ERCOLE E ANTEO – Antonio Pollaiolo

ERCOLE E ANTEO (1460 circa)
Antonio Pollaiolo (1431 circa -1498)
Galleria degli Uffizi, Firenze
Tavola cm 16 x 9

La tavoletta è di dimensioni ridottissime e si può perciò considerare un saggio virtuosistico di pittura, quasi al confine con l’arte minatoria.
L’episodio mitologico di Ercole che soffoca Anteo stringendolo fra le sue braccia è soltanto un pretesto per Antonio Pollaiolo, che ha così l’occasione di poter compiere un sottile esercizio sull’anatomia umana. In effetti, la grande novità della pittura pollaiolesca è soprattutto l’accanito studio dei corpi, raffigurati preferibilmente nudi e in movimento, in modo da porre in evidenza tutte le tensioni della muscolatura e dei tendini.
Ricordiamo che siamo in pieno clima umanistico e che risale proprio a questi anni la riscoperta dell’uomo e anche del suo corpo, inteso come momento centrale della rappresentazione artistica. L’evidente clima drammatico è ottenuto isolando le due figure contro un paesaggio dall’orizzonte basso, che sembra scendere e allontanarsi vertiginosamente dai personaggi. Una linea incisiva e sinuosa circonda i corpi colti nel momento del massimo sforzo.
Il chiaroscuro denso conferisce grande pienezza plastica alle figure, che sembrano ruotare nello spazio. Il volto di Ercole è teso e contratto nella fatica; quello di Anteo è una maschera tragica, che non ha ritegno nell’urlare tutto il proprio dolore.
Antonio Pollaiolo, che era anche orafo e scultore, realizzò questo soggetto anche in una piccola scultura in bronzo che oggi si trova al Museo del Bargello di Firenze. Ovviamente le maggiori possibilità espressive della fusione bronzea a tutto tondo, che consentì una molteplicità di vedute, rende ancora più affascinante questo esemplare di studio di anatomia umana.

La tavoletta ha come pendant il piccolo dipinto raffigurante Ercole e l’Idra, anch’esso conservato nella Galleria degli Uffizi. Si tratta di repliche, di piccolo formato, delle grandi tele che Antonio Pollaiolo aveva eseguito per ornare una stanza al piano terreno di Palazzo Medici a Firenze, oggi purtroppo perdute. Questo ciclo illustrava temi mitologici molto cari ai Medici, e in particolare il mito di Ercole. Da sempre nelle collezioni fiorentine, ma disperse per lungo tempo, esse furono recuperate nel 1975 ed esposte nella sala che accoglie anche la grande pala del Pollaiolo per la cappella del cardinale del Portogallo in San Miniato.

Le fatiche di Ercole

Le dodici fatiche di Ercole sono le imprese che l’eroe compì per ordine del cugino Euristeo. Le prime sei fatiche avvennero nel Peloponneso, le altre sei distribuite nel resto del mondo antico: a Creta, nella Tracia, nella Scizia, nell’isola di Erizia all’estremo ovest, nel paese delle Esperidi, agli Inferi. Esse furono nell’ordine: uccidere il leone di Nemea e scorticarlo; uccidere l’Idra di Lerna dalle cento teste; catturare il cinghiale di Erimanto e portarlo vivo a Micene sulle spalle; catturare la cerva di Cerinea; sterminare gli uccelli del lago Stinfalo, in Arcadia; pulire le stalle del re Augia, nell’Elide; catturare il toro di Creta e portarlo a Euristeo; ammansire le giumente di Diomede, re di Tracia; sottrarre a Ippolita, regina delle Amazzoni, la cintura donatale da Ares; portare ad Euristeo le mandrie di buoi di Gerione; catturare e domare il cane Cerbero, custode degli Inferi; rubare i pomi del giardino delle Esperidi.

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