PAOLO CALIARI, detto il VERONESE – Vita e opere

TRIONFO DI VENEZIA (1582) Veronese
Olio su tela cm 904 × 508
Palazzo Ducale, Venezia
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Paolo Caliari, detto il Veronese (Verona, 1528 – Venezia, 19 aprile 1588), è stato un pittore italiano rinascimentale della Repubblica di Venezia. Impara dipingere da Antonio Badile (Verona, 1518 circa – 1560), artista che addolcisce lo stile con franchezza di pennello. Prima d’arrivare a Venezia nel 1553, egli ha idee tecniche e forme talmente soggettive, che legittimano il dissidio con Tiziano. Le tonalità argentine e le gamme dei colori chiari, dal giallo sonoro delle luci all’azzurro freddo delle ombre, le tinte rotte e la tendenza alla determinazione plastica contraddicono i principi stabiliti dal cadorino con il tocco ardente e con una scala cromatica opposta. Questo decoratore di genio non possiede il temperamento drammatico del Tintoretto, ma non è sprovveduto di sensibilità, e quindi gli si fa torto supponendo che la sua perfezione sia tutta esteriore. Egli è il lirico della magnificenza veneziana, e tanto nella spettacolosa scenografia quanto nell’incuria dell’ ambiente storico è sempre coerente a se stesso: i suoi festini biblici hanno l’interezza moderna, che non cade in trasgressioni alle regole perenni della vita.

Del 1551 sono gli affreschi superstiti della Soranza (Castelfranco, Duomo) e del ’52 le Tentazioni di Sant’Antonio (Caen, Museo), impregnate di riflessi tizianeschi.
L’anno dopo, il Veronese con Giovanni Battista Zelotti (Venezia, 1526 circa – Mantova, 1578) e con Giambattista Ponchino detto il Brazzacco o il Bozzato (Castelfranco Veneto, 1500 circa – 1570 o 1571), lavora nel Palazzo Ducale di Venezia (Giunone distribuisce i doni alla città…., La Vecchiaia e la Gioventù), attenendosi con più vivido colorismo ai modelli di Castelfranco e di Caen.
La composizione obliqua della Madonna e Santi di San Francesco della Vigna in Venezia è l’eco ridotta della Madonna Pesaro, ma il disegno ed il colore sono assolutamente diversi.
I primi scorci che denotano singolari attitudini si trovano negli Evangelisti (Venezia, S. Sebastiano); nella stessa chiesa, l’ovale con Ester condotta ad Assuero non rinuncia ai raggi solari, e la prospettiva discendente del loggiato mette in rilievo il piccolo gruppo delle figure.
L’irrealtà prospettica esorbita nel Trionfo di Mardocheo, dove due enormi cavalli, salendo, imboccano nell’ovato, e la Piscina probatica sfoggia i colonnati corinzi che il Palladio non definiva con miglior scienza.
La varietà e la ricchezza del colorito del veronesiano si esaltano reciprocamente nella Pala di San Zaccaria (Venezia, Accademia, 1562); il modellato è sicuro e tenero, ed i santi che circondano la maestosa Vergine si animano tranquilli fra lo splendore dei marmi, delle sete e dei velluti.
Ai Pellegrini in Emmaus (Parigi, Louvre) converrebbe il titolo di gruppo ritrattistico, con l’immagine di Gesù – quasi trasfigurato – nel mezzo; il particolare delle due bimbe che giocano con il cane è semplicemente delizioso, e la luce tinta dal crepuscolo e filtrata dalle nubi argentee tocca e ravviva ogni cosa.
Dopo aver decorato tutta la villa di Maser, il Veronese non conosce riposo; Alessandro e la famiglia di Dario (Londra, Galleria Nazionale) ed i Ss. Marco e Marcellino esortati da San Sebastiano a non abiurare (Venezia, S. Sebastiano) rappresentano due aspetti contrastanti: la cerimonia, pagina di vita vissuta e documentata dalle impassibili fisionomie, ed il movimento della folla, che poi s’intreccia e si confonde nel Martirio.
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Cena per le nozze di Cana
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Dalla Cena per le nozze di Cana, prodigio di colori smaglianti e riflessati, si passa alla più commossa immagine del Veronese, la Visione di Sant’Elena (Londra, Galleria Nazionale). Al davanzale d’una finestra – vera specola del Paradiso – la santa è colpita dal mistico sopore, e nel quadrangolo d’aria due angeli reggono la pesante croce; l’abito di seta cangiante, l’attitudine, l’aria della testa, la morbidezza delle carni, ogni particolare, insomma, ci dice che l’arte del secolo non va più oltre nel distinguere la bellezza del corpo e nel percepire lo stato d’un’anima.
I conviti, di cui Paolo Veronese è il mondano celebratore, fanno dimenticare nel godimento materiale la prossima decadenza della repubblica.
La Cena per le nozze di Cana del Louvre (1563) utilizzano due linee d’orizzonte: l’architettura le fiancheggia e non le copre; la terrazza rialzata si oppone con un espediente unico al monotono decrescere degli edifici in prospettiva, e le figure – più di centotrenta – seggono alla tavola a ferro di cavallo o si muovono disinvolte. Nel mezzo, c’è il concerto dei pittori: il Veronese suona la viola, Tiziano il contrabbasso e Jacopo Dal Ponte, detto Jacopo Bassano (Bassano del Grappa, 1515 circa – Bassano del Grappa, 13 febbraio 1592) suona il flauto; fra gli invitati, Francesco I e Carlo V non si osteggiano, ed Eleonora d’Austria, regina di Francia, non si ingelosisce di Maria d’Inghilterra.
La Cena di San Gregorio Magno (Vicenza, Santuario di Monte Berico, 1572) è imbandita sotto il loggiato che curva la volta a botte fra due intercolonne a soffitto piano; le balaustrate scorciano come in una scala regia, ed i personaggi sono disposti con raro equilibrio.
Più teatrale nella triplice luce degli archi e nelle finissime prospettive d’alabastro, la Cena in casa di Levi (Venezia, Galleria dell’Accademia, 1572), più varia nei movimenti degli ospiti e nell’affaccendarsi degli attori secondari, incappa nell’Inquisizione, e l’artista si
difende con la risposta:
“Nui pittori si pigliamo la licentia che si pigliano i poeti et i matti”.
La replica è difficile, e non si condannano più né gli alabardieri, né il buffone con il pappagallo, né San Pietro che fa lo scalco.
Ai danni dell’incendio, che, nel 1577, distrugge molte preziose opere del Palazzo Ducale, il Veronese supplisce con alcuni capolavori, fra i quali il Trionfo di Venezia (1582). La prospettiva aerea è meravigliosa, con il balcone, le colonne tortili ed il panorama celeste; sopra un trono di nuvole, la splendida regina, contornata dai fattori della sua grandezza (la Gloria, la Fama, la Pace, la Libertà, il Commercio e l’Agricoltura), riceve la corona da un angelo che scende vorticoso sopra il suo capo, mentre un altro si prepara a dar gli squilli della gloria.
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Probabile autoritratto di Paolo Veronese (1563)
Particolare delle Nozze di Cana
Parigi, Louvre