IL SESSO NELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO

IL SESSO NELL’ANTICHITÀ E NEL MEDIOEVO

Dall’uso delle vesti e dall’abitudine a nascondere i genitali alla ricerca di luoghi ed occasioni riservate per esercitare l’attività ed il rapporto sessuale il passo – sempre in termini di millenni – può essere stato breve: quanto meno logico. Perché far vedere le parti del corpo, che la donna desiderava tener celate a tutti, in occasione dell’amplesso? E perché il maschio doveva esibire la propria femmina a tutti, se poi ne temeva, gelosamente, le insidie? Ecco allora derivare la convenienza utilitaristica (non morale) di limitare l’amplesso a momenti di solitudine, a luoghi riservati, al buio della notte.
Un altro fattore deve avere avuto una certa importanza: la presenza del figlio nato da una coppia.
Nei tempi più lontani non esisteva il problema della paternità: il bimbo nasceva ignorato dal padre (anche perché ignorato era il rapporto tra coito e gravidanza). Quando invece i legami sessuali raggiunsero una certa durata – pur nelle mancate conoscenze del significato biologico dell’accoppiamento – i figli dovettero suscitare sentimenti di dolcezza ed affetto, che aumentarono il legame fra i genitori e favorirono la formazione della famiglia. Qui si è cercato – per evidenti ragioni di sintesi – di delineare schematicamente il processo di sviluppo e di evoluzione sociale della sessualità; è certo però che, nella realtà, le cose sono andate in modo differente, con periodi di progresso ed altri di regresso, con un andamento pieno di contraddizioni.
E tutto ciò non solo per il sovrapporsi ad una civiltà di un certo grado e tipo, di un’altra, vincitrice magari di una guerra, ma anche per un’infinità di condizionamenti ambientali, fisici (clima, alimentazione, ecc.), psicologici e religiosi. Tali contraddizioni e regressioni sono continuate nel tempo, sino ai nostri giorni.
Grosse modificazioni si sono certo avute nel passaggio dalla società matriarcale a quella patriarcale e viceversa e. ancora, nello sviluppo della famiglia, allorché l’amore istintuale del padre verso i figli da indifferenziato si fece specifico, rivolgendosi in particolare ai figli maschi e corrompendosi per l’intrusione di elementi economici, quali le questioni della eredità, che ponevano appunto i figli maschi in una particolare condizione di superiorità. Ad un certo momento, anche la donna avrà iniziato a selezionare meglio i criteri della scelta del compagno, nel tentativo di accaparrarsi non più solo un maschio sessualmente valido e capace, ma un uomo migliore dal punto di vista della sua potenza sociale ed economica: a tale fine avrà fatto ricorso a nuovi modi di seduzione.
L’uomo preistorico di trentamila anni fa aveva molto probabilmente già varcato la linea di demarcazione tra sessualità animale e sessualità umana. Sentiva un certo rispetto per la femmina e amore per i figli; aveva una famiglia basata su qualche regola che evitava un’eccessiva promiscuità sessuale. Dalle più antiche raffigurazioni artistiche si trae l’impressione che la coppia non doveva però essere il nucleo familiare di base (ciò dovrebbe escludere la monogamia) mentre risulta chiara la devozione che l’uomo ha per la donna. Nell’ultimo periodo glaciale (15-20 mila anni fa) risulterebbero già abbastanza ben differenziati i ruoli sessuali: l’`uomo va a caccia, la donna sta a casa; l’uomo garantisce il sostentamento del gruppo, più che della sola famiglia, andando a caccia in gruppo, e la donna, pur curando i propri piccoli, vive e lavora non per la sua sola famiglia ma anche essa per l’intero gruppo.
Alla fine dell’ultima glaciazione (8-10 mila anni fa) la socializzazione dell’uomo (ormai un homo sapiens del tutto simile all’attuale) è completa, ma soprattutto la coscienza e la possibilità di capire, e a volte dominare, i fenomeni della natura offre nuove possibilità. È anche del tutto probabile che nell’epoca in cui da nomade si fece stanziale, ed alla caccia sostituì l’allevamento e la coltivazione, l’uomo abbia preso coscienza anche del rapporto esistente tra attività genitale e riproduzione.
Probabilmente quest’epoca fu dominata dalle donne (che gli uomini in fondo imitavano cessando di cacciare e dedicandosi ai lavori stabili dei campi, vicino alla casa) e basata sul matriarcato. A questo ha poi fatto seguito una fase patriarcale, promossa dallo stabilirsi di nuove condizioni di vita tribale, caratterizzata dalla proprietà dei beni, nonché delle donne e dei figli. In questo periodo postglaciale, sino all’arrivo dell’era storicamente (almeno in parte) controllata (3-4000 anni a.C.), lo sviluppo dell’organizzazione familiare passò probabilmente attraverso tre stadi differenti. Un primo monogamico naturale (conseguente alla scoperta  della maggior soddisfazione affettiva e sessuale nell’esercizio del sesso all’interno della coppia); un secondo poliandrico e poligamico (dovuto all’improvvisa esplosione demografica ed alla costituzione dei primi gruppi tribali, regolati da norme riguardanti i componenti); un terzo fondamentalmente monogamico, istituzionalizzato però come regola introdotta nell’interesse stesso del gruppo, che dalla poligamia e dalla poliandria aveva visto incrementare le occasioni di liti e contrasti interni, per gelosia.
Alla fine della preistoria i popoli presentano già divisioni sociali in classi: la superiore – ricca, potente e autoritaria – da un punto di vista sessuale è anche la più libera; essa concede maggior potere al maschio, importante non solo politicamente ma anche nella famiglia per i diritti di successione. L’altra classe, quella inferiore – povera e sottomessa – presenta invece una maggior parità di diritti fra i due sessi, ed a volte una minor libertà sessuale. Una certa poligamia risulterebbe presente nella classe più elevata, mentre sarebbe mancata in quella più bassa, per la quale libertà e poligamia sono troppo onerose. Tale divisione sociale manterrà pressoché inalterati taluni suoi fondamentali caratteri quasi sino ai nostri giorni.
Le cose, almeno in un primo tempo, non mutarono di molto con l’avvento dell’epoca storica, cioè del periodo in cui ogni importante avvenimento politico, ogni grande fenomeno economico e sociale possono essere provati con documentazioni di una certa sicurezza.
Una particolarità risulta tuttavia presente nell’antico Egitto, allora società matriarcale, caratterizzata dalla trasmissione ereditaria dei poteri politici, della nobiltà e dei beni per linea femminile: è l’assenza di qualsiasi condanna dell’incesto. Anzi, specie tra i potenti, l’unione ideale è la coppia fraterna: le sorelle che sposano cioè i propri fratelli. Modificazioni radicali, in questo antico e civile paese, avvennero più tardi, dapprima con un’opposizione dei capi militari al potere politico e religioso delle donne, e successivamente con una vera e propria rivoluzione sociale (2000 a.C.), grazie alla quale le classi più povere acquisirono taluni diritti, fra i quali quello del matrimonio, fino ad allora riconosciuto solo ai ceti più ricchi. Da rilevare infine che presso gli Egizi (e quindi prima che in Israele) si usava praticare la circoncisione, come cerimonia d’iniziazione.
Presso la civiltà babilonese (2000 a.C.) esisteva una precisa regolamentazione della famiglia. Il matrimonio era monogamico, pur essendo legale tenere delle concubine in casa. Analoghi gli usi presso il popolo di Israele, ove il matrimonio era finalizzato alla procreazione, tanto è vero che se risultava sterile poteva essere sciolto. Questa civiltà ammetteva e regolava l’incesto, vietava le relazioni adulterine, riconosceva la prostituzione. Nell’antica India, la fedeltà della donna al marito era assoluta, tanto che la tradizione prevedeva il sacrificio della moglie sopravvissuta alla morte del suo compagno; l’incesto era rigorosamente vietato.
Nella civiltà greca, la sessualità, da un punto di vista sociologico, non era ben definibile. Ciò non solo per le naturali differenze esistenti in singoli periodi o città (Sparta autoritaria e sesso-negativa, Atene democratica e piuttosto libera) né per i contrasti tra la realtà e la leggenda o la mitologia (nella letteratura l’esercizio dell’attività sessuale era assolutamente libero ed anzi esaltato), ma soprattutto per una certa diffusa libertà di comportamento. La famiglia era tuttavia una comunità di valore economico e sociale; le donne facevano vita piuttosto ritirata; il matrimonio sanciva dei diritti e non dei sentimenti né delle esigenze sessuali (che si potevano soddisfare liberamente con prostitute). L’omosessualità sia maschile che femminile, era accettata ed anche largamente praticata.
A Roma, società dapprima agricola e militare, gli uomini, lavoratori e soldati, avevano assai più diritti delle donne e il matrimonio era una sorta di semplice iniziazione sessuale. Più tardi, riconosciuta alle donne una migliore posizione (per motivi essenzialmente economici, derivanti dall’istituzione della dote portata al marito dalla sposa) il matrimonio viene istituzionalizzato, e poi riconosciuto come base fondamentale della società.
Tuttavia la separazione è consentita, prevista e regolamentata; le relazioni adulterine, sia maschili che femminili, severamente represse. Col tempo si verifica anche a Roma, come in Grecia, una certa separazione tra la ricerca del piacere sessuale (fiorisce infatti la prostituzione) e l’amore coniugale, almeno tra i potenti e i ricchi, in grado di pagarsi ogni soddisfazione erotica.
La predicazione e le proposte cristiane arrivano a Roma in un periodo di travaglio politico e sociale, in cui vi è una esaltazione di tutte le filosofie più materialistiche ed edonistiche basate sul godimento di beni terrestri, sul piacere sessuale, su certa elasticità morale. Il contrasto è ovviamente molto aspro, poiché il senso comune del romano medio non solo respinge la nuova fede che si basa sulla rinuncia dei beni terrestri, sulla esaltazione della povertà, sulla necessità di una vita d’amore, ma si oppone con la violenza all’ipotesi di una negazione di quei valori e di quelle tradizioni che avevano fatto grande e potente Roma. La reazione si aggrava poi allorché la predicazione cristiana accentua il suo ascetismo, sostenendo la castità e la indissolubilità del matrimonio (norme che in verità escono più che dalla predicazione di Cristo, da quella di taluni degli apostoli suoi seguaci), e condannando l’amore carnale come peccato.
Il cristianesimo ha posto assai presto il problema di una rigida condotta sessuale, quasi cercando di fondare buona parte della sua autorità sulla calcolata produzione di uno stato d’ansia sessuale. Per quanto il cristianesimo possa avere contribuito allo sviluppo sociale e culturale, la sua influenza sul comportamento sessuale dell’uomo è stata fondamentalmente negativa, avendo da un lato assimilato, col passare del tempo, gli elementi più autoritari dal giudaismo e dai romani. Nel corso dei secoli ha poi spesso accentuato la sua posizione sessorepressiva e offerto un valido supporto alle più conservatrici ed antiliberali tesi della società capitalistica.
Scarse sono le conoscenze riguardanti il comportamento sessuale nel Medio Evo: anche da questo punto di vista si tratta di secoli oscuri, come per una serie di altre attività umane, artistiche o scientifiche. Si sa che la medicina studia, tra l’altro, i problemi posti dalla sterilità femminile e dall’impotenza maschile. Ma il dato più grave è che si diffondono convenzioni chiaramente sessorepressive, come la castità dei preti decisa nel VII secolo, ma restata assai poco praticata sino ai decreti di Leone IX (metà dell’XI secolo) e come la condanna d’ogni rapporto sessuale fuori del matrimonio o non specificamente ed esclusivamente rivolto alla procreazione. In contrasto con tali principi, la vita sessuale doveva però essere piuttosto libertina, almeno presso le classi nobili, se è vero, che nudità e prostituzione non sono oggetto di divieti e che si impose nella società feudale il “Jus primae noctis”, cioè il diritto per il nobile di togliere la verginità alle spose dei propri sudditi.

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AMOR SACRO E AMOR PROFANO (Vedi scheda)
TIZIANO (1490 circa-1576)
Galleria Borghese, Roma
Tela cm 118 x 279

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La prima forma dell’amore sessuale che appare nella storia come passione, e passione che spetta ad ogni individuo (per lo meno delle classi dominanti), come la forma più alta dell’istinto sessuale – il che ne costituisce precisamente il carattere specifico – questa sua prima forma, l’amore cavalleresco del Medioevo, non fu affatto un amore coniugale. Al contrario. Nel suo aspetto classico, presso i Provenzali, esso naviga a vele spiegate verso l’adulterio, e i poeti provenzali lo celebrano.
Il fiore della poesia d’amore provenzale sono le “albe”, in tedesco “Tagelieder”. Esse descrivono a brillanti colori il cavaliere che giace a letto con la sua bella, la moglie di un altro, mentre fuori sta all’erta la sentinella, pronta a chiamarlo appena tralucano i primi albori (“alba”), perché egli possa scappare inosservato. La scena della separazione rappresenta poi il punto culminante.
I Francesi del nord e anche i valenti Tedeschi accettarono questo genere poetico, insieme con la corrispondente maniera dell’amore cavalleresco.
Friedrich Engels

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La moderna famiglia singola è fondata sulla schiavitù domestica della donna, aperta o mascherata, e la società moderna è una massa composta nella sua struttura molecolare da un complesso di famiglie singole. Al giorno d’oggi l’uomo, nella grande maggioranza dei casi, deve essere colui che guadagna, che alimenta la famiglia, per lo meno nelle classi abbienti; il che gli da una posizione di comando che non ha bisogno di alcun privilegio giuridico straordinario. Nella famiglia egli è il borghese, la donna rappresenta il proletario.
Friedrich Engels

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Prima del Medioevo non si può parlare di amore sessuale individuale. Che bellezza personale, rapporti di familiarità, inclinazioni e concordanti, ecc., in persone di sessi diversi, abbiano svegliato il desiderio di rapporti sessuali, che per gli uomini e per le donne non fosse totalmente indifferente la scelta della persona con cui intrattenersi molto intimamente, è cosa ovvia. Ma da qui al nostro amore sessuale, vi è ancora infinitamente da camminare.
ln tutta quanta l’antichità i matrimoni erano conclusi dai genitori per gli interessati, e questi li accettavano in buona pace. Quel poco di amore coniugale che l’antichità conobbe non è forse inclinazione soggettiva. ma dovere oggettivo, non motivo ma con-relative del matrimonio. Relazioni d’amore nel senso moderno si affermano nell’antichità solo al di fuori della società ufficiale.
I pastori, dei quali Teocrito e Mosco ci cantano le gioie e le pene d’amore, il Dafni e la Cloe di Sofista Longo, sono semplici schiavi che non hanno alcuna parte nello Stato, nel raggio d’azione del cittadino libero. Tranne che tra gli schiavi, però, noi troviamo il commercio amoroso soltanto come prodotto di decomposizione del mondo antico ormai al tramonto e con donne che, del pari, vivono al di fuori delia società ufficiale, con etere, quindi con straniere o con liberte: e questo accadeva ad Atene alla vigilia del suo tramonto, a Roma all’epoca dei Cesari. Se c’erano, in realtà, commerci amorosi tra liberi cittadini e cittadine, erano sempre di carattere adulterino.
E per il classico poeta dell’amore dell’antichità, per il vecchio Anacreonte. L’amore sessuale in senso nostro era cosa di cosi poco conto che per lui era indifferente perfino il sesso dell’essere amato.
Il nostro amore sessuale differisce in modo sostanziale dal semplice desiderio sessuale, dall’eros degli antichi. In primo luogo esso presuppone corresponsione amorosa da parte dell’amato: la donna, per questo, è uguale all’uomo, mentre nell’eros degli antichi non le si chiede spesso neppure il consenso. In secondo luogo l’amore sessuale ha un grado d’intensità e di durata che fa sembrare alle due parti il mancato possesso e la separazione come una grande, se non come la più grande infelicità; per potersi possedere reciprocamente i protagonisti giocano il tutto per tutto, fino ad impegnare la vita, il che nel mondo antico accadeva al massimo per l’adulterio.
E, infine, sorge un nuovo criterio morale per giudicare i rapporti sessuali: ora non si domanda soltanto: è legittimo o illegittimo?, ma anche: è nato da un amore reciproco o no?
È evidente che questo nuovo criterio. nella prassi feudale o borghese, non ha miglior successo di ogni altro criterio morale: vi si passa sopra. Ma non ha neppure successo peggiore. È, come gli altri, riconosciuto… teoricamente, sulla carta. E per il momento non si può chiedere di più.
Là dove l’antichità si era fermata, agli inizi dell’amore sessuale, là riprende il Medioevo: con l’adulterio.
Friedrich Engels

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La nuova monogamia, che sulle rovine del mondo romano si sviluppò dalla fusione dei popoli, rivestì il dominio dell’uomo di forme più blande, e concesse alla donna una posizione molto più libera e rispettata, per lo meno esteriormente, di quanto avesse mai conosciuto nell’antichità classica. E soltanto allora fu data la possibilità che dalla monogamia (nella monogamia, accanto o contro la monogamia, a seconda dei casi) si sviluppasse il più grande progresso morale del quale siamo debitori: l’amore sessuale individuale moderno, sconosciuto al mondo intero del passato. Se però la monogamia, di tutte le forme di famiglia note, era la sola che potesse permettere lo sviluppo dell’amore sessuale in senso moderno, questo non significa che esso si sviluppò esclusivamente, o solo prevalentemente, in essa, come amore reciproco dei coniugi. Tutta la natura della stretta monogamia, sotto il dominio dell’uomo, lo escludeva. In tutte le classi storicamente attive, cioè in tutte le classi dominanti, la conclusione del matrimonio rimase ciò che era stata dal tempo del matrimonio di coppia, affare di convenienza che veniva combinato dai genitori.
Friedrich Engels

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Immagine di copertina: (vedi scheda)
EDUCAZIONE DI AMORE (1738)
François Boucher (1703-1770)
County Museum Of Art, Los Angeles
Olio su tela cm 72 X 157