RAZZE e RAZZISMO

 

Dal punto di vista strettamente scientifico, le razze umane hanno una origine comune e sono solo varietà di un’unica e medesima specie. Biologicamente parlando, dal punto di vista dell’evoluzione fisica dei loro rappresentanti, nessuna razza è inferiore alle altre. Tutte sono venute fuori dall’umanità primitiva. Solo la comune origine può spiegare le somiglianze che si manifestano non solo nelle particolarità specificamente umane della loro morfologia, ma anche nei più piccoli dettagli, e questo fatto essenziale: le rare diversità razziali hanno dal punto di vista biologico e anatomico una funzione del tutto secondaria. Spessissimo esse hanno appena un valore di segni distintivi.

Vi sono tuttavia degli studiosi che attribuiscono ai caratteri razziali l’importanza di quelle che definiscono la varietà e addirittura la specie. Scavando così artificialmente il loro valore taxonomico, essi scavano tra le razze attuali un vero e proprio fossato. Secondo costoro le razze non avrebbero un’origine comune e sarebbero poligenetiche. Nonostante l’evidenza dei fatti costoro fanno delle razze dei raggruppamenti dai caratteri morfologici, fisiologici e psichici del tutto differenti, che proclamano fondamentalmente opposti gli uni agli altri e privi di qualsiasi parentela.
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Sono contro l'ignoranza e il razzismo - Coppie Miste
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Razze “elette” e razze “inferiori”

Anche quegli studiosi di questa corrente che ammettono l’origine comune dell’umanità, sostengono che vi sono razze superiori la cui evoluzione è stata “più rapida” e altre inferiori, disperatamente in ritardo.
Le prime si sviluppano e sono destinate a dominare; le seconde sono condannate dalla storia alla sottomissione, alla schiavitù, alla lenta degradazione.
Fare l’apologia dell’ineguaglianza biologica delle razze, ecco in ultima analisi la ragione d’essere del razzismo.
I razzisti considerano di regola che i bianchi sono una “razza di signori” e che i negri e i gialli sono loro inferiori in tutto. Soprattutto alcuni studiosi tedeschi e anglosassoni sostengono la teoria ariana che attribuisce la superiorità a certi rami della razza europoide settentrionale (nordica).
Sono esistite e riappaiono talvolta teorie non meno false che attribuiscono il ruolo di razza superiore ai mongoloidi o ai negroidi.
Nel periodo più aggressivo del militarismo giapponese, per esempio, i suoi ideologi hanno sviluppato la  teoria di una “razza superiore nipponica”, che dicevano incaricata della grande missione storica di civilizzare l’umanità.
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Razzismo e civiltà umana

I razzisti sostengono che le razze superiori, minoritarie, hanno creato da sole tutta la civiltà materiale e morale dell’umanità. Le razze superiori sono “attive”, e assolvono dunque nella storia una funzione dirigente, mentre le razze inferiori, il cui tratto dominante è “l’inerzia”, sono sempre state subordinate alle prime.
Secondo la maggioranza dei razzisti, il livello di evoluzione sociale non esercita alcuna influenza sui caratteri razziali; sono le qualità innate, biologiche della razza che determinano il progresso o il declino dell’uno o dell’altro gruppo sociale dell’umanità. Si trasforma così in teoria della storia la cosiddetta dottrina dell’ineguaglianza fisica e psichica degli uomini.
Attraverso questa “biologizzazione” arbitraria del processo storico, i razzisti giungono a mettere il segno di eguaglianza tra categorie come la razza e la nazione.
E’ superfluo dire che si tratta di una falsificazione grossolana: il concetto di razza è interamente
biologico, mentre quello di nazione appartiene unicamente alla sociologia.
L’antropologia prova abbondantemente e in modo categorico che la civiltà non è stata creata da nessuna razza “superiore”. Si sa in particolare che i razzisti fanno dipendere il livello culturale dalle dimensioni del cervello.
Ora, una delle migliori prove contrarie ci è offerta dall’antico Egitto. Secondo l’antropologo tedesco Schmidt le dimensioni medie della scatola cerebrale erano negli antichi egizi di 1.394 cm3 per gli uomini e di 1.257 cm3 per le donne. Il loro cervello doveva essere quindi ancora più piccolo, e in altre parole, gli egizi sarebbero stati inferiori su questo punto a numerosi popoli barbari vicini.
E’ anche provato che non esiste alcun rapporto tra la forma del cranio e il livello di civiltà.
E che la civiltà non abbia niente a che vedere con l’appartenenza razziale possiamo vederlo nella storia dei germani. All’epoca della maggiore espansione di Roma, gli antenati dei tedeschi di oggi erano barbari. Più tardi le condizioni del loro sviluppo sono migliorate e, pur conservando le loro particolarità razziali, essi hanno raggiunto un alto livello di civiltà. Ne consegue che questa non dipende dai caratteri razziali, ma dai fattori economici e sociali.
Nel progresso dei gruppi umani dallo stato selvaggio alla barbarie e, successivamente, alla civiltà, la loro appartenenza razziale non ha mai avuto alcuna funzione.
Ma perché i razzisti si intestardiscono a sostenere il contrario?
La risposta è semplice. La dottrina delle razze inferiori superiori, del diritto innato degli uni di imporre agli altri le loro leggi, giustifica le guerre tra le nazioni, serve cioè da paravento ideologico alla politica imperialistica.
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L'uso improprio dei termini "razzista" e "razzismo" - La Città News
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Classi sociali e ineguaglianza biologica

Riprendendo la dottrina reazionaria dei socialdarwinisti della seconda metà del XIX secolo, i razzisti contemporanei identificano con la “lotta per la vita” del mondo animale la lotta delle classi nella società umana. I socialdarwinisti estendevano all’umanità contemporanea le regole biologiche vigenti nella fauna selvaggia secondo le quali sopravvivono solo le specie meglio adattate, mentre le altre sono distrutte del tutto.
Di concerto con i socialdarwinisti, i razzisti affermano che la divisione della società in classi discende dall’ineguaglianza biologica degli uomini, che è un risultato della selezione naturale. Così il razzismo cerca di spiegare con le leggi della natura i contrasti della società capitalista.
Portando ancora più lontano le tesi dei socialdarwinisti, i razzisti hanno sostenuto che le classi sociali si distinguono anche per i caratteri razziali dei loro rappresentanti.
I paladini di questa teoria pretendevano in particolare che i ricchi sono quasi tutti dolicocefali e i poveri mesocefali o brachicefali. Ma un semplice esame dei fatti dimostra l’infondatezza di questa asserzione.
Così, i protocolli dei consigli di revisione dei coscritti in Svezia provano che l’indice cefalico medio è di 77,0 sia nei figli delle classi privilegiate (i figli della borghesia) che in quelli dei poveri (i figli degli operai e dei contadini).
E’ vero che i dati della statura offrono risultati diversi: maggiore nei ricchi. Ma la leggera differenza di statura non ha niente a che vedete con l’appartenenza razziale e va spiegata piuttosto con il regime alimentare. Questi fatti dimostrano che è inammissibile confondere le nozioni di razza e di classe. Come è assurdo sostituire nella storia, alla lotta delle classi che è ben reale, una fittizia “lotta delle razze..
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IL RAZZISMO IERI E OGGI - Il Quotidiano In Classe
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Razze e linguaggio

Dunque la caratteristica principale del razzismo è quella di confondere arbitrariamente e volutamente categorie di ordine biologico (razza) e sociale (classi e nazioni). La sostituzione del termine razza quello di nazione, quando si tratta di guerra esterna e a quello di classe quando si vuole giustificate lo sfruttamento in seno allo stesso popolo, mette chiaramente in luce lo spirito cinico e reazionario del razzismo.
Servitori fedeli delle classi al potere, i razzisti snaturano la verità fino ad attribuire un carattere razziale al linguaggio e alle attività psichiche.
La somiglianza tra le lingue parlate da molti popoli europei (tra cui gli slavi), ha spesso suggerito che doveva esservi una certa parentela tra di loro. Numerosi linguisti si sono impegnati nella ricerca dell’idioma iniziale che avrebbe potuto essere alla origine di tutte queste lingue. A un certo momento si era creduto di trovarlo nella lingua dei vecchi manoscritti sanscriti. In effetti, le lingue usate in Iran e in certe parti dell’India presentano degli elementi di parentela con le lingue europee. E perciò si è attribuito a questo gruppo linguistico il nome di indo-europeo.

Si suppone che, in un passato molto remoto, l’India e l’Iran siano stati invasi da popolazioni di lingua indo-europea. Questi conquistatori che si davano il nome di ariani (in sanscrito arya vuol dire nobile, di razza) si proclamarono “razza superiore” nei confronti degli indigeni che ridussero in schiavitù.

In considerazione del fatto che le radici delle lingue indo-europee ricordano molto quelle degli idiomi dell’India e dell’Iran, i linguisti han dato loro il nome di ariane. Più tardi, il termine ariano, nome e aggettivo, è stato applicato a cerri gruppi razziali e i dati di osservazione dei linguisti presero una coloritura razzista, antiscientifica.
Molti razzisti vedono i “veri ariani” negli uomini di alta statura, biondi, con gli occhi azzurri del ramo detto “nordico” degli europei moderni (radice germanica “nord”, donde i termini nordiconordismo, tanto cari ai razzisti americani che proclamavano gli yankees la “razza superiore pura al cento per cento”).
Ma se si accetta che la lingua è l’emanazione dello spirito della razza, tutti i popoli che parlano idiomi indo-europei dovrebbero presentare i caratteri fisici della razza ariana. E questo non avviene. Così, i curdi e molte altre entità etniche di lingua indo-europea presentano la tinta scura e i capelli neri: tra questi popoli gli occhi chiari rappresentano rare eccezioni.
La maggior parte dell’Europa meridionale appartiene al gruppo linguistico ariano, ma la sua popolazione ha in genere gli occhi e i capelli scuri e non assomiglia per nulla ai leggendari ariani.

Al contrario, i finlandesi e gli estoni che, per la loro alta statura e i loro occhi e capelli chiari, vanno classificati fra i puri europei nordici, parlano lingue che non presentano alcun carattere comune con quelle ariane.

Questi fatti smentiscono decisamente la leggenda di un linguaggio indo-europeo o ariano primitivo, attributo della razza ariana. E con questa leggenda scompare ogni ragione di attribuire a una qualsiasi razza il titolo di “nobile”, di “ariano”.
I popoli che parlano una stessa lingua non sono mai omogenei per la loro composizione razziale: nella maggior parte dei casi essi comprendono diversi tipi antropologici.
In Germania, in particolare, si contano fino a sei di questi tipi.

I neri parlano in Africa le loro lingue natali, in America del nord l’inglese, in America del sud lo spagnolo, eccetera. Ne consegue che gruppi di una sola razza parlano lingue differenti quando appartengono a popoli differenti.

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Nel nome della tolleranza, l'invenzione della razza - HomoLogos
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Razze e psicologia

Tutto ciò prova che non esistono relazioni tra la razza e la lingua. I fatti smentiscono la concezione del linguaggio come emanazione di un misterioso “spirito razziale”, come qualcosa di “biologicamente proprio” di una tazza.
La lingua dipende interamente dallo sviluppo della società; essa nasce, vive e muore nel corso dell’evoluzione dei popoli e non ha nulla a che vedere con la razza in quanto gruppo biologico.
Che le razze differiscano per la loro psicologia è opinione antica quanto erronea.
Ricordiamo, per esempio, il caso del grande naturalista svedese Linneo (1707-1778) che per primo propose una classificazione più o meno scientifica, fondata sui caratteri fisici delle razze umane. Linneo attribuiva, senza alcun fondamento, agli asiatici la crudeltà, la melanconia, la testardaggine e l’avarizia; agli africani la cattiveria, l’astuzia, l’abulia e l’indifferenza; agli europei la mobilità di spirito e l’ingegnosità, cioè facoltà intellettuali superiori.
Così egli metteva i bianchi al di sopra delle altre razze.

Al contrario, Darwin riconosceva che l’attività nervosa superiore è essenzialmente la stessa in tutte le razze umane. Egli, in particolare, scriveva:

“Si classificano gli abitanti della Terra del Fuoco tra i barbari più grossolani; tuttavia sono sempre stato sorpreso, a bordo della nave Beagle, di vedere come tre esponenti di questa razza, che avevano vissuto alcuni anni in Inghilterra e che parlavano un poco la lingua di questo paese, ci assomigliavano dal punto di vista del carattere e della maggior parte delle facoltà intellettuali”.
Darwin era ben lontano dallo spiegare con le loro particolarità psichiche razziali il basso livello di civilizzazione degli abitanti della Terra del Fuoco. Al contrario egli cercava la spiegazione di questo fenomeno in fattori sociali:

“I fuegini, costretti probabilmente da altre orde conquistatrici a fissarsi in un territorio inospitale, possono, come conseguenza di ciò, esservisi un po’ più degradati”.
A riguardo della mimica emozionale dei muscoli del volto, Darwin concludeva che la rassomiglianza è straordinaria nei rappresentanti di tutte le razze umane.
In un altro testo egli attira l’attenzione sulla somiglianza delle forme e della tecnica di fabbricazione delle punte delle armi litiche raccolte in regioni opposte del mondo e risalenti a epoche preistoriche. Secondo Darwin, questo fatto dimostra che, per quanto si risalga nel tempo, tutte le razze umane possedevano un’intelligenza e facoltà inventive molto simili.
Si sostiene spesso l’opinione che la psicologia è radicalmente differente nelle diverse razze, sulla base della constatazione che il peso del cervello differisce di qualche centinaio di grammi in questo o in quell’altro gruppo razziale. Ma il peso del cervello non consente affatto di dare un giudizio sulle facoltà intellettuali: per esempio il cervello di Anatole France pesava appena 1.017 grammi, mentre quello di Turgenev pesava il doppio: 2.012 grammi, e sia l’uno che l’altro fanno patte delle grandi glorie della letteratura mondiale.
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Manifesto affisso durante la campagna elettorale per il governatorato della Pennsylvania del 1866
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Tutte le razze sono eguali

Tutte le razze hanno espresso spiriti eletti. Uomini di Stato africani e asiatici come Indira Gandhi, Mao Tse-tung, Modibo Keita, Nyerere, e via dicendo erano conosciuti in tutto il mondo. Tra gli altri merita un ricordo speciale Patrice Lumamba che ha sacrificato la vita per la libertà e l’indipendenza del suo paese.
Moltissimi neri hanno raggiunto la vetta della creazione intellettuale e artistica.
Basta ricordare lo scienziato William Du-Bois, il grande cantante Paul Robeson, il pittore australiano Albert Namatjira.
Per dimostrare la pretesa ineguaglianza intellettuale delle razze gli studiosi borghesi reazionari hanno elaborato dei test speciali, che però applicano sempre senza tener conto della situazione sociale e del livello di istruzione dei soggetti esaminati. E’ dunque naturale che ogni scienziato serio si pronunzi contro questi test assolutamente inadatti a determinare le facoltà intellettuali.
Al congresso internazionale di antropologia e di etnografia che si è tenuto a Copenaghen nell’agosto del 1938, alcuni studiosi reazionari tedeschi hanno tentato di dimostrare nei loro interventi e rapporti che esistono dei tratti psichici razziali ereditari. Nella loro apologia del razzismo, sono giunti fino a sostenere che, se gli australiani si sono estinti quasi del tutto, la causa va ricercata nella loro “cattiva psicologia razziale” mentre i maori della Nuova Zelanda che, secondo costoro, sono europoidi, assimilano con successo la cultura europea.
I congressisti progressisti hanno respinto queste teorie dimostrando che la mentalità degli uomini è determinata dal livello di civiltà.
I risultati scientifici sconfessano l’affermazione di un certo “istinto razziale” che causa l’inimicizia tra le razze.

Se le condizioni sociali sono favorevoli, i popoli, indipendentemente dalle razze che li compongono, elaborano forme altissime di civiltà materiale e morale. La psicologia degli individui, il loro carattere nazionale, il loro comportamento, si formano sotto l’influenza determinante dell’ambiente sociale. Nell’attività intellettuale le particolarità razziali non hanno nessuna influenza.

” Il meccanismo del pensiero dell’uomo – ha scritto lo scienziato russo Sechenov -, come anche le sue reazioni sentimentali, non hanno subito mutamenti nell’essenziale attraverso la storia; essi non dipendono né dalla razza, né dalla situazione geografica, né dal livello di civiltà. Altrimenti ci sarebbe impossibile spiegare la coscienza della parentela morale e intellettuale che unisce gli uomini indipendentemente dalla loro appartenenza razziale, di comprendere il pensiero, i sentimenti e gli atti dei nostri più lontani antenati”.

Le teorie razziste fomentate dagli imperialisti provocano odio e conflitti tra le nazioni.
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Dalle razze ai genomi | Fondazione Umberto Veronesi
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