CATERINA II DI RUSSIA

 

Caterina II di Russia

Un giorno d’inverno del 1742, a Brunswick, in casa di una vecchia duchessa, si trovarono riunite alcune ragazze appartenenti alle più nobili famiglie tedesche. Dopo cena, per movimentare un poco la serata che si prospettava monotona, qualcuno, propose di invitare un anziano canonico, che si dilettava di chiromanzia.

Era solo un gioco, ma quando le ragazze tesero la mano al vecchio perché vi leggesse il destino, tutte speravano di sentirsi predire una corona che promettesse loro gli splendori di una corte più fastosa di quella in cui erano cresciute.
Fu una delusione generale. Il vecchio chiromante, incapace di mentire, scuoteva la testa e mormorava parole di generico compiacimento. Ma all’ultima mano si arrestò di colpo e fissò negli occhi la ragazza che gli stava di fronte. Infine esclamò:
“Incredibile! Vedo addirittura tre corone!”.
La favorita del destino era una ragazza tredicenne con capelli castani, occhi bruni, mento aguzzo e carnagione di un colore abbagliante. Piuttosto bassa di statura, l’abitudine di camminare col busto eretto la faceva sembrare più alta di quanto non fosse in realtà. Si chiamava Sofia Augusta Federica ed era figlia del principe Cristiano Augusto di Anhalt-Zerbst e della principessa Giovanna Elisabetta di Hdlstein. Era nata a Stettino il 2 maggio 1729. Nulla indicava in lei una futura sovrana.
La profezia del vecchio canonico non venne presa sul serio. Forse solo l’interessata ci credette, ma ebbe l’accortezza di nascondere agli occhi di tutti la propria gioia. Per il momento, le conveniva attendere la chiamata del destino. Allora si che sarebbe balzata alla ribalta e avrebbe fatto sentire quali artigli si nascondevano in una semplice ragazza tedesca allevata al culto dell’obbedienza.
Tuttavia l’ambiziosa fanciulla non poteva prevedere quello che sarebbe accaduto di lì a un anno. Certamente pensava di avere più tempo per prepararsi. E invece, a sua insaputa, il destino si era già messo in moto e accelerava ormai il corso degli eventi che un giorno avrebbero fatto di lei.la donna più potente, più esaltata e più vituperata d’Europa e del mondo.
Ma non anticipiamo. Dopo la serata rivelatrice di Brunswick, Sofia seguì i genitori nella solitaria residenza di Zerbst. E lì, alla fine del 1743, suo padre, credendo di aver toccato l’apice della propria fortuna, decise di festeggiare con insolito fasto l’avvento del nuovo anno.
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IL “CORRIERE” DEL DESTTNO

Ritratto della duchessa Caterina Alexeyevna (Louis Caravaque)
Erano tutti riuniti attorno alla tavola imbandita per la cena di mezzanotte quando un “corriere” proveniente da Berlino, recò una lettera alla principessa Giovanna Elisabetta, madre di Sofia. Si trattava di un invito a raggiungere immediatamente la Corte imperiale russa a Pietroburgo o a Mosca. Benché non recasse la firma dell’imperatrice Elisabetta I, il dispaccio era senza dubbio la manifestazione di una grave decisione presa dalla sovrana, Ma quale?
II mistero fu svelato due ore dopo, quando un altro “corriere” recò alla sbalordita Giovanna Elisabetta una lettera del re Federico II di Prussia. Questi parlava chiaramente di un progettato matrimonio fra l’erede al trono di Russia, il granduca Pietro, e la piccola Sofia.
Allora la trama del destino si fece palese e tutti gli avvenimenti degli ultimi anni acquistarono un senso preciso, Giovanna Elisabetta vide nei due messaggi la possibilità di riscattare finalmente un’esistenza piuttosto mediocre, e nell’euforia del momento quasi dimenticò la figlia, considerandola un elemento di secondo piano.
Sofia non era disposta a subire le prepotenze della madre. I suoi occhi ardenti, a chi avesse saputo leggervi, lo rivelavano. Soltanto suo padre si preoccupava per lei e guardava con timore al distacco; forse si sarebbe opposto, se non si fosse trattato di contrastare la volontà di due sovrani così potenti.
La partenza avvenne una decina di giorni dopo. Sofia recava con sé un ben misero corredo “due o tre abiti, una dozzina di camicie, altrettante paia di calze e un certo numero di fazzoletti”.. Ma uno zio vi aggiunse un superbo taglio di stoffa azzurra laminata d’argento, quasi a simboleggiare lo sfarzo che l’attendeva nella lontana Russia.
Madre e figlia fecero una prima sosta a Berlino, dove incontrarono il re, di Prussia Federico il Grande. Il sovrano fu gentile e affettuoso, spiegò a Giovanna Elisabetta la situazione alla Corte di Russia, le promise tutto il proprio appoggio e le assicurò che il matrimonio in ogni caso sarebbe giunto in porto.
II viaggio fu ripreso, fra i rigori dell’inverno, che minacciavano la vita della futura imperatrice, costretta con la madre ad alloggiare in camere gelate e a sottoporsi a strapazzi d’ogni sorta. Ma proprio quando erano giunte allo stremo delle loro forze, tutto cambiò di colpo. Varcato il confine della Russia, le attendeva un’accoglienza da “Le mille e una notte”.
Giunta a Riga, ricevendo alle porte della città gli omaggi delle più alte autorità civili e militari, Sofia comincia a intravedere il suo destino futuro.

Allora con uno scatto superbo solleva la testa ed entra nella carrozza di gala che l’attende. Poi dà un segnale e il corteo si mette in marcia verso il castello, mentre i cannoni tuonano in segno di giubilo.

Gli avvenimenti che seguono sembrano appartenere al sogno, più che alla realtà; un sogno tale da esaltare anche il cuore più freddo. Scortate da un drappello di corazzieri imperiali, madre e figlia arrivano a Pietroburgo.
Vi si fermano appena il tempo necessario per rifornire il proprio guardaroba, quindi si rimettono in viaggio alla volta di Mosca. L’ordine dell’imperatrice è di raggiungere la Corte entro il 9 febbraio, compleanno del Granduca Pietro.
Per non mancare all’appuntamento, si procede senza soste, giorno e notte, sforzando i cavalli al massimo.
Quando Sofia, giunta alla meta, scende dalla slitta che l’imperatrice ha messo a sua disposizione per rendere più celere e più agevole il viaggio, ha la sensazione che in quell’istante abbia inizio per lei una nuova vita.
Non è più la modesta principessa tedesca, è già la futura sovrana del vasto impero che getta la sua ombra su tutta l’Europa.
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LO SGUARDO DI BELVA

Caterina II come zarina di Russia dipinta nel 1762 da Ivan Argunov 

La corte di Elisabetta è dominata dal capriccio e dall’intrigo. L’imperatrice, che ha conquistato il potere detronizzando e imprigionando il legittimo zar Ivan di Brunswick, ora ha rotto ogni freno. Passa da un amante all’altro, invecchiando precocemente negli stravizi, e lascia che la corruzione dilaghi.

Sofia si rende subito conto che un solo passo falso può distruggere il grande sogno che l’ha portata a Mosca. Il suo matrimonio col granduca non è affatto sicuro. Potenti personaggi lo avversano apertamente, altri si mantengono neutrali, altri infine tramano nell’ombra. E quali armi ha lei per difendersi?
Straniera, ancora quasi una bambina, priva di esperienza, ben presto si accorge di non poter far affidamento nemmeno sulla madre. Né può trovare nell’amore conforto alla lotta.
Il granduca Pietro è brutto, dispotico, vizioso, grossolano. Da bambino lo chiamavano il piccolo diavolo , e solo il capriccio di Elisabetta ha fatto di lui l’erede al trono. Infatti non sa nulla della nuova patria (è tedesco), non ne parla la lingua, non si cura di riuscire simpatico alla gente. Riserva la sua ammirazione esclusivamente al re di Prussia, Federico il Grande, di cui scimmiotta ogni gesto.
Ma l’unica via per raggiungere il trono passa per il granduca e Sofia reprime l’orrore e il ribrezzo che egli suscita in lei, si mostra tenera e affettuosa, spinge la propria dissimulazione fino a trovare adorabile il suo volto butterato dal vaiolo. E alla fine vince.
Il 21 agosto vennero celebrate le nozze. La ragazza che andò all’altare non si chiamava più Sofia Augusta Federica: un anno prima, abiurando la propria fede, aveva abbracciato la religione ortodossa, assumendo il nome di Caterina Alexeyevna.
Inoltre, per completare la sua trasformazione, si era messa a studiare il russo. Rimaneva alzata di notte, in una stanza gelata, e lo sforzo le aveva causato una malattia che l’aveva condotta sull’orlo della tomba. In compenso questo episodio era valso a rompere il ghiaccio tra lei e il popolo.
Diventando la legittima moglie dell’erede al trono, Caterina compiva il primo grande passo sulla via del proprio destino. Tuttavia, altre dure prove l’attendevano.
Mentre la madre lasciava la Russia, ella iniziava una drammatica convivenza col marito, che sembrava provare un sadico piacere nell’offenderla e umiliarla anche in pubblico.
Caterina subì in silenzio tutte le angherie e dopo anni di lotta silenziosa ottenne la vittoria.

Si vendicò del marito aprendo le braccia al bellissimo Sergio Saltykof, che fu poi soppiantato dall’affascinante Stanislao Poniatovski. Intanto, circa a dieci anni dall’inutile matrimonio, accontentava l’imperatrice Elisabetta dando alla luce un bambino, cui venne imposto il nome di Paolo e la cui effettiva paternità fu dai contemporanei attribuita all’amante del momento Saltykof. Poi, quando già trionfava Poniatovski, nacque una bambina, Anna.

Soddisfatta come donna, ora Caterina badava a premunirsi da eventuali attacchi allargando la cerchia delle amicizie.
Abile commediante a poco a poco riuscì a creare intorno a sé una piccola corte disposta a tutto. Era il piedistallo che le occorreva per il grande balzo a cui forse già pensava in segreto.

Un diplomatico che la conobbe in questo periodo, così la descrive:

“La granduchessa è romantica, ardente, appassionata; ha l’occhio brillante, lo sguardo fascinatore, vitreo: uno sguardo di belva, la sua fronte è alta e, se non m’inganno, è scritto su di essa un lungo e spaventoso avvenire. Ella è premurosa, affabile: ma, quando mi si avvicina, indietreggio per un movimento del quale non sono padrone. Mi fa paura”.

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LA CONGIURA CONTRO IL MARITO

Caterina II in abiti imperiali
Erano le cinque del mattino del 9 luglio 1762. Nella residenza estiva di Peterhof, a breve distanza da Pietroburgo, Caterina dormiva. Suo marito, che dopo la morte dell’imperatrice Elisabetta I, avvenuta il 5 gennaio di quello stesso anno, era stato proclamato zar col nome di Pietro III, se ne stava invece a Oranienbaum con la sua amante del momento, Elisabetta Vorontsof: donna intrigante e ambiziosa alla quale si attribuiva il progetto di diventare la moglie legittima dell’imperatore.
Caterina sapeva tutto questo ma faceva finta di nulla. In una corte dove l’intrigo e il delitto erano frequenti, le era sembrato prudente fingere un’assoluta indifferenza. In compenso non aveva mancato di prendere le misure per fronteggiare un eventuale tentativo di privarla dei suoi diritti o, peggio ancora, di eliminarla con la violenza.

L’uomo sul quale Caterina contava era Grigory Orlov, un gigante biondo che, con i suoi fratelli ufficiali come lui, aveva in pugno i quattro reggimenti della Guardia Imperiale. E non erano forse stati proprio questi soldati a collocare Elisabetta I sul trono di Russia?

Caterina indubbiamente amava Orlov, che era succeduto nelle sue grazie a Saltykof e a Poniatovski, ma sapeva anche apprezzare i servizi ch’egli e i suoi fratelli potevano offrirle. Perciò lo aveva colmato di favori.

Gregorio era un soldato. Aveva poche idee, una scarsa fantasia, ma un coraggio a tutta prova.

E poi era un russo autentico e non poteva sopportare la fanatica ammirazione di Pietro III per il prussiano Federico il Grande. In Caterina egli vedeva la sovrana ideale, l’autentica piccola madre, del suo sterminato paese; oltre che la propria invidiabile amante.

Era un tratto caratteristico della personalità di €Caterina, quello di tenere distinte l’attività politica dalla vita sentimentale. A guardarla con gli occhi di Orlov, si poteva addirittura supporre
che vi fossero in lei due donne: la sovrana e l’amante. Di esse, la prima era di gran lunga la più fidata. Sulla seconda, in- vece, Orlov poteva contare solo fino a un certo punto: un giorno o l’altro lo avrebbe abbandonato senza rimpianti per concedersi a un nuovo favorito.
Ma per il momento Grigory Orlov trionfava e la devozione e l’ambizione si univano in lui spingendolo a rischiare la testa pur di contrastare gli oscuri disegni di Pietro III. Fu così che egli decise di prendere parte alla congiura che mirava a favorire il trionfo di Caterina nella sua lotta contro il marito.
Le cose erano a questo punto, quando l’inatteso arresto di un giovane ufficiale fece precipitare la situazione. Temendo di essere scoperti, Grigory e i fratelli decisero di passare subito all’attacco, approfittando dell’assenza dello zar da Pietroburgo. Ma bisognava avvertire Caterina e farle assumere le proprie responsabilità. Si trattava di una missione delicata e rischiosa. Dopo un breve consiglio, i congiurati l’affidarono ad Alessio Orlov, che saltò su una carrozza e spronò i cavalli sulla strada di Peterhof.
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LA CORSA NELLA NOTTE

Caterina II nel tempio dedicato alla Dea della Giustizia (Dmitry Levitsky)
Alessio Orlov non aveva le maniere gentili di un diplomatico. Quella fatale mattina del 9 luglio 1762 egli penetrò ansante nella stanza dove dormiva Caterina e la svegliò bruscamente.
“Bisogna partire!”, le disse senza spiegazioni. Dal canto suo, Caterina non chiese nulla. Si vestì in fretta e, seguita da una cameriera, raggiunse la carrozza, vi salì mentre Alessio saltava a cassetta e con un colpo di frusta metteva in moto i cavalli.

La grande avventura era incominciata. A metà cammino i cavalli, stremati dalla corsa folle, si accasciarono a terra. Per fortuna passò di lì il carro di un contadino e si potè così procedere al cambio.

Erano circa le sette del mattino quando la carrozza giunse in vista di Pietroburgo. A breve distanza dalla capitale, attendevano Orlov e un altro congiurato, il principe Bariatinski, che avevano con sé una carrozza con cavalli freschi. Caterina fu invitata a salire e la comitiva si mise in marcia verso la sede del reggimento “Ismailowski”.
Ormai gli avvenimenti precipitavano. Sfruttando la sorpresa, Grigory Orlov penetrò nella caserma designata per il colpo e ordinò di far rullare i tamburi e radunare i soldati.
Quando ebbe davanti gli uomini, insonnoliti e in disordine, gridò loro di acclamare Caterina imperatrice e inviò due amici fidati a cercare un prete.
Poco dopo un sacerdote spaventato giunse al palazzo dove alloggiava il reggimento “Ismailowski”. Gli fu detto di sollevare la croce che gli avevano fatto portare e di pronunciare una formula di giuramento. Obbedì senza discutere. I soldati si inchinarono, e attesero una distribuzione speciale di vodka.
Nel giro di qualche ora anche gli altri tre reggimenti della Guardia aderirono al colpo di stato. Caterina aveva battuto sul tempo il marito. Un diplomatico napoletano commentò:

“II trono di Russia non è né ereditario né elettivo: è occupativo”.

E Pietro III? Solo il giorno dopo, 10 luglio, apprese ciò che era accaduto a Pietroburgo.
Cercò di reagire, facendo leva sulle truppe che gli erano rimaste fedeli, ma non riuscì a concludere nulla.
“Si è lasciato detronizzare come un bambino che viene mandato a dormire”, commentò poi il suo idolo Federico il Grande. Infatti non venne sparato un colpo di fucile.
C’è qualcosa di fatale nell’azione svolta da Caterina in quei drammatici giorni di luglio. Nel momento in cui la sua causa parve in pericolo, ella non esitò a indossare la divisa e a mettersi alla testa delle sue truppe.
Forse anche perché impressionato dall’atteggiamento bellicoso della moglie Pietro III abdicò, sperando così di aver salva la vita. Gli fu promesso che nessuno gli avrebbe fatto del male e venne rinchiuso provvisoriamente in un palazzo di Ropca, a circa 30 chilometri da Peterhof.
Ma pochi giorni dopo, il 17 luglio, qualcuno lo uccise a tradimento. La voce pubblica indicò come assassino l’Orlov.
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LA SEMIRAMIDE  DEL NORD

Grigory Orlov
Così, sullo sfondo sinistro di un delitto consumato a freddo, cominciò il lungo regno di Caterina II. Una volta salita al trono, la principessa tedesca diede intera la misura del suo genio, facendo ben presto impallidire le figure delle imperatrici che l’avevano preceduta, compresa la moglie dello zar Pietro il Grande, che aveva regnato col nome di Caterina I.
L’impero russo contava allora venticinque milioni di abitanti e poteva essere paragonato a un immenso campo ancora quasi tutto vergine. A volersene occupare sul serio, c’era da provare sgomento. Ma Caterina non si intimorì e con un’attività prodigiosa riuscì a lasciare un solco profondo in ogni campo: rinnovò l’amministrazione, potenziò la flotta e l’esercito, abbellì la capitale, favori l’industria, si occupò di letteratura e di scienze, s’improvvisò giornalista e drammaturga.
Colta come pochi sovrani, Caterina intrattenne una fitta corrispondenza con alcuni fra gli uomini più illustri del secolo. Primo fra tutti Voltaire, che divenne un suo fanatico .ammiratore, In omaggio all’autore di Candido, ella amava definirsi uno “spirito repubblicano”, e ostentava una spregiudicatezza di pensiero che sbalordiva l’intera Europa.

Ma guai a contrastare la sua volontà! Allora spuntava di colpo la zarina dagli artigli di acciaio, l’imperatrice che aveva fatto del potere un monopolio solitario, al quale lasciava appena avvicinare i “favoriti” del momento. Perfino il figlio Paolo era tenuto lontano dall’esercizio effettivo del governo.

“Semiramide del Nord”, la chiamarono gli uomini sbalorditi dal suo genio e abbagliati dallo sfarzo della sua Corte.
“Messalina!”, gridarono gli avversari, rievocando l’ombra della dissoluta imperatrice romana.
“Caterina il Grande”, la definì Voltaire volendo mettere in risalto le qualità maschili della sua sconcertante personalità.
In realtà, comunque si voglia giudicare la sua opera, Caterina II fu una grande sovrana. Ella diede all’impelo creato da Pietro I, la consapevolezza della propria forza e della propria funzione storica. Sotto di lei, la Russia divenne una potenza di primo piano in Europa, una potenza contro la quale si sarebbe infranta di lì a non molti anni l’armata di Napoleone. Come donna, Caterina non ebbe molti scrupoli. Sarebbe troppo lungo e in fondo inutile fare qui l’elenco dei “favoriti” che si succedettero al gigantesco Orlov.
Il principale di essi fu Potiomkin, un militare di talento, valoroso in guerra e ispiratore di sagge riforme; il più amato fu forse Lanskoi, morto in giovane età. A tutti Caterina regalò somme enormi, in segno di riconoscenza.
Parlando delle abitudini amorose della sovrana, un diplomatico francese scrisse:
“Si possono chiudere indulgentemente gli occhi sugli errori di una donna-grand’uomo, quando ella dimostra perfino nelle sue debolezze tanta padronanza di se stessa, tanta clemenza e tanta magnanimità. È raro trovare riuniti il potere assoluto, la gelosia e la moderazione”.
Caterina II morì il 17 novembre 1796, dopo trentaquattro anni di regno. Durante questo periodo
aveva identificato a tal punto il proprio destino con quello della Russia che quasi nessuno, in Europa, ricordò che la continuatrice dell’opera di Pietro il Grande era in realtà una tedesca. Un’oscura principessa che ancora bambina, aveva lasciato la città natale per inseguire il miraggio di una favolosa avventura, i cui segni, secondo un vecchio canonico, erano scritti nella sua mano.
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L’IMPERATRICE ELISABETTA

 Elisabetta I di Russia
Figlia dello zar Pietro I il Grande, Elisabetta conquistò il potere nel 1747, servendosi dei granatieri di un reggimento di stanza a Pietroburgo. Bella, ambiziosa, capricciosa, governò la Russia per oltre vent’anni, tenendo in prigione il legittimo sovrano Ivan di Brunswick, che era stato designato al trono in mancanza di eredi maschi di Pietro il Grande.
Per avere un’idea della Russia a quell’epoca, basterà dire che Elisabetta giurò solennemente che sotto di lei nessuno sarebbe stato messo a morte. E mantenne la parola.
Ma un osservatore neutrale notò che mentre nessuna testa era caduta per mano del carnefice, ben duemila lingue e duemila paia di orecchie erano state recise. E il knut, il terribile scudiscio che flagellava le carni, veniva usato con molta frequenza.
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LE CONQUISTE DI CATERINA

Ritratto di Caterina in età avanzata
Nel 1762, quando divenne imperatrice, Caterina II si trovò alla testa di uno dei più vasti imperi, d’Europa, che si estendeva dalla Lapponia al Mar Caspio. Con una serie di guerre quasi tutte fortunate, ella lo ingrandì molto, avanzando soprattutto verso occidente. Conquistò via via la Russia Bianca, la Podolia, la Lituania, la Curlandia e la Volinia. Incorporò nell’impero la maggior parte della Polonia. A sud, sottrasse al dominio turco la Crimea e una vasta zona della costa del Mar Nero, dove per prima riuscì a ottenere il diritto di libera circolazione per le navi russe.
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LA RIVOLTA DI PUGACHEV

 
Yemelyan Pugachev
Durante il suo lungo regno, Caterina II corse il più grave pericolo a causa della rivolta suscitatale contro da un oscuro cosacco del Don: il “barbaro” Yemelyan Pugachev. Questi, nel 1773, approfittando del malcontento che da tempo serpeggiava tra il popolo e in modo speciale tra i contadini, si spacciò per il redivivo zar Pietro III, misteriosamente scampato alla morte, e rivendicò a se stesso il diritto alla corona imperiale. Ben presto una folla enorme lo seguì.
Prodigo e crudele, Pugachev riuscì a conquistare l’importante città di Kazan e minacciò di marciare su Mosca alla testa del suo esercito di diseredati. Dovunque arrivava lui, i proprietari terrieri venivano impiccati, le guarnigioni massacrate. Il terrore ben presto indusse molte città del Volga ad aprirgli spontaneamente le porte. Ma poi, incalzato dagli eserciti di Caterina, Pugachev venne fatto prigioniero in seguito a un tradimento. Condotto a Mosca entro una gabbia, venne giustiziato nel gennaio del 1775.
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