FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO – LA RINASCITA DEL PENSIERO ANTICO

LA SCUOLA DI ATENE – Raffaello Sanzio (Vedi scheda)

LA RINASCITA DEL PENSIERO ANTICO

Platonismo e aristotelismo nel Rinascimento

Nella rinascita dell’antica cultura Platone e Aristotele erano apparsi sempre i due grandi luminari della speculazione filosofica. Al platonismo e all’aristotelismo si erano ispirati tutti i pensatori medievali; ma, sul declinare del secolo XIV, nelle vecchie scuole che ancor si fregiavano dell’insegna di quei nomi gloriosi, dominava, ormai il più sterile e vacuo formalismo. Le menti che di questo sentivano più viva la sazietà, e lo sprezzo, miravano – di là dai tardi degeneri discepoli – direttamente agli antichi Maestri.

Già nel Medio Evo, i Dialoghi platonici erano quasi totalmente sconosciuti: non il pensiero stesso di Platone, ma il platonismo di Agostino e degli Alessandrini, aveva alimentato uno dei filoni della filosofia medievale. Soltanto verso la metà del secolo XIV, auspice il PETRARCA, gli scritti di Platone sono affannosamente ricercati, appassionatamente amati pur prima che intesi a pieno. Quando, importati dall’Oriente nella loro totalità, sono tradotti in latino, suscitano un vero culto: ed é, insieme, devozione per il pagano profeta di Cristo e ammirazione entusiastica per lo scrittore meraviglioso.

Aristotele, in verita, era conosciuto direttamente e integralmente nel mondo occidentale già dal principio del secolo XIII; ma era conosciuto in rozze e mal comprensibili traduzioni letterali, che, per il raffinato gusto umanistico della Rinascita, erano “barbarici” travestimenti, in cui appariva irriconoscibile la genuina fisionomia del princeps philosogahorum. Inoltre, diventa sempre più vivo e diffuso il bisogno di rinfrescare e rinnovare il patrimonio di conoscenze della natura: e poiché in questo appunto lo Stagirita era maestro, si ricerca il vero Aristotele, all’infuori delle manipolazioni ormai consunte che interpreti scolastici (Tommaso) o commentatori arabi (Averroè) ne avevano fatte.

Intanto, in occasione del Concilio di Ferrara e di Firenze (1438-1439) per l’unione della Chiesa romana e della Chiesa orientale, e, poco dopo, a causa della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi, una moltitudine di dotti affluiscono in Italia dall’antico impero bizantino. Ricevuti con onore alle corti dei principi, chiamati a insegnare in questo o quello “Studio”, formano attorno a sé cenacoli di studiosi a Firenze, a Roma, a Ferrara, a Pavia, a Milano, a Napoli. Platonici e Aristotelici leggono, traducono, commentano l’uno o l’altro autore, e portano in questo una passione che finisce col dividere maestri e scolari come in due schiere, avversarie, e, nel nome di Aristotele e di Platone, si scambiano ingiurie e libelli e accuse di eresia. Gli spiriti più eletti non tardano certo, a elevarsi al di sopra del livore di setta, o dei dissensi e odi personali: e, sentendo la grandezza dell‘uno e dell’altro di quei due genii del pensiero, tentano ancora una volta un accordo eclettico delle due dottrine. Ma quelle lotte, pur con la loro intemperanze, hanno giovato a suscitare sempre più largo e intenso l’interesse attorno agli scritti dei due grandi maestri 1).

1) I primi maestri di greco in Italia, furono il monaco calabrese BARLAAM (+1348), il suo discepolo LEONZIO PILATO (che insegnarono quella, lingua rispettivamente al PETRARCA e al  BOCCACCIO), e,  con efficacia, e preparazione di gran lunga superiori – MANUELE CRISOLORA, di Costantinopoli (+1415), che tradusse la Repubblica platonica, e che, durante il suo insegnamento nello studio di Firenze sul finire del secolo XIV, ebbe scolaro LEONARDO BRUNI L’ARETINO (+1444), traduttore in latino di alcuni dialoghi platonici e dei libri di Etica e di Politica di Aristotele. Tra i dotti bizantini venuti a Firenze in occasione del Concilio, si distingueva, GIORGIO GEMISTO PLETONE (+1450), che esprime il suo fanatismo per Platone fino al punto di preconizzare una nuova religione teosofica, paganeggiante; e, accolto alla corte di Cosimo dei Medici, forma il primo nucleo di quell’Accademia platonica che doveva più tardi essere costituita da Marsilio Ficino. Le sue intemperanze antiaristotoliche – espresso specialmonto nello scritto De Platonicae atque aristotelicae philosophiae differentia – provocano gli sdegni dei suoi connazionali aristotelici, GIORGIO SCOLARIO GENNADIO (+1464), TEODORO GAZA (+1478) (professore a Ferrara, a Roma, a Napoli, traduttore degli scritti di fisica di Aristotile), e specialmente di GIORGIO TRAPEZUNZIO (+1484), maestro a Venezia e a Roma, che in dificsa di Aristotele scrisse contro Platone una Comparatio Platonis et Aristotelis (1464). Questa provocò una replica Adversus calumniatorem Platonis, da parte del Cardinal BESSARIONE di Trapezunte (+1472), scolaro di Platone, ma spirito più equo e sereno del maestro nell’apprezzamento di Aristotele. – Meritano d’essere ancora ricordati, tra, gli aristotelici della seconda metà del secolo XV, il costantinopolitano GIOVANNI ARGIROPULO (+1486), maestro nello Studio di Firenze dal 1457 al 1479, traduttore di molte opere aristoteliche, e ERMOLAO BARBARO (+1493) di Venezia, traduttore di scritti aristotelici e studioso del commentatore greco di Aristotele, Temistio.

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