ÖTZI – La Mummia del Similaun

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IL MISTERO DELLA MUMMIA ITALO-AUSTRIACA

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Ha 5300 anni. È “proprietà italiana”, anche se per ora sta a Innsbruck e verrà a Bolzano solo nel ’94.  Ma forse nessuno saprà mai chi era, da dove veniva, che cosa faceva…

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La Mummia del Similaun, anche nota come Uomo del Similaun (nonché Uomo venuto dal ghiaccio e, informalmente, Ötzi o Oetzi) è un reperto antropologico ritrovato il 19 settembre 1991 sulle Alpi Venoste, ai piedi del monte omonimo (ghiacciaio del Similaun, 3.213 m s.l.m.) al confine fra l’Italia (la Val Senales in Alto Adige) e l’Austria (la Ötztal nel Tirolo).
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Quel giovedì 19 settembre 1991 Helmut Simon e sua moglie Erika avevano percorso per un tratto un sentiero che seguiva un costone roccioso sulle Alpi italo-austriache, poi avevano deciso di prendere una scorciatoia. Abbandonato il sentiero, la coppia di escursionisti tedeschi cominciò ad attraversare un campo di neve, ma i due avevano appena percorso 30 metri quando, vicino a un piccolo stagno, videro “qualcosa di scuro” sporgere dal ghiaccio.
In un primo tempo Helmut Simon pensò a rifiuti lasciati li da escursionisti poco sensibili ai problemi dell’ambiente, ma quando furono più vicini lui e sua moglie riconobbero la forma inconfondibile di una testa umana.
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“Oh!”… gridò Erika. “Ma è una persona!”

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Il cadavere era riverso a faccia in giù nella poltiglia d’acqua e ghiaccio, e sembrava essere stato colpito alla testa. Visibili apparivano la testa calva, le spalle nude e la metà superiore della schiena, mentre il resto del corpo era intrappolato nel ghiaccio. La pelle era color marrone chiaro, come cuoio conciato, e la corporatura minuta fece pensare a Erika che potesse trattarsi di una donna.
I due si diressero verso un vicino rifugio e informarono della loro scoperta il proprietario, Markus Pirpamer, austriaco. Pirpamer non si mostrò particolarmente sorpreso. Ogni anno la montagna restituisce cosi in media cinque o sei cadaveri: sciatori o escursionisti sfortunati che spariscono nei crepacci e sono ritrovati solo dopo dieci, 20 o anche 30 anni.
Incerto sulla competenza territoriale, Pirpamer informò la polizia dei due stati confinanti perché si occupassero del cadavere. I carabinieri del versante italiano ritennero che il caso spettasse agli austriaci, i quali assicurarono l’invio di un elicottero.
Il mattino seguente un agente iniziò il recupero del corpo scavandogli intorno con un martello pneumatico portatile. Dopo circa tre quarti d’ora, però, l’aria compressa si esaurì, mentre il cadavere era ancora incastrato nel ghiaccio.
Il tempo stava peggiorando, e l’elicottero fece ritorno a Innsbruck, a quasi 70 chilometri di distanza. Avrebbero fatto un altro tentativo due giorni dopo, trascorso il fine settimana.
Lunedì mattina, con gli agenti venne anche Rainer Henn, responsabile dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Innsbruck.
A bordo dell’elicottero il dottor Henn pensava di dover compiere una normale autopsia; quando però fu sul posto, Henn si rese presto conto che le cose stavano diversamente. Il corpo era decisamente diverso da tutti quelli prima esaminati.
Intanto, a differenza della maggior parte dei cadaveri ritrovati congelati, che si presentano parzialmente decomposti e di solito smembrati, questo era estremamente ben conservato e intatto.
Mentre Henn e gli agenti grattavano via gli ultimi frammenti di ghiaccio, apparve chiara la posizione che “la mummia” aveva assunto.
Giaceva a faccia in giù, il braccio sinistro piegato sul corpo quasi a schermarsi dalla neve. Nel ghiaccio che lo circondava c’erano resti di capelli e barba e brandelli di indumenti.
Henn scopri nei pressi anche un coltello con manico di legno; la lama non era di metallo ma, a quanto pareva, di selce.
Martedì mattina Henn tornò a Innsbruck e preparò il corpo per un esame approfondito, sistemando al suo fianco gli oggetti raccolti sul luogo del ritrovamento: alcuni frammenti di legno, il coltello, uno strano recipiente di corteccia di betulla, di forma cilindrica e lungo circa 20 centimetri e, più sensazionale di tutti, un’ascia con la testa di metallo, montata su un manico di legno a forma di L.
Poi telefonò al suo collega Konrad Spindler, direttore dell’Istituto di preistoria dell’università, e gli chiese di dare un’occhiata. Spindler aveva letto sui giornali che la mummia poteva essere vecchia di diverse centinaia d’anni, e fece presente che agli archeologi dell’Istituto avrebbe potuto far piacere esaminarla.
Ciò che Spindler vide quando entrò nel locale dove era stato portato il cadavere lo sbalordì. Disteso di fronte a lui sul piano di acciaio inossidabile, ancora irrigidito nella strana posizione in cui era morto, c’era una delle più sensazionali scoperte scientifiche del XX secolo.
Per un lungo istante Spindler osservò il corpo in uno sbigottito silenzio.
Quando parlò, furono le sue parole a sbigottire i presenti.
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“Almeno 2000 anni prima di Cristo”… disse.
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Sulle prime nessuno gli credette, ma gli esami al radio-carbonio condotti nei mesi successivi su minuscoli frammenti del tessuto e degli indumenti della mummia, stabilirono la sua età ancora più indietro nel tempo: tra i 5300 e i 5350 anni.

La scorciatoia presa dai due escursionisti aveva riportato ghiacci delle Alpi. Aveva riportato alla luce il più antico essere umano mai scoperto e quasi praticamente intatto: data di nascita, intorno al 3300 avanti Cristo.

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Sbalorditivo, a pensarci. Molto prima che Mosè guidasse la sua gente verso il Monte Sinai, prima della nascita di Budda e Maometto, prima che le grandi piramidi fossero costruite, questo piccolo uomo stava dormendo sotto i ghiacci delle Alpi. Aveva attraversato a fatica la montagna verso la fine dell’Età della Pietra, e adesso faceva ritorno nella valle in elicottero.

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Subito dopo le dichiarazioni di Spindler i giornalisti arrivarono a frotte. Spidler e Henn tennero una conferenza stampa improvvisata e autorizzarono riprese televisive quel pomeriggio in mezzo a una tumultuosa folla di giornalisti, tutti ansiosi di vedere il “più vecchio uomo del mondo”.
Presto la stampa popolare austriaca lo ribattezzò Ötzi in onore della valle alpina dell’Ötz dove era stato scoperto. Dopo che una ricerca condotta nella zona evidenziò che Ötzi era stato ritrovato sul versante meridionale a 92,5 metri dalla linea di frontiera, le autorità austriache e italiane si trovarono d’accordo: la mummia era ufficialmente proprietà italiana, e sarebbe stata trasferita in Italia entro il settembre 1994.
Fino a quella data, l’Università di Innsbruck è il guardiano di Ötzi.
Gli scienziati prendono eccezionali misure precauzionali. Ötzi trascorre gran parte del tempo in una cella frigorifera di acciaio inossidabile, controllata da un computer, a una temperatura costante di sei gradi centigradi sotto zero. Non viene mai fatto uscire dal suo contenitore per più di mezz’ora allo scopo di evitare che sia attaccato da microrganismi che potrebbero distruggere i suoi tessuti finora miracolosamente conservati.

I pochi specialisti autorizzati ad avvicinarglisi devono indossare “tute spaziali” a prova di polvere. Finora, il corpo è stato esaminato ai raggi x e con Io scanner, o analizzatore, sotto la severa direzione del dottor Werner Platzer, direttore della Facoltà di Anatomia.

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Ma chi era quest’uomo che ha stupito il mondo? Secondo Platzer, Ötzi pesava tra i 45 e i 50 chilogrammi, era alto circa 1,58 e di età compresa tra i 25 e i 35 anni.
La “ferita alla testa” è probabilmente dovuta alla decomposizione mentre il corpo emergeva lentamente dalla neve e dal ghiaccio. Gli esami all’analizzatore e ai raggi x rivelano un normale essere umano.
Se fosse vivo oggi, e vestito come noi, Ötzi potrebbe camminare per le strade senza dare nell’occhio. I suoi organi sono intatti, anche se sembra esserci una frattura nella parte superiore del braccio sinistro.
I ricercatori di Innsbruck sono quasi unanimi nel ritenere Ötzi un pastore, che approfittava dei caldi mesi estivi per far pascolare il suo gregge di pecore dal pelo lungo sugli alti pascoli alpini. Forse aveva perso contatto con il gregge e aveva cercato riparo per la notte in una depressione dietro una parete rocciosa. Forse, sorpreso da un improvviso abbassamento della temperatura e da una tempesta di neve. Ötzi si addormentò per non risvegliarsi più.
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Come mai era perfettamente conservato?
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“Si sono verificate alcune circostanze quasi miracolose”… spiega l’esperto in glaciologia Gernot Patzelt, capo dell’Istituto dell’Università di Innsbruck per la ricerca in alta montagna, che ha esaminato il luogo con attenzione.
Intanto, si era sistemato in una depressione profonda tre metri su un terreno ghiacciato in permanenza e è stato presto ricoperto da neve e ghiaccio. In quel luogo, il ghiaccio non si muove come nel resto del ghiacciaio, e Ötzi rimase congelato a una temperatura molto bassa e costante che, assieme al vento, lo aveva inoltre rapidamente “liofilizzato” e mummificato.
Strappato alla vita con addosso i suoi indumenti e i suoi oggetti, Ötzi sembra tornato per fornirci preziose e dettagliate informazioni su un’epoca preistorica prima avvolta nelle tenebre.
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“Tutto di lui è nuovo per noi”…. sostiene Markus Egg, sovrintendente del Museo centrale romano-germanico di Magonza, Germania.
Egg ha l’incarico di ripristinare e conservare gli oggetti e gli indumenti di Ötzi.
È un compito delicato e tale da richiedere molto tempo, ma lo fa con gioia.
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“Prima di questo ritrovamento, avevamo solo ceramiche sbreccate e qualche reperto della Tarda Età della Pietra”… dice. “Non sapevamo come si vestivano, come fossero le loro armi né come le costruissero. Adesso sappiamo tutto”.
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Probabilmente Ötzi  era un pastore, conferma Egg, che dormiva in rifugi improvvisati e si procurava il cibo cacciando con trappole per uccelli, arco e frecce. Per quanto ridotti a brandelli in circa un centinaio di pezzetti, gli indumenti di Ötzi  sono abbastanza facilmente ricostruibili: una lunga veste, abilmente cucita e ricavata da strisce di pelle di capra e daino. Sottili tendini di animale erano utilizzati come filo. In molti punti c’erano rammendi ottenuti cucendo “toppe” di erba intrecciata.
Ötzi aveva con sé notevoli quantità di erba secca, con cui riempiva le sue “scarpe” (fatte di pelle) per isolarle.
Sopra la veste indossava un mantello di erba intrecciata e in testa portava un copricapo di pelliccia.
Non sono state invece trovate tracce di guanti.
Ricerche condotte dagli specialisti ad Amsterdam, Monaco di Baviera e Innsbruck fornirono un quadro più completo.
Ötzi  probabilmente risalì la valle lungo il versante meridionale – e quindi italiano – della montagna, una… passeggiatina di cinque o sei ore. I ricercatori l’hanno dedotto per il fatto che l’erba che Ötzi usava per isolare le sue calzature non cresce sul pendio settentrionale.
Che Ötzi  provenisse da sud fu in seguito confermato dalle ricerche svolte da Sigmar Bortenschlager, uno studioso di botanica di Innsbruck.
Il contenitore di corteccia di betulla, stabilì lo studioso austriaco, probabilmente era stato riempito di carboni ardenti avvolti in foglie verdi, una tecnica per conservare il fuoco tuttora usata dai nomadi del Tibet. Dall’analisi delle ceneri si è riscontrato che provenivano da alberi di melo e pero, che crescono in abbondanza al sud e non certo a nord.
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Angela von den Driesch, dell’Istituto di Paleoanatomia dell’Università di Monaco di Baviera, ha identificato frammenti ossei ritrovati vicino alla mummia come quelli di uno stambecco – probabilmente i resti dell’ultimo pasto di Ötzi . Lo “spuntino” di prugne selvatiche trovato nella sua tasca indicava che Ötzi  morì verso la fine di agosto o ai primi di settembre, quando questo frutto è maturo.
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Un’ispezione del luogo nel quale Ötzi  trovò la morte permise una incredibile scoperta: una faretra di pelliccia contenente 14 frecce. Egg le analizzò: 12 frecce erano appena abbozzate, mentre due si rivelarono pronte per l’uso. Erano anche dei piccoli capolavori di design. Entrambe le frecce avevano una caratteristica che Egg non aveva mai visto: la punta staccabile. Come mai?
La parte più impegnativa, spiega Egg, quando si costruisce una freccia, non è l’asticciola o la parte anteriore, bensì l’impennaggio, che richiede precisione e molto tempo. Le penne erano disposte con una leggera inclinazione e facevano roteare le frecce durante il lancio come un proiettile d’artiglieria, un accorgimento che aumentava notevolmente la loro portata e precisione, rendendole letali anche a 30 metri di distanza.
Era di fondamentale importanza per un cacciatore recuperare una freccia dopo averla scagliata, anche se la punta si era rotta.
“Erano uomini intelligenti, sofisticati”…commenta Egg.
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L’oggetto più pregiato trovato vicino a Ötzi era comunque l’ascia, che permetteva di situarlo in un determinato contesto storico. La testa dell’ascia era quasi completamente in rame, abilmente inserita in una sorta di “gomito” a forma di L in legno di tasso.
Il rame, il materiale “tecnologicamente” più pregiato della Tarda Età della Pietra, aveva la stessa importanza che ha oggi il denaro. Poteva essere forgiato ricavandone armi, attrezzi, lingotti e gioielli; poteva essere trasportato, barattato, trasmesso di generazione in generazione.
Il rame fu il primo metallo estratto e lavorato dall’uomo, il primo distacco dalla pietra verso materiali più sofisticati come il bronzo, il ferro e l’acciaio.
Ötzi, quindi, fu un uomo di transizione. Viveva al limite di una nuova era, nella quale la pietra veniva gradualmente abbandonata in favore del metallo, quando l’uomo era in grado di vivere grazie ai prodotti del suo ingegno.
Ötzi e i suoi antenati rappresentavano l’inizio in Europa della società strutturata come la conosciamo oggi.
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Quando Ötzi fu trasferito in Italia, è stato sistemato in un museo di Bolzano. Il corpo e parte degli oggetti originali sono troppo preziosi per essere esposti al pubblico. Verranno poi preparate due “copie” di Ötzi: una lo riprodurrà come quando fu ritrovato dai due escursionisti, l’altra sarà una ricostruzione fatta al computer di come sarebbe stato Ötzi  da vivo.
Sicuramente il piccolo uomo dell’Età della Pietra non avrebbe mai pensato, mentre si arrampicava lungo la montagna, che la strada che stava percorrendo l’avrebbe condotto all’immortalità.