PIAZZA A LA ROCHE-GUYON – Camille Pissarro

 Piazza a La Roche-Guyon (1867) Camille Pissarro
Nationalgalerie – Berlino
Olio su tela cm 50 x 61
In questo quadro Piazza a La Roche-Guyon, troviamo un’applicazione della tecnica della spatola al paesaggio. Il paesaggio è il soggetto pittorico in cui la spatola viene più spesso usata, proprio perché sulle grandi superfici, è facile che il pittore cerchi di intervenire con qualche cosa di più corposo per far vibrare le superfici estese.

A volte capita che siano proprio i colori, le forme e i volumi del soggetto a chiedere al pittore di essere realizzati a spatola. Voglio dire che si “sente” subito il soggetto che può essere realizzato a spatola, cosa che può sembrare ridicola, ma è vera.
Pissarro fu una figura importantissima per tutti i giovani pittori dell’epoca. Molti di questi si recavano da lui a Pontoise e tra questi c’era Cézanne; Pissarro non aveva mai perso la fiducia nel talento del suo amico. Infatti scriveva a Antoine Guillemet:
“Il nostro Cézanne ci dà molte speranze e ho visto e ho a casa mio un quadro di un vigore, di una forza straordinaria. Se come spero resterà qualche tempo a Auvers, dove si deve stabilire, farà stupire molti artisti che hanno avuto troppa fretta di condannarlo”.
Pissarro era felice che il suo protetto crescesse come pittore. Spesso i due, come facevano Monet e Renoir, sceglievano lo stesso soggetto da copiare e lavoravano fianco a fianco.
Così Cézanne imparò fino in fondo i segreti della tecnica di costruzione della materia del quadro e la visione del colore dell’amico e maestro.
Quando Emile Zola si sorprese della somiglianza tra i quadri di Pissarro e Cézanne, il primo rispose molto umilmente e logicamente che era sbagliato pensare che “gli artisti sono gli unici inventori del loro stile”.
Si deve essere consapevoli che tra gli artisti che lavorano assieme c’è uno scambio e sia Cézanne che Pissarro erano consapevoli di essersi influenzati a vicenda.
Possiamo notare l’umiltà e la generosità di Pissarro in una corrispondenza tra lui e il critico d’arte francese Théodore Duret.
In una lettera Duret scrive:
“Lei non ha il senso decorativo di Sisley né l’occhio fantastico di Monet, ma ha quello che loro non hanno, un’intuizione segreta e profonda della natura e una forza di pennello che fa di un suo bel quadro qualche cosa di assolutamente definitivo. Se dovessi darle un consiglio, le direi: non pensi né a Monet né a Sisley, non si preoccupi di quello che fanno loro, faccia per conto suo, vada per la sua strada, quella della natura rustica. Percorrerà una via nuova, andrà lontano e in alto quanto tutti i grandi maestri”.
Pissarro, vedendo che Duret per elogiare la sua arte svalutava quella di Monet, gli rispose:
“Non ha paura di sbagliarsi sul talento di Monet? E un’arte molto studiata, fondata sull’osservazione e di un sentimento tutto nuovo; è la poesia attraverso l’armonia dei colori veri”.
Guardiamo ora il nostro paesaggio. È stata usata una spatola speciale, molto lunga, piatta e flessibile, larga circa due dita. I colori hanno le caratteristiche della Natura morta che ho già esaminato, sono cioè terrosi, ocracei.
L’insieme è tutto tono su tono. Un po’ di cielo grigio, realizzato con il bistro, compare dietro i tetti.
Seguendo la tecnica usata per il quadro Natura morta, bisogna capire i colori applicarti sulla tela.
Ben presto Pissarro abbandonerà questo tipo di pittura per una tecnica molto più analitica, realizzata con pennellate e piccoli tratti, tecnica che adotterà anche Cézanne.
Pissarro e Cézanne, un binomio che portò la pittura all’effervescenza.
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Camille Pissarro, Autoritratto (1873)
Museo d’Orsay, Parigi
Olio su tela cm 55,5 × 46 cm
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