MANON LESCAUT – Antoine-François Prévost

MANON LESCAUT

Antoine-François Prévost

Introduzione

BREVE BIOGRAFIA DI PREVOST 

La famiglia Prévost apparteneva alla buona borghesia di Hesdin, una piccola città nella Francia settentrionale. Quando, il primo d’aprile del 1697, nacque Antoine François, la buona signora Prévost era ben lontana dall’immaginare di aver messo al mondo un essere destinato a una vita assai movimentata, addirittura romanzesca, per le numerose avventure, i viaggi, gli amori travolgenti, le improvvise fughe all’estero, gli alti e bassi della fortuna. Egli trovò pace solo negli ultimi anni della sua vita, trascorsi in qualità di priore tra le mura di un convento. Di qui la qualifica da cui è sempre accompagnato il suo nome: Abate Prévost. La sua opera si compone di ben centotredici volumi: romanzi, racconti storici, memorie di viaggi. Una mole di lavoro davvero straordinaria, se si pensa che il Prévost non fu soltanto scrittore, ma anche di volta in volta militare, predicatore, cappellano, insegnante, viaggiatore avventuroso. Di una così vasta produzione letteraria, soltanto un libro era destinato all’immortalità: “La storia del Cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut”, pubblicato una prima volta ad Amsterdam nel 1731, come appendice all’ultimo volume di un altro libro di Prévost…., “Memorie di un uomo di nobile condizione”. Non è escluso che in questa storia d’amore, così giovane e viva, sia velatamente narrato un episodio della tumultuosa vita dell’autore stesso. L’abate Prévost morì di un colpo apoplettico mentre attraversava la foresta di Chantilly. Aveva sessantasei anni ed era considerato da tutti un uomo saggio e pio. Le sue colpe, vere o leggendarie che fossero, erano ormai state dimenticate. 

Recensione

MANON LESCAUT 


 
RIASSUNTO


Dalla diligenza proveniente da Arras scesero alcune donne, che entrarono subito nell’albergo. Soltanto una ragazza giovanissima si fermò nel cortile in attesa che scaricassero il suo bagaglio. Era poco più che una bambina, con una deliziosa aria di tristezza diffusa sul viso dai tratti delicati. Il giovane cavaliere Des Grieux la guardava da qualche minuto: quella ragazzina era un amore e se lui fosse stato meno timido le avrebbe subito chiesto la ragione della sua mestizia e offerto i suoi servigi. 

Des Grieux lasciava proprio quel giorno il collegio per far ritorno ad Arras, dove suo padre lo attendeva. Era un bravo ragazzo, ottimo studente e figlio affettuosissimo. Aveva diciassette anni e non si era mai innamorato; forse non aveva mai guardato una donna con vero interesse prima d’allora. 

Con uno sforzo enorme vinse la propria timidezza e si avvicinò alla ragazza, approfittando della momentanea distrazione dell’anziano accompagnatore di lei, occupato coi bagagli. Lei sembrò accettare di buon grado i timidi complimenti del giovane cavaliere e gli disse il suo nome: Manon Lescaut. Non esitò a raccontargli che era stata condotta ad Amiens perché volevano farla entrare in convento, contro la sua volontà. Non aveva purtroppo alcuna possibilità di mutare il proprio destino: doveva obbedire ai genitori. Mentre raccontava, gli occhi le si riempivano di lacrime. A quella vista, il timido Des Grieux perse del tutto la testa e diventò coraggiosissimo: chiese a Manon di lasciarsi rapire. Egli le offriva la propria vita in cambio del suo amore. Manon accettò con entusiasmo di affidarsi a quel giovane cavaliere senza paura: il suo bel viso e i modi tanto gentili l’avevano di colpo conquistata. Decise che all’alba sarebbe partita con lui per Parigi; avrebbe trovato lei il modo adatto per sfuggire alla stretta vigilanza del suo severo accompagnatore. 

Fra lutti e due possedevano centocinquanta scudi e, ragazzi come erano, si immaginavano che quella somma rappresentasse la ricchezza e che non sarebbe finita mai. 

Giunti a Parigi, affittarono un appartamento ammobiliato; spensierati e lieti iniziarono la loro vita in comune senza minimamente pensare a ciò che avevano lasciato dietro di sé. 

Per tre settimane Des Grieux fu così immerso nel suo amore da dimenticarsi completamente di suo padre e del mondo intero. Manon si mostrava appassionata, riconoscente e tenera: nessuno avrebbe potuto dubitare del suo amore per lui. Ma quella felicità durò poco: tre robusti lacchè di casa Des Grieux vennero una sera a prelevare il loro giovanissimo padrone: lo cacciarono a forza in una carrozza che attendeva davanti alla porta e in poche ore egli fu ricondotto alla casa paterna. 

Chi aveva fornito l’indirizzo a papà Des Grieux? Questo pensiero torturava il giovane quanto il dolore di essere stato separato da Manon. Sospettare di lei gli sembrava atroce, assurdo. Sapeva bene quanto Manon lo amasse; anzi, avrebbe convinto suo padre a lasciargliela sposare e non l’avrebbe abbandonata mai più. 

Pensò suo padre a togliergli tutte le illusioni: Manon non lo amava abbastanza per sopportare anche la sola minaccia della povertà. Dopo aver ceduto ](sue grazie al ricco signore del palazzo accanto, aveva fatto in modo che la famiglia Des Grieux fosse informata della loro residenza. Il giovanissimo e sprovveduto amante era diventato scomodo per Manon, avida soltanto di piaceri e di lusso. Papà Des Grieux se la rideva, felice che le cose fossero andate in questo modo, ma per il povero ragazzo fu un colpo terribile: chiuso in casa come un prigioniero, si augurò di morire, ma non riuscì a dimenticare l’infedele Manon. 

Intanto, Tiberzio, un caro amico e compagno di studi, datosi da poco alla carriera ecclesiastica, convinse Des Grieux a entrare in seminario con lui. Lì il giovane trovò un po’ di pace: gli studi e gli esercizi religiosi occupavano tanto la sua giornata da non permettergli di crogiolarsi in dolorosi ricordi. In poco tempo egli divenne agli occhi dei superiori l’ottimo abate Des Grieux. 

Ma una sera, l’ottimo abate fu chiamato in parlatorio: Manon era lì, più bella che mai, e gli chiedeva perdono con gli occhi pieni di lacrime. Come resisterle? Senza avvertire i superiori né l’amico Tiberzio, l’abate Des Grieux lasciò quella sera stessa il convento e con la tonaca abbandonò anche tutti i buoni propositi di virtù. 



Manon era intanto diventata quasi ricca, grazie alla generosità di un anziano e innamoratissimo protettore. Ma la vita lussuosa e i divertimenti non erano riusciti a farle dimenticare il giovane e appassionato amore di Des Grieux. Sarebbe morta, e lo diceva singhiozzando come una bambina, se il suo bel cavaliere non fosse tornato a lei. Voleva dividere con lui la sua ricchezza, renderlo felice e farsi perdonare tutte le colpe che aveva commesso. 

Affittarono un appartamento alla periferia di Parigi e fecero saggi piani di economia, perché i sessantamila franchi di Manon potessero durare il più a lungo possibile. Ma alla piccola Manon piaceva vivere da gran signora; quanto a Des Grieux, era pazzo di lei e non osava proibirle nulla. Così il gruzzolo si assottigliò ben presto e il disgraziato cavaliere, perduto il sentimento dell’onore, diventò giocatore e baro allo scopo di far quattrini. Il disonore gli pareva ben poca cosa davanti alla minaccia di perdere la ragazza che amava più di se stesso. Ma nei rari momenti in cui Des Grieux permetteva alla propria coscienza di alzare la voce, egli si chiedeva costernato in qual modo l’amore, che è una passione innocente, avesse potuto mutarsi per lui in una fonte di miserie spirituali e di sregolatezze. Poi una carezza, un sorriso, un bacio della sua piccola Manon bastavano a mettere in fuga quelle sue tristi riflessioni. Il bisogno di denaro finì col convincere Des Grieux a partecipare a una losca impresa, organizzata dal fratello di Manon, un giovinastro dotato di molta fantasia e assolutamente privo di senso morale. Si trattava di raggirare un vecchio libertino, innamorato di Manon e disposto a pagare somme favolose per avere il piacere della sua compagnia. Appena ottenuto il denaro dal vecchio, Manon fuggì col suo Des Grieux; ma pochi giorni dopo furono scoperti e arrestati. Purtroppo, il vecchio libertino era anche un personaggio assai considerato negli alti ranghi della polizia parigina. Egli ordinò che Manon fosse rinchiusa in un ospizio per ragazze traviate e che Des Grieux venisse inviato all’Istituto di San Lazzaro, perché meditasse per qualche mese in solitudine, sotto la guida di un frate. 

Il pensiero delle umiliazioni a cui Manon sarebbe stata esposta e il desiderio di soccorrerla diedero a Des Grieux il coraggio di evadere dalla sua prigione. Appena fuori, si mise febbrilmente a far progetti e a cercare aiuti per liberare Manon. Vi riuscì più presto di quanto avesse sperato, grazie all’aiuto di un giovane e generoso gentiluomo, di cui era diventato amico. Quando Des Grieux riebbe fra le braccia la sua adorata, giurò che non si sarebbe mai più separato da lei. Manon appariva molto pallida, smagrita; i suoi occhi grandi e luminosi lo guardavano con supplichevole tenerezza. Malgrado la paurosa incertezza della loro situazione, Des Grieux era felice… 

“Mi ami?”… le chiese. “Mille volte più di quel che posso dire”… sospirò Manon. “Non ti lascerò mai più.”. 

Des Grieux non aveva ragione di dubitare della sua sincerità, almeno in quel momento. Ma che cosa sarebbe accaduto 1’indomani, quando Manon si fosse accorta che erano ancora una volta senza un soldo? Lui sapeva ormai, per averne fatto le più amare esperienze, quanto lei odiasse la povertà e con quali mezzi vi ponesse rimedio. Decise di tentare la fortuna a1 gioco; ma naturalmente non poteva farlo senza una piccola somma come base di partenza. Si rivolse allora all’amico Tiberzio, che gli voleva troppo bene per giudicarlo severamente; e anche questa volta egli gli venne in aiuto. Sarebbe bastata un po’ di fortuna al gioco per risolvere qualsiasi difficoltà. Queste rosee previsioni misero i due giovani in allegria: Manon faceva risuonare le stanze delle sue risate, del suo canto, degli amorosi nomignoli con cui era solita chiamare il suo amato. 



Quella felicità sarebbe durata più a lungo se non fosse apparso un nuovo innamorato di Manon; e, guarda caso, si trattò proprio del figlio di quel vecchio libertino che l’aveva fatta rinchiudere all’ospizio. Con una fiducia temeraria, addirittura pazzesca, nella sua buona stella, Manon organizzò un raggiro per carpire al giovane spasimante una bella somma di denaro: in quel modo, diceva gongolando, si sarebbero vendicati sul figlio della cattiveria del padre. 

Quest’ultima impresa fu la loro rovina: scoperti e arrestati, furono entrambi rinchiusi nella prigione dello Chàtelet, come volgari malfattori. 

Il vecchio Des Grieux ebbe il permesso di visitare il suo disgraziato ragazzo. Sebbene più volte deluso e amareggiato per il suo comportamento, lo amava ancora teneramente e non voleva infierire su di lui; era Manon che egli odiava. Valendosi della sua alta posizione, papà Des Grieux ottenne dal Luogotenente Generale di Polizia due grazie: per prima cosa fare uscire immediatamente dallo Chàtelet il suo “povero figliolo, più disgraziato che colpevole”, e quindi far condannare Manon Lescaut alla deportazione in America. 

Quando il cavaliere Des Grieux, uscito dallo Chàtelet, apprese l’orribile sorte riservata alla sua Manon, cadde a terra privo di sensi. Ma appena si riprese, capì che non doveva lasciarsi sopraffare dalla disperazione. Manon aveva bisogno di lui, e lui doveva soccorrerla, liberarla, votarsi a lei senza restrizioni. Ma ogni tentativo per sottrarre Manon alla deportazione fu vano. Decise allora di seguirla in America: soffrire insieme a Manon gli sembrava un destino degno di invidia, purché lei non gli fosse tolta. 



Più la nave si avvicinava all’America, più Des Grieux si sentiva tranquillo, quasi felice. Manon era dolcissima, tenera, piena di attenzioni: sembrava trasfigurata dall’amore, l’unico bene rimastole. In lei non vi era più traccia della ragazza capricciosa e incosciente di pochi mesi prima: la sventura l’aveva resa finalmente donna. 

Dopo una navigazione di due mesi, il veliero approdò finalmente alla riva di New Orleans, colonia francese nel Nord America. Nei primi anni del Settecento, al tempo di questa storia, New Orleans non era che un villaggio di misere capanne, abitato da non più di seicento persone. Vivevano da disperati in quell’aspra solitudine quelli che erano stati condannati alla deportazione, consumati dalla nostalgia per la Francia, dove non sarebbero mai più ritornati. 

A Des Grieux e a Manon fu concesso l’uso di una capanna, fatta di tavole e di fango; ma l’incanto del loro amore mutò la capanna in un palazzo degno del più gran re della terra. Qualche settimana dopo il loro arrivo, il governatore offrì a Des Grieux un piccolo impiego: ora potevano veramente vivere tranquilli e con decoro; presto si sarebbero sposati e finalmente la loro vita sarebbe entrata nella normalità. 

Il loro amore rendeva ogni cosa straordinaria: si sentivano gli eroi di una splendida favola. Ma la sventura li colpì di nuovo e nel modo più crudele. Il nipote del governatore si innamorò di Manon e confessò allo zio la sua passione. Poiché il governatore aveva sui deportati diritto di vita e di morte, decise di togliere la ragazza a Des Grieux e darla al nipote, la cui felicità gli premeva moltissimo. Alle suppliche appassionate del povero Des Grieux, rispose freddamente che Manon era sua prigioniera e dipendeva da lui: l’aveva promessa a suo nipote e gliela avrebbe data.

Mentre tornava disperato alla sua capanna, Des Grieux si trovò faccia a faccia coi temibile rivale, un uomo coraggioso, ma impulsivo e violento. Egli stesso propose a Des Grieux il duello… 

“Vediamo – gli disse – chi sarà il più fortunato”. 

L’amore guidò la spada del giovane cavaliere e il nipote del governatore si accasciò gravemente ferito. Ma ora? Non c’era più nulla da sperare. Des Grieux, convinto di avere ucciso il rivale, sapeva che anche la sua sorte era ormai certa: la vendetta del governatore l’avrebbe ben presto colpito. Corse allora da Manon, per salutarla un’ultima volta, prima di fuggire nel deserto. Ma non ebbero il coraggio di lasciarsi: abbandonarono la capanna e si misero in cammino verso l’arida pianura che circondava New Orleans. Non sapevano dove si sarebbero rifugiati: forse fra i selvaggi, al di là del deserto, vicino alle montagne… Camminarono per ore e ore come in un incubo, oppressi dal terrore di essere raggiunti. Erano inconsapevoli del cammino percorso e credevano di essere ormai molto lontani dall’abitato. Finché, giunta la notte, Manon confessò di non poter fare un passo di più. Des Grieux si spogliò dei suoi abiti per offrirle un giaciglio meno duro della nuda terra; scaldò coi suoi baci le mani diacce di lei, il viso mortalmente pallido. Vegliò accanto a lei l’intera notte. 

Credendola addormentata, non osava quasi respirare, nel timore di turbare il suo sonno. Manon morì all’alba, sfinita di debolezza e di terrore. Per un intero giorno Des Grieux la tenne fra le braccia, sperando di morire. 

A1 sorgere del secondo giorno, ebbe il timore che il corpo di lei potesse venire dilaniato dalle belve; raccolse allora tutte le sue forze e scavò una fossa. Vi depose adagio la sua piccola Manon, dopo averla avvolta nei suoi abiti per impedire alla sabbia di toccarla. Sedette poi accanto a lei e la guardò a lungo, senza risolversi a colmare la fossa. Quando si sentì ormai vicino a morire, si decise a coprire di sabbia il “suo tesoro”. Poi si distese col viso contro la sabbia e chiuse gli occhi… 

Fu soccorso in tempo e riportato a New Orleans, dove lo stesso nipote del governatore, guarito dalle sue ferite lo aiutò generosamente. Pochi mesi dopo, il cavaliere Des Grieux poté tornare in Francia. Chi lo rivide però stentò a riconoscerlo: i suoi lineamenti erano gli stessi, ma l’espressione dolorosa del suo volto incuteva pietà. Egli era ancora vivo e già la sua storia d’amore giudicata riprovevole stava diventando leggenda. 






COMMENTO


L’autore della storia di Manon disse di aver voluto dimostrare le “disastrose conseguenze delle passioni”, scrivendo un romanzo che fosse anche una lezione di morale. Il personaggio di Des Grieux è infatti un esempio di come la passione possa trascinare alla rovina un giovane dotato di intelligenza e di virtù. Su Des Grieux, sui suoi alterni errori e pentimenti, si fissa la attenzione dell’autore. Non lo perde di vista un attimo: gli fa raccontare tutti i suoi pensieri, i sentimenti e le emozioni. Nelle intenzioni dello scrittore, Manon doveva essere un personaggio secondario: utile ai fini del romanzo, ma senza eccessivo rilievo. Invece la figura di Manon a poco a poco gli prese la nano e alla fine la protagonista divenne lei, attirando su di sé tutta l’attenzione del lettore. Fu così che un romanzo scritto a scopo moralistico divenne mia appassionante storia d’amore. La personalità di Manon, tutta impulso, tenerezza e incoerenza, balza viva da ogni pagina, con assoluta spontaneità. Una donna priva di senso morale e costituzionalmente infedele che commette il male con sbadatezza, senza alcuna premeditazione. Colta in fallo, piange, si dispera e promette che non lo farà più. Vibrano in lei i più opposti sentimenti: amore e infedeltà; furbizia e candore. Eppure, c’è nel suo intimo una predisposizione alla virtù, che matura in lei dopo molte dolorose prove. la sua morte è in perfetto contrasto con la brevissima e riprovevole vita: muore per non abbandonare il suo Des Grieux, il cui amore le è più caro della vita stessa. La ragazza leggera diventa di colpo donna: capisce l’untore, la pietà, il sacrificio. Si è quasi indotti a perdonarle tutto, per quella morte tragica… 

“Erano due ragazzi… Tutto per loro è stato così breve, così terribilmente veloce! Quel suo cinguettare “mio cavaliere, mio adorato…” pareva non dovesse più finire… 

In realtà non è finito…, non finirà mai. Manon non è morta… vive di una potente e intatta vitalità non solo nel romanzo ma anche nella musica dolcissima che la sua storia ha ispirato a Jules Massenet e a Giacomo Puccini. 


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