COME LE FOGLIE – Giuseppe Giacosa

COME LE FOGLIE

Commedia in prosa in quattro atti di Giuseppe Giacosa. Rappresentata al Teatro Manzoni di Milano il 31 gennaio 1900, venne pubblicata a Milano nel 1900.

Personaggi

Giovanni Rosani (cinquantasei anni)
Giulia, sua seconda moglie (trentaquattro anni)
Tommy (ventisette anni) e Nennele (ventidue anni), suoi figli di primo letto
Massimo Rosani, suo nipote (ventinove anni)
La signora Lauri
La signora Irene
La signora Lablanche
Helmer Strile, pittore
Un altro pittore
Un signore
Andrea e Gaspare, domestici
Lucia, vecchia cameriera
Marta, cuoca
Un groom
Facchini
La Piccola

* * *

TRAMA

ATTO I

Ormai in bancarotta, la famiglia di Giovanni Rosani deve abbandonare la confortevole dimora borghese per trasferirsi a Ginevra. Partono stentando a pagare i debiti coni fornitori; il capofamiglia si considera responsabile del tracollo finanziario, per essere stato troppo indulgente verso le spese folli della seconda moglie Giulia e del figlio di primo letto, Tommy. L’unica che si dimostra in grado di comprendere la situazione, e di fare economie, è la sorella di Tommy, Nennele. Alla famiglia si unisce anche il cugino Massimo, che Tommy e Nennele apprezzano poco per la sua lucida praticità.

ATTO II

A tre mesi dal trasferimento in Svizzera i membri della famiglia Rosani affrontano la nuova condizione secondo i singoli temperamenti: Giulia dipinge paesaggi naturali, illudendosi di poter divenne una stimata pittrice; Tommy non è guarito dalla smania del gioco e rifiuta un impiego che Massimo gli ha trovato, preferendogli la frequentazione del bel mondo; Nennele si arrangia dando lezioni private d’inglese. È Massimo a tenere insieme la famiglia col suo pratico attivismo e a suscitare un istinto di solidale collaborazione soprattutto in Giovanni, che riesce a persuadere Tommy ad accettare l’impiego propostogli.

ATTO III

Nennele, economa e seria, è travolta dalla sensazione dello sfacelo: Giulia, infatti, è innamorata del pittore norvegese Helmer Strile, suo presunto ma inefficace maestro ed estimatore, e ciò suscita il disgusto della figliastra verso la matrigna. Giulia comunque la spunta, poiché s’è accordata con Tommy per testimoniare della sua presenza al lavoro, quando invece fa solo finta di esservisi recato. Nennele, intanto, rifiuta la proposta di matrimonio fattale da Massimo, considerandola una velata forma elemosina.

ATTO IV

 In una notte di luna Giovanni sorprende Nennele mentre sta per sgattaiolare fuori di casa per uccidersi. I due tentano a cuore aperto un bilancio della situazione disastrosa della famiglia, dopo la partenza di Tommy: Nennele non nutre fiducia che il padre riesca a provvedere alle necessità di tutti quanti. Ma a vegliare su di loro scoprono Massimo, come sempre preoccupato della loro sorte e tenero verso Nennele.

* * *

Nella casa ingombro di bagagli, Nennele Rosani dirige l’operazione trasloco. Dopo il fallimento del capofamiglia, i Rosani lasciano per sempre lo splendido mondo in cui hanno vissuto lino ad allora. Si trasferiscono in Svizzera, dove Giovanni è atteso da un nuovo lavoro offertogli da un parente. È molto difficile per tutti convincersi di essere ormai poveri. Solo Nennele. infatti. porgerà un valido aiuto a suo padre e riuscirà a superare il difficile momento, mentre gli altri, come le foglie in autunno. si perderanno lungo la vita.

* * *

RIASSUNTO

La casa dell’industriale Rosani è ingombra di bauli, di valigie, di mobili ricoperti da teli; Nennele, la figlia ventiduenne di Giovanni Rosani, si affanna a  dare ordini alla servitù, a chiudere i bagagli e a pagare i conti della seconda moglie dell’industriale, la giovane signora Giulia, che in quei giorni ha fatto molte spese per abiti, guanti e profumi. Tommy, fratello di Nennele, si comporta con la disinvoltura dell’uomo di mondo e la leggerezza che gli sono abituali, senza rendersi conto della gravità della situazione. Il padre, dopo una vita integerrima e tutta dedicata al lavoro, è fallito. Il fatto è che, mentre lui lavorava, la .famiglia spendeva: la moglie faceva vita di società e più che alla casa pensava a soddisfare i suoi  capricci; Tommy era convinto che la sua posizione di giovin signore gli permettesse di limitare la sua attività al gioco (e al tappeto verde perdeva ingenti somme) e allo sport.
Soltanto Nennele, saggia nonostante la sua giovane età e affezionatissima al padre, soffriva di vedere quel brav’uomo affaticarsi sempre più per permettere alla famiglia di vivere nell’agiatezza; avrebbe voluto che il padre fosse più energico di fronte alle incoscienti pretese della moglie e del figlio… ma il padre sgobbava e preferiva non vedere.
Di fronte alla rovina, Rosani si è comportato, come sempre, da onest’uomo: ha fatto un concordato coi creditori e ha pagato tutto il pagabile; è restato così a mani vuote, ma con la coscienza pulita.
Quanto a sua moglie e a suo figlio, non sono nemmeno in grado di comprendere un simile modo di agire. Giulia si è portata addirittura a casa un avvocato, perché persuada il marito a frodare i creditori; Tommy dal canto suo è convinto che il padre abbia messo in disparte un buon gruzzolo e canzona Nennele che cerca di aprire gli occhi a lui e alla matrigna, perché si convincano finalmente di essere diventati poveri.
Rosani si trasferisce con la famiglia a Ginevra, in Svizzera, e là ricomincia la sua vita di lavoro assieme al nipote Massimo, un imprenditore onesto e generoso che gli ha teso una mano nel momento del disastro. Ma mentre il padre e Nennele fanno del loro meglio per adattarsi alla nuova situazione economica, Giulia e Tommy non hanno imparato la lezione. Sono le foglie deboli, che il primo accenno di burrasca stacca dal ramo e disperde al vento.
Giulia fa amicizia con due pittori e passa le sue giornate in loro compagnia a imbrattar tele, lasciando a Nennele il duro compito di far quadrare il magro bilancio. E non si limita al disinteresse, ma arriva perfino, per far doni ai suoi nuovi amici, a sottrarre alla figliastra i pochi oggettini di valore rimasti e i denari gelosamente custoditi per le spese di casa.
Tommy, che nel passato è sempre stato legato da un tenero affetto alla sorella, nelle nuove condizioni della famiglia si allontana da lei. Nennele lavora, Nennele pretende e rimprovera, Nennele è il fastidioso richiamo a una spiacevole realtà; Tommy, che continua la sua fatua vita di giovin signore, non vuole più ascoltarla. Preferisce confidarsi con la matrigna, che ha una mentalità simile alla sua. Eppure Tommy non è del tutto bacato: di fronte al dolore del padre e della sorella, ha un guizzo di buona volontà e accetta un impiego che Massimo gli ha procurato. Ma dura poco: Nennele scopre più tardi che il fratello si è recato al lavoro un giorno, un giorno solo. E gli altri giorni? Passava il tempo a indebitarsi al tavolo da gioco. E il denaro glielo prestava una donna, senza che nemmeno Tommy glielo chiedesse. Ora il giovane tenta disperatamente di trovare delle attenuanti, più di fronte a sé stesso che di
fronte agli altri:
“…Me li ha offerti… ha insistito… perdevo, volevo rifarmi… avrei dato dieci anni di vita per trovare… e li ho trovati là, facili facili. Tutto facile fin dal principio, e continuamente, e sempre: facile il vivere, facili le cognizioni, facili i piaceri, facili 1’ossequio e la
benevolenza, facile la pietà, facili i vizi… una sola cosa difficile… la volontà, ma non mi occorreva”.
Ora, nemmeno la volontà servirebbe a salvare Tommy: sposerà la donna che gli ha prestato il denaro, senza amore, per pagare il suo debito. Nennele sente tutto crollare attorno a sé. Anche il padre, che una volta era la sua sicurezza, la sua consolazione, le appare un debole, un fallito, perché non ha saputo prevedere nulla, non ha saputo imporsi ed evitare la catastrofe.

In tanto sfacelo, Massimo le tende una mano, le offre il suo amore:
“Vuoi esser mia moglie?”
“Non accetto elemosine.”
“Non vuoi?”
“No”
“Non puoi volermi bene?”
“Non è questo. Non credo che tu me ne voglia… di quello”.

Così Nennele resta sola, con la sua amarezza. La sua energia cede per un momento e in una notte senza pace ella arriva persino a meditare il suicidio.
Ma mentre sta per uscire di casa il padre la vede, la insegue, la interroga, trepidante. E improvvisamente capisce, come folgorato: Nennele non vuole più vivere! Allora riconosce di non aver dato ai suoi figli tutto ciò che doveva: una forza a cui appoggiarsi, una guida. E Nennele, di fronte a quell’uomo distrutto, che è stata sul punto di abbandonare, si vergogna dei suoi propositi suicidi. Anche lei è stata vile di fronte al dolore. E finalmente vede chiaro anche in Massimo, colui che l’ama e la comprende, colui al quale potrà affidare con sicurezza la .propria vita, colui che le sarà sempre vicino, pronto ad aiutarla.
Proprio durante il colloquio notturno col padre Nennele prende la decisione di accettare l’amore di Massimo. Mentre il padre le parla, la fanciulla ha l’impressione che egli si interrompa per guardare nell’oscurità, come se vedesse una figura aggirarsi lì intorno. Ha allora una sorta di presentimento e chiede trepidante al padre:
“Ma che hai? È la seconda volta che ti interrompi. Che cosa guardi?”
“M’era parso di vedere un uomo là sotto gli alberi. Mi sarò ingannato. Tra la- luna e le frasche.”
“C’è. C’è qualcuno.”
“Lo vedi?”
“Ora sta fermo, È nell’ombra. No. No, no.”
“Lo dici con tristezza. Ti rincresce che non ci sia nessuno? Chi credevi?”
“Ma pensa! Chi vuoi…?”
“Tommy, credevi?”
“No. Nessuno.”
“Tu non avrai più i cattivi pensieri?”
“Oh, no. Mai.”
“Non penserai più a lasciarmi? Lasciarmi dovrai pure un giorno. Bisogna sperarlo. Avevo sperato…”
“C’è. Eccolo. S’è avvicinato all’ombra della siepe… per sentirci. Lo vedi?”
“Dove?”
“Là, dietro il cespuglio. Guarda l’ombra che ne getta la luna. Vedi? È rimasto. Vegliava. È rimasto per me, ha capito.”
“Che dici? Chi è?”
“Vuoi che lo chiami? Massimo! vieni.”.

 

UNA SCENA DELLA COMMEDIA

TOMMY – Cos’è stato?
GIULIA – È stato che tua sorella mi accusa di frugare nei suoi cassetti. Dice che tu mi hai veduto, ieri, prendere….
NENNELE – No, prendere no. Tu negavi d’esser stata in camera mia: ho detto che Tommy ti ha veduto uscirne.
TOMMY – Ma che questioni sono queste? Andiamo, io non so nulla.
NENNELE – Oh, Tommy. Non evitare di rispondere. Vedi bene! Vuoi che possa dire che ho mentito? Ieri ti ho incontrato qui quando risalivo dall’orto. Ti ho domandato… mi ricordo che l’ho fatto col tono più indifferente, perché non volevo metterti in sospetto. Ti ho domandato se avevi veduto mammà. Non volevo correre il rischio di entrare in camera e di trovarcela ancora. Mi avrebbe tanto imbarazzato! E tu mi hai risposto… (Tommy è sempre stato impassibile guardando in aria. Fissandolo) non è vero?
TOMMY – Non ricordo.
GIULIA – (Trionfante) Ah.
TOMMY – (piano a Giulia) Taci.
NENNELE – Non ricordi nemmeno di essere stato tu a ispirarmi il primo dubbio…
TOMMY – Che dubbio?
NENNELE – Oh, ti sarà passato di mente, Tommy. Hai la memoria così labile!
TOMMY –  Finiamola, eh?
NENNELE – No, no, anche questo va detto, per misurare fino a dove vanno le mie invenzioni. Otto giorni fa, proprio l’altro giovedì, ti aveva parlato di trenta lire…
TOMMY – Tu sogni.
NENNELE ~ Mammà, Ti chiedo perdono, sono una bugiarda.

COMMENTO ALLA PAGINA

Questa breve scena fra Giulia e i due figliastri è un esempio tipico dello stile teatrale di Giacosa: quel suo saper rendere, con poche battute semplici e apparentemente insignificanti, una intima e profonda tragedia; perché tragedia è per Nennele vedersi tradita dal fratello e costatarne la bassezza d’animo, proprio nel momento in cui gli chiede il suo appoggio contro la matrigna, Con parole secche e bugiarde Tommy abbandona la sorella, che pure ama, per allearsi con Giulia che ha sempre disprezzato. Nelle due belle battute finali è chiusa ed espressa con grande abilità tutta una situazione: Nennele misura d’un colpo la bassezza morale del fratello ed è atrocemente ferita dalla sua menzogna, ma lo perdona e accusa sé stessa con poche parole d’una infinita amarezza. Eppure è lei la più forte: basta una battuta, amara ma dignitosa e generosa, perché la sua “statura” morale e umana ingigantisca di fronte ai due
che mentono.

IL TEATRO DEI DRAMNH SILENZIOSI

“Hanno ammazzato compare Turiddu” urlava un attore sul palcoscenico del Carignano a Torino nel 1884, alla prima rappresentazione del dramma di Giovanni VergaCavalleria rusticana“; battute come questa, che scatenavano gli applausi frenetici del pubblico, aprivano la via a un nuovo tipo di teatro: il teatro realistico, un teatro cioè che descriveva l’ambiente dell’epoca e la realtà quotidiana. Con l’affermarsi graduale del realismo, appariva sempre più falsa la retorica del teatro romantico, che ancora si trascinava sulle scene italiane e che ancora piaceva a numerosi spettatori, nonostante fosse ormai alquanto superata. Molti commediografi adottarono il nuovo stile teatrale, e ognuno lo arricchì e lo caratterizzò secondo il proprio temperamento. Si ebbe cosi il rude verismo paesano del Verga, e un realismo borghese, che narrava sulle scene situazioni e drammi del ceto medio.
Con questa forma di teatro, Giacosa seppe esprimersi meglio di ogni altro lo spirito del suo tempo. È vero che, fra le molte opere scritte da Giacosa,
alcune, come La partita a scacchi o La signora di Challant, si ispirano ai modelli romantici; ma, per quanto abbiano avuto successo, sono poi passate in secondo piano di fronte all’autentica originalità e al valore artistico dei suoi due capolavori Tristi amori e Come le foglie. Queste scene di vita borghese hanno una loro patetica poesia, perché Giacosa mostra grande pietà nel rappresentare le debolezze della società che lo circonda, e ne esprime le piccole miserie quotidiane o le profonde e intime tragedie con parole semplici e vere, senza enfasi né retorica. Una delle caratteristiche dell’arte di Giacosa è quella di lasciar capire fra le righe, di dar maggior forza alle battute con pudichi silenzi, di esprimere senza alcuna retorica la sua fede nella vittoria dei sentimenti buoni e sinceri, nella forza di volontà, nella bellezza del dovere compiuto e del sacrificio.

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GIUSEPPE GIACOSA – Vita e opere

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