, la famiglia, lo Stato, l’umfanità stessa nella sua unità organica si vengono costituendo come realtà spirituali, che ci rendono la vita meritevole di esser vissuta, e alla cui esistenza non disdegniamo di sacrificare occorrendo la nostra propria, dimostrando così la nostra essenza divina, capaci come siamo di vincere l’istinto naturale della conservazione.
È lo spirito del Rinascimento, di quest’età d’esaltazioue molteplice della civiltà e della storia umana, che fa sentire la sua voce pur nel sacrario della scienza teologica.

MARSILIO FICINO, nato nel 1433 a Figline Valdarno, ebbe da Cosimo de’ Medici incitamento e protezione per darsi agli studi filosofici in genere e platonici in particolare; e costituiva nella villa suburbana di Careggi – donatagli dallo stesso principe – quell’Accademia, in cui si accolsero attorno a lui per molti anni gli spiriti più colti di Firenze. Datosi agli studi teologici, fu ordinate prete nel 147 3. Tradusse tutti i Dialoghi di PLATONE, le Enneadi di PLOTINO, brani scelti di opere di PORFIRIO e di PROCLO, gli scritti dello pseudo-DIONIGI. Tra le sue opere citiamo: la Theologia platonica de immortalitate animorum e il De Christiana religione. Dei suoi discepoli e amici ricordiamo PICO DELLA MIRANDOLA (1463-1494) (autore, tra l’altro, di un famoso discorso De dignitate hominis, e di una interpretazione della Genesi intitolata Heptaplus), e CRISTOFORO LANDINO (1424-1504), che nelle sue Disputationes Camaldulenses espone le dottrine degli amici dell’Accademia.

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