PIETÀ – Paolo Caliari, detto il VERONESE

PIETÀ (1585-1586 circa)
Paolo Caliari, detto il VERONESE
Olio su tela cm 147 x 111
Museo dell’Ermitage, san Pietroburgo

La Pietà risale alla fase estrema dell’attività del Veronese. La composizione è molto semplificata rispetto alla struttura complessa e affollata di figure che di solito troviamo nei quadri del pittore. Qui soltanto tre personaggi costituiscono l’azione. Il corpo del Cristo abbandonato, in posizione seduta, è sostenuto dalla Madonna, mentre un angelo sul lato destro solleva il braccio del Redentore per mostrare la piaga sul dorso della mano. Esiste una versione analoga dello stesso tema conservata nel museo di Lille, con un angelo in più. Rispetto a quest’ultima, nella Pietà di San Pietroburgo il pittore si concentra maggiormente sulla monumentalità delle figure che balzano quasi fuori dal dipinto, potenziando l’effetto emotivo di dolore e disperazione. Bellissima la parte superiore della composizione basata sull’incontro delle tre teste dei personaggi. Nelle ultime opere il Veronese abbandona la sua caratteristica
luminosità per adottare una tonalità più cupa, un chiaroscuro più marcato e dei riflessi di luce più decisi. Da questa ambientazione i corpi, come nella nostra Deposizione, emergono ancora più solidi e scultorei.

Il dipinto fu eseguito dal Veronese negli ultimi anni della sua vita, forse intorno al 1585-1586, per il convento di San Giovanni e Paolo a Venezia. All’inizio del XVII secolo entrò a far parte delle raccolte d’arte di Carlo I di Inghilterra. Nel 1649, con la vendita delle collezioni reali inglesi, giunse a Bruxelles e poi, per più di un secolo passò di mano in mano.
Finalmente nel 1772 fu acquistato alla vendita Crozat dall’imperatrice Caterina II di Russia, dalla cui collezione è ovviamente pervenuto alla sede odierna. Il quadro fu inciso da Agostino Carracci.

Veronese e l’Inquisizione

Il 20 aprile del 1573 Paolo Veronese consegnò ai frati domenicani di San Giovanni e Paolo a Venezia un enorme dipinto di oltre dodici metri di lunghezza, eseguito per il refettorio del convento. La tela doveva raffigurare l’Ultima cena, come si conveniva ad un refettorio di monaci. In realtà essa si trova oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia sotto il titolo di Cena in casa di Levi, titolo che fu modificato dallo stesso Veronese in seguito ad un vero e proprio scontro con l’Inquisizione. Nel luglio del 1573 il pittore fu convocato davanti al tribunale del1’Inquisizione e sottoposto ad un interrogatorio. Alcuni personaggi raffigurati nel dipinto furono giudicati in atteggiamenti poco decorosi per il tema evangelico, mentre altre figure come buffoni, nani, ubriachi e animali, furono condannate come sconvenienti. Il pittore fu perciò invitato a correggere e modificare in parte l`opera. Ma il Veronese si rese conto che era impossibile trasformarla al punto da ottenere una Ultima cena realizzata secondo i canoni della Chiesa della Controriforma, e preferì semplicemente cambiare il titolo.

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