RINASCITA DEL PLATONISMO – NICOLA CUSANO

Ritratto del cardinale Cusano

RINASCITA DEL PLATONISMO

NICOLA CUSANO

Il platonismo durante il Rinascimento si rinnova nello studio diretto dei Dialoghi, e si arricchisce della più ampia e profonda conoscenza dei Neoplatonici dell’antichità. Rinverdisce pertanto con NICOLA CUSANO in una originale rielaborazione dei vecchi motivi, e trova poi, per tutta la seconda metà del secolo XV, il suo centro e il suo organo a Firenze, nell’Accademia Platonica, costituitasi sotto gli auspici dei Medici, e di cui fu anima MARSILIO FICINO (1).

La formazione spirituale di NICOLA CUSANO (2) ha risentito la duplice influenza del misticismo tedesco e del naturalismo fisico-matematico del Rinascimento italiano, quale era coltivato specialmente a Padova. Per queste due vie egli si ricongiunge al neoplatonismo e a Platone.

Dalla tradizione mistica deriva l’accentuazione dell’infinito come carattere essenziale di Dio. Ma questo carattere d’infinito egli lo estende da Dio al mondo nella sua totalità e anzi ad ognuna delle singole cose dell’universo. Dio e mondo sono, l’uno e l’altro, il maximum ossia quel che abbraccia in sé tutto ciò che è. Tra l’uno e l’altro vi è solo questa differenza: l’infinitudine, che in Dio é “implicita”, si “esplica” nel mondo.

Ma allora, il mondo rappresenterebbe l’attuarsi di ciò che in Dio é potenziale ? Dio sarebbe come il seme da cui germoglierebbe l’albero del mondo? No: per il Cusano é vero precisamente l’opposto: non è l’esplicarsi dell’albero dal seme, bensì l’esplicarsi dell’albero nella molteplicità dei semi, e per ciò stesso il “contrarsi” dell’albero in ognuno di questi.
Quel che in Dio é assoluta infinità attuale si “contrae” nell’universo in modo da presentarsi come almeno parzialmente potenziale, come un “dio sensibile e mutevole” ; l’infinito Uno si “dissipa”. (Si “esplica”) in una molteplicità infinita di esseri attualmente finiti.

E ognuno dei singoli esseri é alla sua volta (“contrazione particolare”) dell’universo in un’individualità inconfondibile con altre; e. in potenza tutto l’universo. Ciascun essere è quello che è per quella parte che ha attuato in se dell’infinità del mondo e quindi di Dio, ma la sua vita è pervasa dalla tendenza ad essere l’universo nella pienezza della sua infinitudine. In questo senso “tutto è in tutto” (Anassagora): in ogni cosa singola si riflette in modo unico l’universo intero e, per mezzo dell’universo, Dio: come in ogni nota o frase di una sinfonia si esprime il motivo fondamentale che fa di questa sinfonia un organismo spirituale e ne è quasi l’anima. (3).

Verso lo stesso risultato è volta dal Cusano l’applicazione della matematica alla fisica. La matematica, certo, si muove nel campo del molteplice e del finito (numeri e figure): esso parte da definizioni, che valgono a contrapporre figura a figura, elemento a elemento: il poligono al cerchio, la corda all’arco, la retta alla curva, e cosi via. Ma essa dispone anche di un’operazione speciale: il processo all’infinito, per cui, ad esempio, aumentando via via il numero dei lati d’un poligono, ci si approssima a un limite ideale (non mai raggiungibile in verità, perchè posto all’infinito), nel quale, essendo il numero dei lati del poligono infinitamente grande e la lunghezza di ognuno di essi infinitamente piccola, il poligono coincide col circolo; o, anche, in un circolo infinito, la curva coincide con la retta, e cosi via. La matematica, dunque, ci addita un principio nuovo, il principio della “coincidenza degli opposti”, e questo è il solo valido, secondo Cusano, quando si tratta della realtà divina, è il principio della logica del divino.

La logica aristotelica è dominata dal principio di contradizione: ora questo non è certamente falso, ma è valido solo relativamente al punto di vista che considera le cose nella loro distinzione e opposizione reciproca. Che è il punto di vista della “ragione”; questa, elevandosi al di sopra del “senso”, analizza i dati confusi di esso, e, giudicando, definisce concettualmente, e così, mentre afferma l’essere di ciò che definisce, nega ciò che quest’essere esclude da se. Ma, al di sopra della “ragione” vi è per il Cusano un grado di conoscenza -l’intelletto – che, negando le negazioni della “ragione”, intuisce la “coincidenza degli opposti”, e in ogni singola cosa vede tutte le cose, in ogni singolo essere vede contratto l’universo, nell’universo vede contratto Dio, in Dio vede identificarsi tutti i distinti e comporsi tutte le opposizioni.
Da questo punto di vista supremo noi ci sforziamo di  ignorare le distinzioni poste dalla ragione, per cogliere il contenuto universale degli esseri particolari, per conoscere – in questi e di là da questi – Dio. In ciò consiste la “dotta ignoranza”, secondo l’espressione agostiniana che Cusano diede per titolo alla sua opera principale. Dio infinito non può esser conosciuto se non da chi sa d’ignorarlo: è la vecchia idea della teologia “negativa”.

(1) Accanto a questi merita di essere ricordato, come neoplatonico tra i più significativi del Rinascimento, lo spagnolo LEONE EBREO, vissuto tra il1460 e il 1535 circa, autore dei Dialoghi d’Amore, scritti in italiano e diffusissimi.

(2) NICCOLÒ CHRYPFFS, detto il CUSANO da Cues, suo luogo nativo, nacque nel1401, fu educato in una comunità mistica di “Fratelli della vita comune”, studiò a Padova diritto e matematica, e fu ammaestrato in fisica e astronomia da Paolo Toscanelli. Si diede poi alla teologia e allo studio ecclesiastico; prese parte al Concilio di Basilea; fu nominate cardinale nel 1448 e vescovo di Bressanone nel 1450. Morì a Todi nel 1464. Cito tra i suoi scritti De docta ignorantia e De Confecturis (del 1440) Apologia doctae ignorantiae (1449), quattro dialoghi De idiota (1450).

(3) Questa considerazione del mondo nella sue infinitudine – il cui motivo è schiettamente mistico – ha riflessi e applicazioni molto significative nella considerazione fisica della natura. La nature è infinita nell’estensione e nella durata; non ha quindi alcuna forma, determinate, e perciò non ha, ne periferia né centro: quel che noi uomini diciamo centro del mondo è semplicemente il punto nel quale noi ci troviamo ad essere. E come è relativa la distinzione tra centro e periferia, relativa è anche la distinzione tra riposo e movimento. Comunque, poichè la terra non è nel centro assoluto del mondo, non vi è ragione di ammettere con necessità che la terra sia ferma. Il mondo aristotelico, chiuso dal cielo delle stelle fisse e avente come centro la terra immota, viene così allargato all’infinito: il misticismo introduce nella fisica fermenti potenti disgregativi dell’antica concezione.


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