CREPUSCOLARI – La prosa poetica

Melancolia, Edvard Munch,  1894-1895
Collezione Rasmus Meyer, Bergen
Olio su tela cm 81 x 100,5
Dal Pascoli e dal D’Annunzio dei momenti di stanchezza (Poema paradisiaco) prendono le mosse i crepuscolari, i quali, peraltro, assorbono anche profondamente la lezione di Verlaine e di alcuni altri poeti decadenti fiamminghi e francesi, come Maeterlinck, Rodenback, Samain, Laforgue e acquistano rapidamente una loro fisionomia autonoma.

Il termine crepuscolare venne usato per la prima volta da G.A. Borgese in una recensione alle liriche di Marino Moretti, Fausto Maria Martini e Carlo Chiaves e tendeva a definire il tono spento, grigio e sommesso di quelle poesie. E in realtà i crepuscolari elevano a materia della loro poesia la vita quotidiana nei suoi aspetti più umili e banali, togliendo però alle piccole cose quel valore simbolico che era proprio del Pascoli.
Così in essi il ritmo della vita quotidiana si presenta in tutto il suo grigiore sonnolento, stanco, vuoto di ogni ideale superiore, privo di ogni slancio ed entusiasmo. L’aridità, la sfiducia, la noia, l’incapacità di dare un significato alla vita: ecco gli stati d’animo che ispirano la rappresentazione del mondo di ogni giorno. Su di essi può innestarsi talvolta il sogno di qualcosa per cui valga la pena di vivere, accompagnato però sempre dalla coscienza che si tratta di un sogno.
L’ironia, dunque, come continua consapevolezza della vanità delle illusioni e, insieme, della vacuità della vita quotidiana, diviene uno degli elementi fondamentali di questa scuola.
A tale contenuto corrisponde anche una consapevole rivoluzione formale: i crepuscolari, infatti, tendono alla riduzione della poesia a prosa e il loro verso tende a una poesia che – al limite – rompe con la metrica tradizionale e, pur conservando ritmi poetici, si mantenga nell’ambito della prosa.
Questo comporta una scarnificazione della parola poetica, una sua liberazione dall’alone suggestivo e letterario che le veniva attribuito anche da D’Annunzio e da Pascoli, una sua riduzione a significati più quotidiani. Sia i contenuti che le forme dei crepuscolari – dunque – tendono alla demistificazione del falso sublime della poesia ottocentesca, che rispecchiava i miti bugiardi e retorici della borghesia nella sua involuzione imperialistica (i miti, per intenderci, del superuomo, del progresso, della potenza, del-la gloria, dei sentimenti eccezionali ed unici), e, nello stesso tempo, tendono a rappresentare il vuoto ideale, la mancanza di valori, la condizione di sradicati e di condannati alla solitudine e all’incomunicabilità che è stata determinata per gli uomini proprio da quella involuzione.
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Il poeta più autentico nell’ambito dei crepuscolari è senza dubbio Guido Gozzano.
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Così all’eroe romantico sostituisce la figura di Totò Merumeni, del tutto incapace di aderire al ritmo dell’esistenza:
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Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa, 
molta cultura e gusto in opere d’inchiostro, 
scarso cervello, scarsa morale, spaventosa 
chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro. 
Non ricco, giunta l’ora di “vender parolette”
(il suo Petrarca!..,) e farsi baratto o gazzettiere,
Totò scelse l’esilio. E in libertà riflette 
ai suoi trascorsi che sarà bello tacere. 
Non è cattivo. Manda soccorso di danaro 
al povero, all’amico un cesto di primizie; 
non è cattivo. A lui ricorre, lo scolaro 
pel tema, l’emigrante per le commendatizie. 
Gelido, consapevole di sé e dei suoi torti, 
non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche
” …in verità derido l’inetto. che si dice
buono, perchè non ha l’ugne abbastanza forti…”. 
Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca 
coi suoi dolci compagni sull’erba che l’invita; 
i suoi compagni sono: una ghiandaia roca, 
un micio, una bertuccia che ha nome Makakita… 
Totò non può sentire. Un lento male indomo 
inaridì le fonti prime del sentimento; 
l’analisi e il sofisma fecero di quest’uomo 
ciò che le fiamme fanno d’un edificio al vento. 
Ma come le ruine che già seppero il fuoco 
esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori, 
quell’anima riarsa esprime a poco a poco 
una fiorita d’esili versi consolatori… . 
Così Totò Merumeni, dopo tristi vicende,
quasi è felice. Alterna l’indagine e la rima. 
Chiuso in sé stesso, medita, s’accresce, esplora, intende 
la vita dello Spirito che non intese prima. 
Perchè la voce è poca, e l’arte prediletta 
immensa, perchè il Tempo – mentre ch’io parlo! – va, 
Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta. 
E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.
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Di qui anche la valutazione ironica dei valori ideali e sentimentali dell’Ottocento (“le buone cose di pessimo gusto”), valutazione ironica che nasconde, però, la nostalgia per un mondo ideale in cui non è più possibile credere.
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Accanto al Gozzano, ma su un piano nettamente inferiore quanto a resa artistica, bisognerà porre Sergio Corazzini, nato a Roma nel 1887 e morto tisico nella stessa città nel 1907, che fu assai pieno di fervore nella sua breve vita, ma che morì forse troppo presto per raggiungere nelle sue Liriche una piena maturità.
E, ancora, oltre al già ricordato Fausto Maria Martini (1886-1931), Marino Moretti, nato a Cesenatico nel 1885, noto soprattutto per le Poesie scritte col lapis e, dopo la prima guerra mondiale, per una abbondante produzione narrativa.

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VERLAINE Paul (1844-1896), poeta lirico francese dalla vita tormentata e tempestosa.
Opere principali: Romanze senza parole (1874)…., Saggezza (1881)… e, in prosa,  I poeti maledetti (1884-88)… e Confessioni (1895).
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MAETERLINK Mauriee (1892-1949), scrittore e drammaturgo belga di lingua francese; Premio Nobel 1911 per la Letteratura.
Opere principali : Pelleas et Melisande…, L’uccello azzurro…, Il tesoro degli umili..,  ecc.
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RODENBACH Georges Costantin (1855-1898), poeta e letterato belga. Appartenne al movimento Giovane Belgio.
Opere principali: La tomba…, Le vergini…, L’albero..,  ecc.
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SAMAIN Albert Victor (1858-1900), poeta francese simbolista ma tradizionale nella forma.
Opere principali : Nel giardino dell’Infante…., Ai bordi del vaso…, Racconti…, Polifemo.
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LAFORGUE Jules (1860-1887), poeta francese d’avanguardia, creatore del verso libero.
Opere principali : Lamenti (1885)…, Fior di buona volontà (1887).
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