LA RIVOLUZIONE RUSSA

LA RIVOLUZIONE RUSSA

Karl Marx aveva formulato l’ipotesi che la rivoluzione socialista si sarebbe potuta realizzare solo in un paese industrialmente e socialmente avanzato, dove cioè il capitalismo avesse raggiunto il più alto grado di sviluppo. Nella realtà, è accaduto invece che la prima rivoluzione socialista del mondo sia maturata in un paese economicamente assai arretrato, dove l’industria capitalistica muoveva i suoi primi, incerti passi e dove, per conseguenza, la classe operaia non costituiva che un’esigua minoranza nei confronti delle altre classi sociali, specialmente contadine.

Lo Stato sorto dalla rivoluzione si trovò così ad affrontare insieme i problemi derivanti dal mancato sviluppo capitalistico e quelli connessi alla costruzione di un sistema affatto nuovo, per il quale mancava il sostegno di alcuna esperienza passata. Sul piano politico, si passava da un regime assolutistico e semi-feudale come quello zarista, al potere socialista senza che il paese avesse conosciuto la fase della democrazia di tipo liberale, caratteristica dei paesi dell’Occidente.

La vittoriosa rivoluzione dell’ottobre del 1917 in Russia era dunque qualcosa che si distaccava notevolmente dalle ipotesi formulate a suo tempo da Marx, da Engels e dai loro seguaci. Storicamente, causa della rivoluzione russa fu il fatto che in questo paese erano esplose, in maniera drammatica, insanabili contraddizioni di ordine economico e sociale che avevano rivelato tutta la debolezza del regime zarista: contraddizioni tra nascente capitalismo e residui feudali; tra queste sopravvivenze feudali e la miserabile condizione dei lavoratori della terra; tra la penetrazione del capitale straniero e gli interessi nazionali.

Si aggiunga a tutto questo l’insofferenza dei popoli che vivevano nello sterminato territorio dell’Impero sotto il tallone dello Zar e della Russia propriamente detta (1) e si avrà la misura del potenziale esplosivo esistente all’estremo Est dell’Europa. Un potenziale che già si era espresso minacciosamente nel 1905, nel giugno, con la rivolta dei marinai della flotta del Mar Nero, e in particolare della corazzata “Potemkin” e poi nell’autunno, con un moto che era dilagato rapidamente in tutto il paese. Una rivolta repressa nel sangue ma che aveva lasciato un segno indelebile, arricchendo le forze rivoluzionarie di una esperienza preziosa.

A questi che sono da considerarsi gli elementi obiettivi di una crisi acutissima deve essere aggiunto il ruolo di enorme importanza svolto dal Partito socialdemocratico operaio russo e più precisamente della sua ala di maggioranza, i “bolscevichi” (2). Alla testa dei bolscevichi stava, con un prestigio e un’autorità indiscussi  Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin (1870-1924). Questi ebbe il merito di comprendere la natura irreversibile della crisi che colpiva col regime zarista l’intera struttura della società e la conseguente necessità di sferrare l’attacco decisivo. L’andamento della guerra che impegnava la Russia contro gli Imperi centrali fornì l’occasione per una generale rivolta che il 25 ottobre del 1917 culminò a Pietrogrado, con quelli che con felice espressione furono definiti “i dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Con la parola d’ordine “tutto il potere ai Soviet” (Consigli di operai, soldati e contadini) il partito bolscevico portava le masse rivoluzionarie alla vittoria.

(1) cioè la regione Nord-occidentale dell’Impero
(2) bolscevichi: il termine “bolscevico” significa appunto “di maggioranza”, ed era contrapposto a “menscevico” (di minoranza); i menscevichi rappresentavano nel Partito socialdemocratico l’ala riformista, o di destra.

Fonte video: YouTube – La Storia sul Tubo

VEDI ANCHE . . .

RIVOLUZIONE RUSSA – LA SOCIETÀ RUSSA PRIMA DEL 1917

RIVOLUZIONE RUSSA – LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE

LA RIVOLUZIONE RUSSA

RIVOLUZIONE RUSSA – LA N.E.P.

.